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1 settembre 2021
Sulla maggiore flessibilità del concetto di “equo compenso” dell’avvocato per la Pubblica Amministrazione

Il TAR Lazio chiarisce che per la Pubblica Amministrazione il concetto di “equo compenso” deve essere legato a parametri di maggiore flessibilità, quali il contenimento della spesa pubblica e la natura e complessità delle attività defensionali.

La Redazione

L'Ordine degli Avvocati di Roma ha impugnato dinanzi al TAR Lazio l'avviso pubblicato dall'INPS in relazione all'acquisizione della disponibilità di n. 77 professionisti avvocati per lo svolgimento di incarichi di domiciliazione e/o sostituzione in udienza negli Uffici giudiziari del circondario del Tribunale di Roma.
Tra i diversi motivi di ricorso, l'Ordine lamenta che nella fissazione dei compensi per le suddette attività non sarebbe stato rispettato il principio dell'equo compenso.

Con la sentenza n. 9404 del 27 agosto 2021, il TAR Lazio evidenzia che, in relazione al quadro normativo vigente in materia di compensi agli avvocati, la regola è costituita dalla libera pattuizione, mentre l'eccezione dal rispetto dei minimi tariffari previsti dal D.M. n. 55/2014.
Nel caso di specie, la libera pattuizione sarebbe garantita sufficientemente dal fatto che i professionisti individuati al termine della procedura selettiva indetta dall'INPS sono comunque liberi di stipulare o meno le singole convenzioni con la stessa amministrazione, in base agli importi già definiti in sede di adozione dell'avviso.
Ciò posto, il TAR specifica che «per la pubblica amministrazione trova sì applicazione il concetto di “equo compenso” ma non entro i rigidi e ristretti parametri di cui al DM contemplato dall'art. 13, comma 6, della legge n. 247 del 2012 (ora, il DM 55 del 2014). Il concetto di “equo compenso”, per quanto riguarda la PA, deve dunque ancorarsi a parametri di maggiore flessibilità legati: da un lato, ad esigenze di contenimento della spesa pubblica (…); dall'altro lato, alla natura ed alla complessità delle attività defensionali da svolgere in concreto».

Alla luce di tali argomentazioni, il TAR dichiara infondata la suddetta doglianza e rigetta il ricorso.

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