Richiamando un significativo precedente di legittimità, gli Ermellini chiariscono che alla Pubblica Amministrazione è consentito variare il tasso di interesse relativo ai buoni fruttiferi postali già emessi e specificano quali sono le azioni possibili per il risparmiatore a fronte della variazione.
I titolari di alcuni buoni fruttiferi postali emessi tra il 1983 e il 1984 denunciavano Poste Italiane in quanto, alla scadenza degli stessi, era stato corrisposto un importo complessivamente inferiore rispetto a quello spettante in base alle condizioni riportate nei buoni stessi. I titolari sostenevano che Poste Italiane avrebbe dovuto procedere al rimborso dei buoni riconoscendo i tassi di interesse indicati sui buoni e non quelli che erano stati successivamente previsti dai decreti ministeriali, non essendo specificato nei titoli che i tassi avrebbero potuto subire variazioni.
Dopo la vittoria in primo grado, il Giudice di seconde cure riformava totalmente la decisione.
I titolari dei buoni fruttiferi propongono, dunque, ricorso per cassazione denunciando la violazione dell'onere di informazione con riguardo alla variazione del tasso di interesse.
Con l'ordinanza n. 24527 del 10 settembre 2021, la Corte di Cassazione dichiara inammissibili i motivi di ricorso, in quanto difettano dell'indicazione circa il contenuto dei buoni e di qualsiasi altro riferimento idoneo a specificare le censure proposte.
Ciò affermato, gli Ermellini chiariscono che i motivi di ricorso non avrebbero comunque trovato accoglimento, ribadendo la pronuncia delle Sezioni Unite n. 3963/2019, dove è stato affermato che nella materia in oggetto, il
Inoltre, sulla base della normativa applicabile, la stessa pronuncia evidenzia che alla Pubblica Amministrazione è comunque consentita la variazione dei tassi di interesse relativi ai buoni già emessi, attraverso apposito decreto ministeriale da pubblicare in Gazzetta Ufficiale, dovendo essi considerarsi rimborsati con gli interessi al tasso fissato originariamente e convertiti nei titoli della nuova serie con il relativo tasso di interesse.
A fronte di ciò, il risparmiatore avrebbe potuto scegliere di chiedere la riscossione dei buoni con gli interessi corrispondenti al tasso originariamente fissato oppure di non recedere dall'investimento che avrebbe prodotto, a partire da quel momento, gli interessi oggetto del decreto di variazione.
Ciò considerato, il ricorso resta comunque inammissibile per quanto sopra indicato.