Lo ha ribadito la Cassazione, confermando l'inammissibilità del gravame in quanto non era stato depositato nel rispetto dei requisiti del documento informatico. L'invio dell'atto tramite la PEC del difensore non consente di risalire con certezza né all'autore né alla conformità della copia-immagine all'originale.
L'imputato propone ricorso in Cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale di Brescia con cui era stata dichiarata l'inammissibilità dell'appello.
L'atto di gravame era stato scannerizzato e trasmesso alla cancelleria del giudice via PEC dello studio del difensore, il quale aveva firmato manualmente e materialmente l'atto.
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Svolgimento del processo
1. I difensori di R.A. propongono ricorso per cassazione avverso l'ordinanza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale di Brescia il 30.4.2021, con la quale veniva dichiarato inammissibile l'appello proposto nell'interesse del R. avverso la sentenza n. 30 del 11.1.2011 del medesimo Tribunale.
2. Il ricorso è affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce inosservanza od erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 585 cod. proc. pen.
2.1.1. Deducono i ricorrenti che il difensore dell'imputato presentava appello avverso la sentenza del Tribunale il 26.4.2021, ossia l'ultimo giorno utile per l'impugnazione; tuttavia, secondo "/e nuove modalità di presentazione delle impugnazioni 'inventate' dal Tribunale di Brescia", l'accesso agli uffici necessita di prenotazione on fine mediante apposita piattaforma messa a disposizione del Tribunale"; nondimeno la prenotazione può essere effettuata solo "fino al giorno precedente e vi è un numero di prenotazioni oltre le quali il giorno risulta 'non prenotabilem; in effetti, per la data di lunedì 26.4.2021, "il sito risultava già 'non prenotabile'". Pertanto, non potendo effettuare il deposito cartaceo, "il difensore provvedeva a notificare l'atto di appello tramite pec, all'indirizzo di posta elettronica certificata 'sez2 .penale. tribunale. brescia@giustiziacert.it"'. 2.1.2. Il 27.4.2021 la Cancelleria specificava in una mail inviata via pec che il solo indirizzo, sino al giorno prima non indicato sul sito del Tribunale, al quale inviare le mail per effettuare i depositi telematici era "depositoattipenali2.tribunale.brescia@giustiziacert.it". A tale indirizzo veniva dunque inviato, peraltro in ritardo, come rilevato dai ricorrenti, l'atto d'appello.
2.1.3. Il 30.4.2021 sopravveniva la notifica telematica dell'ordinanza d'inammissibilità dell'appello per non essere l'atto sottoscritto digitalmente.
2.1.4. Detta ordinanza - ad avviso dei ricorrenti - è illegittima perché il sistema di prenotazione "escogitato dal Tribunale di Brescia 'costringe' a[d] anticipare il deposito degli atti, creando limitazioni temporali del tutto illegittime". Disposizioni organizzative meramente interne non possono abbreviare i termini di legge, tanto più in quanto le Cancellerie del Tribunale spesso accettano un numero di prenotazioni insufficienti rispetto alle necessità, con la conseguente "non prenotabilità" per intere settimane.
3. Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 581, 582 e 591 cod. proc. pen., in relazione all'art. 24 Cast.
3.1. Il d.l. n. 137 del 2020 contempla una serie di ipotesi di inammissibilità degli atti di parte discendenti da mere irregolarità formali, con riferimento all'errato indirizzo di pec od "altre bizzarrie". Nondimeno - ad avviso dei ricorrenti - sovviene in contrario l'insegnamento di Sez. 6, n. 46238 del 2019, con la quale s'è deciso che l'atto d'appello mancante della sottoscrizione del difensore non comporta la sua inammissibilità quando si possa comunque risalire all'autore.
3.1.1. Nel caso in esame, "l'atto risultava firmato manualmente e materialmente dal difensore, scannerizzato e inviato dalla pec esclusiva dello studio del difensore stesso", ragion per cui non v'era alcun dubbio in ordine alla sua provenienza.
4. Con requisitoria scritta datata 22.9.2021, il Procuratore Generale presso questa Suprema Corte, in persona della Dott.ssa A.P., chiede dichiararsi inammissibile il ricorso.
Motivi della decisione
1. Inammissibile è il primo motivo per due ordini di ragioni.
1.1. In primo luogo, al di là di generiche affermazioni circa l'impossibilità di tempestivamente depositare l'atto d'appello - il 26.4.2021 - nella competente Cancelleria del Tribunale di Brescia, i ricorrenti non documentano né quando - prima del, ed in ipotesi sino al, 26.4.2021 compreso - il sistema di prenotazione fosse stato interrogato per prenotare il deposito né forniscono emergenze da cui inferire che il sistema medesimo - al momento di siffatta interrogazione - avesse effettivamente restituito un risultato di 'non prenotabilità'.
1.1.1. I ricorrenti, per vero, allegano al ricorso una stampa del "Calendario prenotazioni on fine di servizi-Prenotazione online accessi in Cancelleria-Cancelleria Centrale Dibattimento Deposito atti", con scritto: "Lunedì 26 aprile 2021", "Non prenotabile"; "Martedì 27 aprile 2021", "Non prenotabile". Tuttavia detta stampa: - non consta essere stata estratta - o comunque non contiene elementi tali per ritenere che fotografi la situazione delle prenotazioni - prima del, o sino al, 26.4.2021, atteso che anzi pare essere stata effettuata il "14/5/2021", alla stregua della data indicata in alto a sinistra; - non consta essere specificamente riferita ad un accesso al sistema di prenotazione effettuato, per il deposito dell'atto d'appello, dal difensore dell'imputato, dal momento che di costui non sono riportati gli elementi identificativi, figurando invece, in alto, verso sinistra, la dicitura generica "Area Riservata Servizi Online".
1.1.2. Oltre a quanto precede, sotto altro profilo, i ricorrenti non documentano - né l'avvenuta trasmissione dell'appello già il 26.4.2021, posto che gli estratti della posta elettronica certificata prodotti in uno al ricorso afferiscono unicamente al giorno successivo; - né la dedotta caratteristica tecnica del sito del Tribunale secondo cui il sistema accetterebbe la prenotazione solo sino al giorno prima del deposito; - né la mancata indicazione, su detto sito, prima del 27.4.2021, dell'unico indirizzo di posta elettronica certificata abilitato a ricevere i depositi telematici, di cui l'allora unico difensore dell'imputato avrebbe preso conoscenza solo a seguito della mail della Cancelleria del 27.4.2021.
1.2. In secondo luogo, è decisivo che il motivo per il quale, a termini dell'ordinanza impugnata, l'atto d'appello è stato giudicato inammissibile non riguarda la sua tardività, bensì unicamente la sua mancata sottoscrizione con firma digitale. In tal senso depone il tenore letterale di detta ordinanza, pure trascritto in ricorso e qui di seguito, per estrema chiarezza, riprodotto: "Rilevato che sulla base dell'art. 24, comma 6-sexies, del d.l. 28 ottobre 2020 n. 137 conv. in I. 18 dicembre 2020 n. 176, in caso di proposizione di appello in forma telematica, l'atto è inammissibile quando non sia sottoscritto digitalmente [...]; considerato che nel caso di specie l'atto presentato risulta non essere stato sottoscritto in via digitale, così come attestato dal funzionario abilitato alla ricezione, sicché si impone declaratoria di inammissibilità ... ".
1.3. Da tutto quanto precede, consegue che il primo motivo di ricorso, imperniato com'è sull'allegazione di difficoltà insormontabili al tempestivo deposito cartaceo dell'atto d'appello, oppone all'ordinanza di inammissibilità doglianze del tutto eccentriche rispetto al suo contenuto ed al suo percorso giustificativo.
1.4. Un tanto rende conto, come preannunciato, della sua patente inammissibilità.
2. Quanto al secondo motivo di ricorso, ritiene il Collegio che anche il medesimo, al pari del primo, sia inammissibile, in quanto manifestamente infondato.
2.1. Sono gli stessi ricorrenti a riconoscere che l'atto d'appello pretesamente notificato mediante posta elettronica certificata era, in realtà, un atto "firmato manualmente e materialmente dal difensore, scannerizzato e inviato dalla pec esclusiva dello studio del difensore stesso".
2.2. Siffatta descrizione del file inviato via pec alla Cancelleria consente di escludere, in difetto di ulteriori emergenze, che si trattasse, tecnicamente, di un atto corrispondente alle caratteristiche indicate, oltreché dal comma 6-bis dell'art. 24 del decreto-legge n. 137 del 2020, dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4, al quale il comma 6-bis rinvia.
2.3. Leggesi, invero, all'art. 3, comma 1, del provvedimento del Direttore generale emesso in data 9 novembre 2020 che "l'atto del procedimento in forma di documento informatico [categoria nella quale evidentemente è sussumibile "l'atto" d'impugnazione "in forma di documento informatico" di cui ragiona il comma 6-bis dell'art. 24 citato], da depositare attraverso il servizio di posta elettronica certificata presso gli uffici giudiziari indicati nell'art. 2, rispetta i seguenti requisiti: è in formato PDF; è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini; è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata".
2.4. La circostanza che debba trattarsi di un atto generato attraverso "una trasformazione di un documento testuale" rende ragione della conseguente inammissibilità propriamente 'tecnica' ("non è pertanto ammessa ...") della pura e semplice "scansione di immagini". Infatti, nel caso della scansione di immagini, che corrisponde alla descrizione delle operazioni compiute dal difensore (secondo quanto i ricorrenti riportano), il file che ne risulta non contiene il 'testo' del documento, ma solo una sua 'riproduzione' (o meglio 'rappresentazione') grafica, quand'anche, eventualmente, incorporata in un file con estensione '.pdf'.
2.5. Il fraintendimento in ordine al procedimento di produzione dell'atto d'impugnazione "in forma di documento informatico" - che, se correttamente seguito, esclude di per sé che detta forma possa consistere in una "scansione di immagini" - costituisce l'antecedente logico dell'equivoco - di cui pare affetta l'impostazione seguita dai ricorrenti - relativo ad una possibile, ma in realtà inesistente, rilevanza di alcuna sottoscrizione manuale dell'atto. Invero, l'equivoco non dovrebbe a priori - sul piano 'tecnico' - avere ragion d'essere, proprio perché la "scansione di immagini" non è "ammessa" in relazione agli atti del procedimento: questi, in quanto, nel disegno normativo, giust'appunto privi di sottoscrizione analogica (nel senso indicato dall'art. 1, comma 1, lett. p-bis, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, in breve: cod. amm. dig., secondo cui "analogico" è il "documento" contenente "la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti"), debbono essere 'completati' esclusivamente con l'apposizione della firma digitale, che non è una firma elettronica qualsiasi, bensì (giusta la lett. s del predetto art. 1, comma 1), "un particolare tipo di firma qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche", avente la specifica attitudine "di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici".
2.6. Ciò - sia consentito di rilevare - marca una netta differenza tra gli atti del procedimento e gli "allegati" agli stessi (ossia - in buona sostanza - gli ordinari 'documenti'), i quali soltanto, essendo precostituiti, possono essere "trasmessi in copia informatica per immagine" (previa, dunque scansione), pur sempre "sottoscritta digitalmente dal difensore", ma questa volta "per conformità all'origina/e".
2.7. Le superiori considerazioni rendono dunque conto dell'inammissibilità in sé e per sé di un atto del procedimento, qual è l'atto d'impugnazione, non sottoscritto con firma digitale. Siffatto principio si conforma a quanto già ritenuto da un'ormai discreta serie di pronunce di questa Suprema Corte intese a dichiarare l'inammissibilità di atti d'impugnazione inviati dal pubblico ministero a mezzo di posta elettronica certificata, non solo in quanto tale modalità di deposito è consentita alle sole parti private, ma anche in quanto detti atti devono essere necessariamente sottoscritti con firma digitale, strumento attualmente non in disponibilità degli uffici di procura (Sez. 6, n. 29199 del 11/05/2021, P.M. c. A., in attesa di massimazione; Sez. 6, n. 24714 del 11/05/2021, P.M. c. S., Rv. 281529-01; Sez. 1, n. 12007 del 20 gennaio 2021, P.M. c. K., n.m.). Di recente, pur senza specifica motivazione sul punto, è stata parimenti ritenuta inammissibile una memoria difensiva nel giudizio di legittimità (Sez. 6, n. 26313 del 03/06/2021, E., Rv. 281537-01).
2.8. L'inammissibilità, invero, è presidio giuridico della necessaria funzionalizzazione 'tecnica' dell'atto ad un procedimento interamente telematico (tra l'altro liberamente scelto, al posto del tradizionale, da chi tale atto redige e deposita). Detto procedimento esibisce la caratteristica consustanziale di essere rivolto al perfezionamento, non già, riduttivamente, di un mero invio alla Cancelleria dell'atto stesso sotto forma di un allegato qualsiasi (quand'anche consistente in un file.pdf) mediante posta elettronica sia pure certificata, ma di un invio di un atto che di per sé deve possedere non irragionevoli caratteristiche, tra cui la firma digitale, affinché possa ritenersene compiuto il deposito, realizzato esso pure in modalità telematica, ossia dematerializzata, da parte di sistemi comunicativi non relazionali, in luogo della tradizionale modalità reale, ossia materiale, da parte di persone contestualmente presenti ed interagenti in un luogo fisico.
2.9. Le conclusioni esposte non muterebbero anche qualora si ipotizzasse, sulla scorta delle descritte diverse modalità di invio riguardanti "atti del procedimento" ed "allegati", che, nella specie, il file trasmesso dal difensore dell'imputato alla Cancelleria lo sia stato erroneamente come allegato e non come atto. Comunque, infatti, difetterebbe l'apposizione della firma digitale, indefettibilmente prevista per attestare, questa volta, la conformità di quanto trasmesso all'originale. Peraltro, ancor prima di tale dirimente considerazione a venire in rilievo sarebbe l'intrinseca diversità 'concettuale' tra atti del procedimento ed allegati, non interscambiabili, giacché gli uni entrano nel procedimento telematico come originali a tutti gli effetti, mentre gli altri solo come copie conformi ad originali che, in quanto analogici, sono ontologicamente a detto procedimento estranei. La conferma di ciò si ha, avuto riguardo al caso di specie, osservando come l'originale dell'atto d'appello - ossia l'unico atto materialmente redatto e sottoscritto dal difensore dell'imputato - non è mai pervenuto in quanto tale (nonostante la sua natura di atto del procedimento) nella sfera del destinatario, atteso che la Cancelleria - che l'ha ricevuto viepiù senza attestazione di conformità – non l'avrebbe ricevuto come originale neppure qualora detta attestazione vi fosse stata: l'originale, infatti, è sempre rimasto a mani di chi l'ha trasmesso, senza dunque essere mai giuridicamente uscito dalla sua sfera di dominio.
2.10. Ciò detto, non coglie nel segno neppure la tesi dei ricorrenti invocante l'applicazione, ai fini dell'ammissibilità dell'atto d'appello di cui si discute, della ritenuta tendenza delle impugnazioni penali alla deformalizzazione, a beneficio del raggiungimento dello scopo, sul rilievo che "da sempre - essi scrivono - le impugnazioni penali sono sottratte a qualsiasi vincolo formale".
2.11. In senso contrario a detta tesi milita, in primo luogo, la constatazione che il file allegato al messaggio di posta elettronica certificata trasmesso dal difensore dell'imputato alla Cancelleria, riguardato dal punto di vista della sua consistenza tecnico-informatica, non offre alcuna garanzia, proprio per la mancata osservanza delle procedure prescritte, né che consista in un atto 'del' (e non - come un allegato qualsiasi - 'precostituito' rispetto 'al') procedimento, né, soprattutto, che provenga da chi ne appare l'autore.
2.12. Nel medesimo senso, in secondo luogo, il Collegio osserva che, ben lungi dall'essere invalsa nell'ordinamento la regola della deformalizzazione delle impugnazioni, all'opposto, costituisce principio insuperato quello a termini del quale "anche per il difensore la sottoscrizione dell'atto con cui, a norma dell'art. 581 cod. proc. pen., si deve proporre l'impugnazione, è requisito formale [- sia consentito di evidenziare -] indeclinabile dell'atto stesso, stante la sua natura di dichiarazione di volontà, produttiva di importanti e immediati effetti processuali, tali da esigere, già nel momento in cui viene posto in essere, la sua riferibilità in modo certo, attraverso un'inequivoca assunzione di responsabilità, che solo la firma può dare, a uno dei soggetti legittimati" (Sez. 4, n. 38467 del 25/10/2006, P., Rv. 235044-01, in riferimento ad una fattispecie in cui l'atto recava in calce il nome del difensore dattiloscritto ma era privo della firma del medesimo; identicamente, già in precedenza, Sez. 1, n. 1164 del 21/02/1996, P., Rv. 204306-01, in riferimento ad una fattispecie relativa ad un atto d'appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto dai difensori dell'indagato a mezzo del servizio postale e privo di sottoscrizione autografa).
2.13. Siffatto principio è stato sempre confermato nel tempo, andando incontro soltanto a taluni ben delimitati temperamenti, che non vengono in linea di conto, per le peculiarità del procedimento telematico seguito, nel caso oggetto di giudizio.
2.14. Più precisamente, s'è affermato che, a fini di ammissibilità, validità ed idoneità a produrre effetti di un atto d'impugnazione, "la sottoscrizione del difensore è [bensì] un requisito di forma indeclinabile dell'atto proveniente dallo stesso", ma "il vizio derivante dalla sua omissione è superabile" all'unica condizione della "presenza di elementi inconfutabili in ordine alla paternità dello scritto". Tale affermazione trova la sua prima compiuta enunciazione in Sez. 3, n. 4323 del 05/06/2013 (dep. 2014), G.P., Rv. 258827-01, la quale nondimeno - rileva il Collegio - ha escluso, con riferimento ad un'istanza di rimessione in termini per la presentazione di motivi nuovi, che potesse costituire valido equipollente della sottoscrizione l'apposizione di un timbro a stampa recante l'indicazione dello studio legale del difensore e del suo nominativo, affiancata dall'allegazione di ulteriori documenti facenti menzione del professionista, ma anch'essi non sottoscritti. A leggere dunque correttamente il principio in uno alla fattispecie, emerge come la formale sottoscrizione non debba essere intesa alla stregua di un elemento superfluo, bensì alla stregua di un elemento inequivocabilmente indispensabile - tanto da essere espressamente qualificato come "requisito di forma indeclinabile" - che tuttavia può - alla condizione che emergano indici "inconfutabili" di "paternità dello scritto" - emergere in una forma 'graficamente diversa' dalla pura e semplice firma dell'autore apposta in calce al testo dell'atto.
2.15. Conferma della suddetta ricostruzione del principio si evince a misura che lo si confronti con quelle pronunce che muovono bensì dal rilievo secondo cui "la sanzione dell'inammissibilità per inosservanza delle formalità previste dall'art. 583 cod. proc. pen. consegue unicamente ad una violazione tale da far escludere ogni certezza in ordine alla provenienza dell'atto da chi ne risulta proponente", ma ne circoscrivono nondimeno la portata unicamente al caso in cui, a fronte della mancanza di sottoscrizione dell'atto d'impugnazione da parte del difensore, possa comunque "risalir[si] aliunde al sottoscrittore come autore dell'atto", sul presupposto essenziale che "non è necessaria una forma o collocazione particolare di tale sottoscrizione", la quale tuttavia deve per ciò solo esistere ed essere immediatamente percepibile. Il caso classico di rilevanza di una sottoscrizione esistente, ma non ritualmente apposta in calce all'atto, è rappresentato dalla sottoscrizione, da parte del difensore, della procura speciale unita, o spillata, all'atto stesso senza soluzione di continuità, sì da formare un corpo unico. In effetti tale è la fattispecie su cui è intervenuta Sez. 3, n. 46875 del 17/10/2007, L., Rv. 238450-01, da cui le citazioni da ultimo riportate sono tratte, avendo la Corte ritenuto ammissibile l'atto d'appello, privo della sottoscrizione del difensore, al quale però era allegata, con timbro di continuità tra i due atti, la procura speciale ad impugnare la sentenza di primo grado, procura nella quale risultava la sottoscrizione del difensore a valere come autentica della firma dell'imputato. Tale è pure, in tempi più recenti, la fattispecie su cui è intervenuta Sez. 3, n. 30404 del 08/04/2016, T., Rv. 267225-01, avendo la Corte ritenuto viziata l'ordinanza che aveva ritenuto inammissibile l'atto di opposizione, privo della sottoscrizione del difensore, presentato nella cancelleria del G.i.p. unitamente alla procura speciale rilasciata dall'imputato e sottoscritta anche dal difensore per autentica, in relazione al quale la cancelleria aveva attestato, a margine dell'atto, che quest'ultimo era stato presentato dal difensore di fiducia e procuratore speciale dell'imputato.
2.16. L'ultima evoluzione, nella progressione della giurisprudenza che si va illustrando, è rappresentata da Sez. 4, n. 46238 del 24/09/2019, M., Rv. 277701-01, richiamata in ricorso a sostegno della tesi dell'ammissibilità dell'atto d'appello trasmesso, nella forma descritta, alla Cancelleria. Il principio enunciato da detta sentenza si allinea totalmente alla giurisprudenza precedente, riprendendo pressoché alla lettera la formulazione della massima di cui a Sez. 3, n. 4323 del 2014, tant'è che anche per la sentenza in disamina "la sottoscrizione del difensore è un requisito di forma indispensabile dell'atto [d'impugnazione] proveniente dallo stesso", "superabile", in caso di "vizio derivante dalla sua omissione", "solo in presenza di elementi inconfutabili in ordine alla paternità dello scritto". In siffatto contesto di principio, peculiare è la fattispecie di detta sentenza, in quanto non riferita al caso classico della sottoscrizione mancante in calce all'atto ma pur sempre presente in calce all'unita procura: nella fattispecie oggetto della cognizione della S.C., infatti, la mancanza della sottoscrizione in calce all'atto è stata ritenuta surrogabile da un essenziale indice di riconducibilità, con certezza, dell'atto al difensore, rappresentato dall'attestazione del Cancelliere di avvenuto deposito ad opera del medesimo difensore personalmente (leggesi, a comprova, nella motivazione della sentenza che "il funzionario di cancelleria che ha provveduto a ricevere l'atto presso la cancelleria del Tribunale di Cassino in data 27 Marzo 2019 ha attestato in corsivo a penna sull'originale del documento che la istanza era stata presentata dall'avv. to C.", attestazione questa che se un lato vale a integrare una idonea identificazione del proponente, persona fisica che il funzionario manifestava di conoscere personalmente e che comunque corrispondeva a colui che, pure in assenza di sottoscrizione, appariva autore dell'atto sulla base degli elementi tipografici e sulle stampigliature su questo impresse, dall'altra rileva ai fini della riconducibilità dell'atto [...] all'avv.to G.C. "). In definitiva - secondo la sentenza in disamina - la certezza della paternità dell'atto in capo al difensore che appariva, da specifici elementi redazionali, averlo redatto poteva, nel caso concreto, evincersi dall'averne curato il deposito proprio il difensore, a sua volta identificato dal Cancelliere.
2.17. Ora, tornando al caso che in questa sede ne occupa, è evidente come nessun elemento i ricorrenti abbiano addotto - né, per le esposte ragioni tecniche, giammai sarebbero stati in grado di addurre - da cui potersi evincere che l'atto riprodotto nella copia-immagine allegata alla mail inviata via pec alla Cancelleria promani con certezza dal difensore che ne appare l'autore: infatti, a differenza che nel caso di cui a Sez. 4, n. 46238 del 2019, detto difensore non è mai stato identificato al momento del deposito, avendo egli prescelto la modalità del deposito telematico, che - come già specificato - per definizione non comporta alcun contatto con il funzionario ricevente l'atto.
2.18. A questo riguardo, vero è, come osservano i ricorrenti, che l'invio della mail è stato effettuato dalla casella di posta elettronica certificata del mittente, ma ciò - ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. v-bis), cod. amm. dig. - offre certezza (con apponibilità ai terzi) soltanto della provenienza del messaggio di posta elettronica dalla suddetta casella, non già - su un piano del tutto distinto - della paternità dell'atto analogico riprodotto nella copia-immagine a detto messaggio allegata, né della conformità della copia-immagine all'originale, né ancora della paternità in sé del file della copia-immagine.
3. In considerazione di tutto quanto detto sin qui, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
4. La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna della parte nel cui interesse esso è stato proposto al pagamento delle spese processuali, nonché - apparendo evidente che la causa di inammissibilità è stata determinata da colpa (Corte cast., 13 giugno 2000, n. 186), tenuto altresì conto dell'entità della stessa - al versamento della somma indicata in dispositivo in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.