Resta a carico dell'agente l'onere di provare che la condotta vietata sia stata posta in essere senza colpa e di avere fatto tutto il possibile per osservare la legge.
L'automobilista si rivolgeva al Giudice di Pace di Firenze per proporre opposizione contro l'ordinanza ingiunzione emessa dalla Prefettura a seguito del ricorso da lui presentato avverso un verbale di contravvenzione al Codice della strada. Nello specifico, egli aveva lasciato la sua vettura in sosta presso un'area a pagamento senza corrispondere la tariffa prevista. Il Giudice di Pace rigettava il ricorso, così come il Tribunale a seguito di gravame.
Contro tale decisione, l'automobilista propone ricorso per cassazione, lamentando il fatto che i parchimetri predisposti dal Comune ai fini del pagamento della tariffa di sosta non accettavano banconote o carte di credito, dunque, non avendo egli moneta con sé, la sosta si sarebbe dovuta ritenere legittima.
Con l'ordinanza n. 277 del 7 gennaio 2022, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso tenendo conto che in tema di sanzioni amministrative vige il principio per il quale basta la prova della condotta commissiva o omissiva contemplata nella norma.
Come evidenziato dalla Corte, «L'onere della prova che la condotta vietata sia stata posta in essere senza colpa, e di aver fatto “tutto il possibile per osservare la legge”, cosicché “nessun rimprovero possa essergli mosso”, rimane a carico dell'agente».
Nel caso di specie, l'automobilista non aveva assolto tale onere, posto che il ricorso non può risolversi in un'inammissibile richiesta di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito per ottenere una nuova decisione sul fatto.
Per questa ragione, gli Ermellini dichiarano inammissibile il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile, ordinanza (ud. 16 dicembre 2021) 7 gennaio 2022, n. 277
Svolgimento del processo
Con ricorso al Giudice di Pace di Firenze proponeva opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione emessa dalla Prefettura di Firenze a seguito del ricorso presentato avverso un verbale di contravvenzione al codice della strada, per aver lasciato la propria vettura in sosta, in area a pagamento, senza corrispondere la prescritta tariffa. Con sentenza n. 2824/2017 il Giudice di Pace rigettava il ricorso. L'appello interposto dall'(omissis) avverso la decisione di prima istanza è stato rigettato dal Tribunale di Firenze con la sentenza impugnata, n. 3072/2019. Propone ricorso per la cassazione di detta decisione (omissis), affidandosi a due motivi. La Prefettura, intimata, non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.
Motivi della decisione
Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ.: "proposta di definizione ex art. 380-bis cod. proc. civ. inammissibilità del ricorso. (omissis) proponeva opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Firenze contro una ordinanza ingiunzione emessa dalla locale Prefettura a fronte di una contravvenzione all'obbligo di pagamento della tariffa per la sosta di un veicolo sulla pubblica via. Il Giudice di Pace dichiarava inammissibile il ricorso. L'odierno ricorrente interponeva appello, che veniva respinto dal Tribunale di Firenze con la sentenza oggi impugnata, con la quale veniva accertata l'effettiva violazione della norma del codice della strada, da parte del trasgressore, e la mancanza della prova della buona fede del medesimo. Il ricorso, proposto dall'(omissis) per la cassazione di detta decisione, è articolato in due motivi, con i quali si deduce la violazione o falsa applicazione di plurime norme di legge, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Ad avviso del ricorrente, la circostanza che i parchimetri predisposti dal Comune di Firenze per il pagamento della tariffa di sosta non accettassero banconote o carte di credito, unitamente al fatto che egli non aveva monete con sé al momento del fatto contestatogli, avrebbe legittimato la sosta del suo veicolo anche in difetto di adempimento dell'obbligo di pagamento della relativa tariffa. I due motivi, che meritano di essere trattati congiuntamente, sono inammissibili poiché, come correttamente accennato dal Tribunale, in materia di sanzioni amministrative vige il principio per cui è sufficiente la prova della condotta commissiva od omissiva contemplata dalla norma, dovendosi -in tal caso- presumere la sussistenza dell'elemento oggettivo in capo al trasgressore (cfr. sul punto, ex multis, Cass. Sez. U, Sentenza n. 10508 del 06/10/1995, Rv. 494184 e Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 26306 del 07/11/2017, non massimata). L'onere della prova che la condotta vietata sia stata posta in essere senza colpa, e di aver fatto "tutto il possibile per osservare la legge", cosicché "nessun rimprovero possa essergli mosso", rimane a carico dell'agente (Cass. Sez. L, Sentenza n. 16320 del 12/07/2010, Rv. 614381; conf. Cass. Sez. 6- 2, Ordinanza n. 19759 del 02/10/2015, Rv. 636814; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 33441 del 17/12/2019, Rv. 656323). Il quale nel caso di specie non lo ha assolto, secondo la valutazione in punto di fatto svolta dal giudice di merito, non utilmente sindacabile in questa sede posto che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790)". Il Collegio condivide la proposta del relatore. Non risultano depositate memorie. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva della parte intimata nel presente giudizio di legittimità. Ricorrono i presupposti processuali di cui all'art. 13 comma 1- quater D.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi dell'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, in data 16 dicembre 2021.