La Suprema Corte chiarisce come debba interpretarsi la disciplina dettata dal comma 2 dell'art. 7 D.L. n. 105/2021.
In occasione della trattazione di un ricorso avente ad oggetto la dedotta contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione relativa al provvedimento assunto dalla Corte d'Appello di Venezia circa la condanna del ricorrente alla pena prevista dall'art. 186, comma 2, lett. c), e comma 2-bis c.d.s., la Corte di Cassazione chiarisce la disciplina applicabile al processo penale in Cassazione dopo l'entrata in vigore del
Con la sentenza n. 31200 del 9 agosto 2021, infatti, la Suprema Corte ha precisato che il suddetto decreto ha prolungato la vigenza di alcune norme per via della persistenza della situazione pandemica riconducibile alla diffusione del Covid-19, tra cui figura anche l'
Per effetto dell'applicazione dell'
Nello specifico, gli Ermellini hanno evidenziato che «Il riferimento letterale ai procedimenti le cui udienze di trattazione “siano fissate” in detto periodo induce il Collegio a ritenere che, indipendentemente dalla data del decreto di fissazione dell'udienza, la deroga riguardi sia i procedimenti in cui l'udienza sia stata già disposta al momento di entrata in vigore del decreto-legge, sia quelli per i quali l'udienza sia individuata successivamente, purché collocata nei due mesi indicati».
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Venezia, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la pronuncia emessa il 22 maggio 2019 dal Tribunale di Padova nei confronti di C.G., condannato alla pena di giustizia per il reato previsto dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. c), e comma 2-bis. Commesso in (omissis).
2. Propone ricorso per cassazione C.G. deducendo, con un primo motivo, mancanza di motivazione, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta irrilevanza dello spazio temporale intercorrente tra il momento dell'incidente ovvero della guida e quello del prelievo ematico, cui è stato sottoposto. Secondo il ricorrente, nella sentenza impugnata non sono state considerate la contraddittorietà, la equivocità e la insufficienza degli elementi sintomatici dello stato di ebbrezza descritti dal teste escusso, che ha affermato di aver percepito il suo alito vinoso e il suo stato di sonnolenza, e la Corte territoriale ha affermato che l'esito dell'accertamento del tasso alcolemico dimostrava lo stato di ebrezza al momento della guida, sebbene la rilevazione fosse avvenuta a distanza di un'ora e venti minuti, senza considerare tutte le variabili che influenzano l'assorbimento dell'alcol nel metabolismo. Il ricorrente ritiene che la versione da lui fornita circa il colpo di sonno occorsogli fosse plausibile e che sia stata illogicamente esclusa.
Con un secondo motivo deduce mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione nonchè violazione dell'art. 186 C.d.s., comma 2, lett. c) e comma 2-bis, in relazione al nesso causale tra l'assunzione di alcol e il sinistro, avendo la Corte travisato le dichiarazioni da lui rese all'esame dibattimentale del 17 gennaio 2017 e, a causa di tale travisamento, negato l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis c.p..
Motivi della decisione
1. Va premesso che il D.L. 23 luglio 2021, n. 105, entrato in vigore in pari data, ha preso atto della persistenza delle condizioni di rischio legate alla situazione pandemica da COVID-19 ed ha prorogato sino al 31 dicembre 2021 la vigenza di alcune norme, con una deroga rilevante nel presente processo.
1.1. Si tratta, in particolare, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, (convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176), concernente le disposizioni relative al processo penale in cassazione, la cui proroga, in applicazione della disciplina dettata dal D.L. n. 105 del 2021, art. 7, comma 2, (Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19), - alla cui stregua "Le disposizioni di cui al D.L. n. 137 del 2020, art. 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, e all'art. 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, non si applicano ai procedimenti per i quali l'udienza di trattazione è fissata tra il 1 agosto 2021 e il 30 settembre 2021" - viene derogata per i procedimenti per i quali l'udienza di trattazione è fissata nei mesi di agosto e settembre 2021.
1.2. Conseguentemente, per tali procedimenti, durante il periodo di sospensione feriale dei termini e per l'intero mese di settembre, i giudizi di cassazione si svolgeranno nelle forme ordinarie, quindi con la presenza delle parti all'udienza ex art. 127 e alla pubblica udienza ex art. 614 c.p.p. senza necessità che le parti richiedano la discussione orale entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell'udienza. Il riferimento letterale ai procedimenti le cui udienze di trattazione "siano fissate" in detto periodo induce il Collegio a ritenere che, indipendentemente dalla data del decreto di fissazione d'udienza, la deroga riguardi sia i procedimenti in cui l'udienza sia stata già disposta al momento di entrata in vigore del decreto-legge, sia quelli per i quali l'udienza sia individuata successivamente, purchè collocata nei due mesi indicati.
1.3. Nella specie, l'udienza fissata con decreto del 30 giugno 2021 si è svolta ritualmente in presenza del Procuratore generale e del difensore dell'imputato ricorrente, che hanno rispettivamente svolto la requisitoria ed esposto le difese, assumendo le conclusioni.
2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto tende a fornire e a chiedere alla Corte di legittimità una rilettura delle risultanze istruttorie già valutate dai giudici di merito con motivazione esente da vizi.
2.1. Secondo il ricorrente, il giudice di merito avrebbe ignorato tutte le variabili che influenzano l'assorbimento dell'alcol nel metabolismo limitandosi ad assumere come scientifica la regola di Widmark;; tuttavia, tale deduzione difetta di specificità, laddove omette di indicare quali variabili nel caso concreto avrebbero consentito di pervenire a diversa conclusione, essendo per contro il ragionamento dei giudici di merito pienamente conforme all'orientamento interpretativo della Corte di legittimità, che consente di attribuire rilevanza probatoria all'accertamento del tasso alcolemico eseguito a distanza di tempo dalla guida sulla base della regola scientifica espressa dalla curva di Widmark (Sez. 4, n. 42004 del 19/09/2019, Milutinovic, Rv. 277689; Sez. 4, n. 39725 del 06/06/2019, Angeli, Rv.277618; Sez. 4, n. 24206 del 04/03/2015, Mongiardo, Rv. 263725).
2.2. La Corte territoriale ha fondato il proprio giudizio di responsabilità tanto sulla presenza di un accertamento del tasso alcolemico pari a 1,96 g/l a distanza di un'ora e venti minuti dal sinistro, quanto sulla descrizione degli elementi sintomatici acquisiti mediante prova testimoniale, valutandoli con perfetta coerenza logica in relazione al fatto che l'imputato aveva ammesso di aver bevuto prima di mettersi alla guida, da tale ultimo elemento desumendo, secondo la menzionata regola scientifica, che al momento dell'accertamento il tasso alcolemico fosse nella curva discendente.
2.3. Il motivo di ricorso valuta tali elementi in modo parcellizzato senza indicare con la dovuta specificità per quale ragione la loro lettura congiunta integri il vizio denunciato.
3. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto aspecifico, considerato che si deduce il travisamento dell'esame dell'imputato senza ulteriori specificazioni e si fa riferimento alla denegata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis c.p., senza indicare se analoga questione sia stata sottoposta alla valutazione del giudice di appello e, in ogni caso, senza menzionare i presupposti di applicabilità di tale norma (Sez. 6, n. 7606 del 16/12/2016, dep. 2017, Curia, Rv. 269164).
4. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 2000, e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.