Nella sentenza in esame, la Cassazione ha ribadito che chi svolge attività imprenditoriale o professionale può essere considerato alla stregua di semplice consumatore solo ove concluda un contratto per soddisfare esigenze di vita quotidiane estranee all'esercizio di tali attività.
Una volta disattesa l'eccezione di incompetenza territoriale, il Tribunale di Lecce accoglieva l'opposizione avanzata dall'attuale ricorrente, il quale era avvocato, revocando il decreto ingiuntivo emesso a favore di altro avvocato e condannando l'opponente al pagamento di circa 24mila euro in favore dell'opposto.
Contro...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Ritenuto che il Tribunale di Lecce, disattesa eccezione d'incompetenza territoriale, accolta l'opposizione avanzata dall'avv. V. N., revocò il decreto ingiuntivo emesso in favore dell'avv. G. T., condannando, tuttavia, l'opponente al pagamento del complessivo ammontare di € 24.404,77, oltre interessi, in favore dell'opposto;
ritenuto che avverso la statuizione di cui sopra l'avv. V. N. propone istanza di regolamento di competenza, ulteriormente illustrato da memoria e che l'avv. G. T. resiste con memoria;
ritenuto che il ricorrente assume l'erroneità dell'affermazione della competenza territoriale del Tribunale di Lecce, che ha negato quella del Tribunale di Bari, esponendo, in sintesi, quanto segue:
- il ricorrente, commissario dell'area (omissis), era stato sottoposto a processo penale, essendogli stati contestati una serie di reati collegati alla ricoperta carica e aveva conferito mandato per la difesa all'avv. V. N., il quale aveva agito in giudizio adducendo di non essere stato integralmente soddisfatto del credito maturato a titolo di compenso professionale;
- nel caso avrebbe dovuto essere riconosciuto sussistere il foro del consumatore, da identificarsi nel Tribunale di Bari, giudice di prossimità del ricorrente, poiché l'esponente si era rivolto all'avvocato G. T. <<per la tutela della propria sfera di libertà personale>>, con la conseguenza che l'attività svolta, nell'ambito della quale era maturata l'imputazione penale, degradava a mera irrilevante occasione;
- lamenta, inoltre, il ricorrente che il Tribunale era caduto in errore quanto al rito non avendo tenuto conto che i principi enunciati dalle S.U. con la sentenza n. 4485/2018 si applicavano solo all'attività difensiva prestata in sede civile.
Considerato che il ricorso deve essere rigettato, con conseguente conferma della competenza territoriale del Tribunale di Lecce, valendo quanto segue:
siccome puntualmente evidenziato dal P.G., questa Corte ha affermato che in tema di contratti del consumatore, ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui al vecchio testo dell'art. 1469 bis c.c. (ora art. 33 del Codice del consumo, approvato con d.lgs. n. 206 del 2005), la qualifica di consumatore spetta solo alle persone fisiche e la stessa persona fisica che svolga attività imprenditoriale o professionale potrà essere considerata alla stregua del semplice consumatore soltanto allorché concluda un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette attività; correlativamente devono essere considerate professionisti tanto la persona fisica quanto quella giuridica, sia pubblica sia privata, che utilizzino il contratto non necessariamente nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa o della professione, ma per uno scopo connesso all'attività imprenditoriale o professionale (Sez. 6, n. 8419, 26/372019, Rv. 653386; conf., ex multis, Cass. n. 1869/2016);
- nel caso di specie il ricorrente non può qualificarsi consumatore, poiché non ha concluso il contratto d'opera professionale con l'avv. G. T. per soddisfare esigenze della vita quotidiana, ma, al contrario per uno scopo intimamente correlato alla sua veste professionale, nel quadro della quale del tutto sintonicamente s'inseriva la funzione pubblica esercitata;
- è appena il caso di soggiungere che il riferimento, peraltro spurio, al rito adottato, è privo di ricadute in questa sede (a voler tacer dell'inconcludenza dell'asserto, non collegato a specifico vulnus), essendo estraneo al tema della decisione sulla competenza;
considerato che il ricorrente va condannato a rimborsare le spese in favore del controricorrente, tenuto conto del valore, della qualità della causa e delle attività svolte, siccome in dispositivo;
che ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto (quanto all'applicabilità al regolamento di competenza, cfr., da ultimo Sez. 6 n. 13636/2020);
P.Q.M.
rigetta il ricorso, conferma la competenza del Tribunale di Lecce e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, e agli accessori di legge;
ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02 (inserito dall'art. 1, comma 17 legge n. 228/12), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.