Rigettato il ricorso dell'imputato che lamentava la nullità dell'interrogatorio reso al Pubblico Ministero in quanto svolto in assenza del difensore di fiducia al quale non era stato spedito il relativo avviso. Per la Cassazione, l'interrogatorio in cui l'imputato abbia mosso accuse calunniose a carico di un terzo non toglie validità ed efficacia alla denuncia di reato calunniosa.
L'imputato proponeva appello avverso la decisione del GIP del Tribunale di Modena con cui era stato dichiarato responsabile dei delitti di rapina pluriaggravata e di calunnia, deducendo la nullità/inutilizzabilità del verbale di interrogatorio reso dal medesimo al Pubblico Ministero, poiché svolto in assenza del difensore di...
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 12 aprile 2019, il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Modena dichiarò L.A. responsabile (in concorso con D.H.) dei delitti di rapina pluriaggravata ai danni di A.M. e di omicidio volontario della suddetta A., aggravato dall'art. 61, numeri 2 e 5, cod. pen., per essere stato commesso per consumare il delitto di rapina e per conseguire il profitto di quel reato, approfittando, inoltre, delle condizioni di minorata difesa della persona offesa, nonché del delitto di calunnia di cui agli artt. 81 cpv. e 368 cod. pen. (contestato al capo C dell'imputazione) ai danni di L. O. e di R.S. e - con la concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, ritenuta l'ipotesi di cui all'art. 116 cod. pen. per il delitto di omicidio volontario, ritenuti, altresì, la continuazione tra i reati di rapina e di omicidio e il concorso, ex art. 73 cod. pen., con il delitto di calunnia - lo condannò alla pena complessiva di anni undici, mesi otto di reclusione, nonché alle pene accessorie dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici e legale per la durata della pena.
2. Avverso tale decisione. propose appello il difensore del L. deducendo, in via preliminare, la nullità e/o l'inutilizzabilità del verbale di interrogatorio reso dall'imputato al pubblico ministero, in data 20 ottobre 2017, perché svolto in assenza del difensore di fiducia al quale non era stato spedito il relativo avviso, con conseguente assoluzione dal reato di calunnia; e lamentando la mancata assoluzione dai reati di rapina e di omicidio, atteso che l'imputato si era accordato con il correo solo per commettere un furto nonché, in subordine, l'incompatibilità dell'aggravante del nesso teleologico con il riconoscimento della diminuente dell'art. 116 cod. pen., l'eccessività della pena e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in forma prevalente alle contestate aggravanti
3. Con sentenza del 10 giugno 2020, la Corte di Assise di appello di Bologna escluse la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 2, cod. pen., e - ritenute prevalenti le circostanze attenuanti generiche sulla residua aggravante di cui all'art. 61, n. 5, cod. pen. - rideterminò la pena principale inflitta al L. per i reati di omicidio volontario e di rapina in anni nove, mesi otto di reclusione, confermando quella di anni uno, mesi otto di reclusione applicata dal primo giudice per il delitto di calunnia, nonché, nel resto, la decisione appellata.
4. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputato deducendo i seguenti motivi.
4.1. "Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e di inutilizzabilità ex art. 606, comma 1, lettera c), in relazione agli artt. 96, 97 e 364 cod. proc. pen.". Il ricorrente sostiene che l'interrogatorio reso dal L. al pubblico ministero il 20.10.2017 sarebbe nullo dal momento che al difensore di fiducia, ritualmente nominato, non sarebbe stato dato il prescritto avviso e sostiene altresì che il consenso prestato dall'imputato a rendere l'interrogatorio assistito da un difensore di ufficio non varrebbe a sanare detta nullità; perciò - secondo la tesi difensiva - tale interrogatorio, nel corso del quale erano state mosse le accuse calunniose, avrebbe dovuto essere espunto dal processo, con la conseguenza che il L. avrebbe dovuto essere assolto da quel reato.
4.2. Inosservanza della legge penale ex art. 606, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., nonché manifesta illogicità della motivazione ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen, in relazione all'art. 368 cod. pen.". Sempre secondo la tesi difensiva, i giudici della Corte di Assise di appello avrebbero errato ad affermare che "la natura calunniosa della chiamata in correità effettuata da L.A. nel corso del predetto interrogatorio viene validata (come evidenziato nella sentenza impugnata) dal contenuto delle intercettazioni captate quello stesso giorno tra i due fratelli"; e ciò in quanto una intercettazione non potrebbe mai rivestire la funzione di "denuncia" all'Autorità giudiziaria, necessaria a integrare il delitto di cui all'art. 368 cod. pen..
5. Si è proceduto alla trattazione del processo con contraddittorio scritto, ai sensi dell'art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020 e successive proroghe, in mancanza di richiesta delle parti di discussione orale; il Procuratore generale, dott. G.P., ha concluso, per iscritto, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende; l'avvocato V.B., difensore delle parti civili, S.B. e A.G., ha concluso, per iscritto, chiedendo il rigetto del ricorso dell'imputato e la conferma della sentenza della Corte di Assise di appello di Bologna; l'avvocato P.Q. ha concluso, per iscritto, chiedendo l'annullamento, senza ovvero con rinvio, dell'impugnata sentenza.
Motivi della decisione
Il ricorso nel suo complesso va rigettato per le ragioni di seguito illustrate.
1. Il primo motivo d'impugnazione è, a giudizio del Collegio, fondato nella parte in cui si sostiene che l'interrogatorio reso dal L. al pubblico ministero - nel corso del quale erano state mosse le accuse calunniose - è nullo dal momento che non era stato dato l'avviso al difensore di fiducia, ritualmente nominato dall'interessato. In tal senso è, infatti, la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in dette ipotesi di interrogatorio l'assenza del difensore non ne determina di per sé la nullità per difetto di assistenza all'indagato, essendo tale sanzione espressamente prevista con riferimento alle ipotesi in cui la presenza del difensore è obbligatoria, a condizione che il difensore sia stato "ritualmente e tempestivamente avvisato" (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 39474 del 3 luglio 2014, Rv. 260785 - 01; conformi: Sez. 6, Sentenza n. 13523 del 22 ottobre 2008, depositata il 26 marzo 2009, Rv. 243829; Sez. 1, Ordinanza n.7255 del 2 dicembre 2005, depositata il 27 febbraio 2006; Rv. 234048 - 01). Tuttavia, il Collegio osserva che le accuse contenute nel verbale di interrogatorio reso dal L. al pubblico ministero sono idonee a realizzare il reato di calunnia. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, la nullità per violazione del diritto di difesa di un interrogatorio in cui un indagato o un imputato abbia mosso accuse calunniose a carico di un terzo non toglie validità ed efficacia all'atto per la parte in cui esso non ha valore di interrogatorio ma di denuncia di reato, se del caso calunniosa, nei confronti del terzo estraneo; la nullità dell'atto come interrogatorio non può, infatti, sopprimere il dato storico della notizia criminis falsamente denunciata che ha una sua autonomia concettuale in quanto il diritto dell'imputato di respingere l'accusa, e se del caso di mentire, non si può estendere fino a giustificare le false accuse a carico di persone innocenti. (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 36861 del 12 maggio 2009, Rv. 244981 - 01; conformi: Sez. 6, Sentenza n. 9307 del 6 giugno 1994, T., Rv. 199437; Sezione 6, Sentenza n. 5343 del 6 marzo 1996, Spano, Rv. 205074).
2. Il secondo motivo di ricorso, con cui la difesa dell'indagato sostiene che l'intercettazione captata non potrebbe rivestire la funzione di denunzia all'Autorità giudiziaria, necessaria a integrare il delitto di cui all'art. 368 cod. pen., è manifestamente infondato. E in vero, i giudici della Corte territoriale si sono limitati ad affermare che l'intercettazione suddetta convalidava la natura calunniosa della chiamata in correità effettuata dal L., giacché dalla stessa si apprendeva che il calunniato non aveva commesso il delitto attribuitogli dall'imputato, e non che l'intercettazione di per sé sola costituirebbe una denuncia di reato.
3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; non vengono prese in considerazioni le conclusioni rassegnate, per iscritto, dall'avvocato V.B., difensore di fiducia e procuratore speciale di S.S. e A.G., rispettivamente figlio e fratello di A.M., vittima del reati di rapina pluriaggravata e omicidio, in quanto il L. ha proposto ricorso limitatamente al reato di calunnia, commesso nei confronti di L. O. e di R.S., e non anche per gli altri due delitti, relativamente ai quali le suddette persone si erano costituite parti civili.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.