Accolto il ricorso del condomino che lamentava di dover concorrere nelle spese di consumo ed uso dell'impianto di riscaldamento dal quale si era distaccato da anni. Per la Cassazione, è nulla la clausola del regolamento condominiale che impone un simile divieto.
Un condomino impugnava la delibera assembleare con cui erano stati approvati rendiconti relativi anche al servizio di riscaldamento, sostenendo di non dover concorrere nelle spese di consumo e di uso dell'impianto, dal quale di era distaccato da anni.
Il Condominio eccepiva che il regolamento contrattuale obbligava i condomini alla...
Svolgimento del processo
1. Con ricorso ex art. 1137 c.c., L.A. ha impugnato la delibera assembleare del 01/03/2011, assunta in via ordinaria dall'assemblea del Condominio di Corso (omissis), Via (omissis) di Torino, con cui erano stati approvati rendiconti relativi anche al servizio di riscaldamento, sostenendo di non dover concorrere nelle spese di consumo e di uso dell'impianto, dal quale si era distaccato sin dal 1993. Il Condominio si è costituito, eccependo che gli artt. 2, 9 e 13 del regolamento contrattuale obbligavano i condomini alla contribuzione delle spese necessarie per le parti comuni e all'utilizzazione del servizio di riscaldamento, vietando l'esonero dal relativo pagamento pur in caso di rinuncia. Esaurita la trattazione, senza svolgimento di istruttoria, il tribunale ha respinto le domande, regolando le spese. La sentenza, impugnata dall'A., è stata conferma in appello. La pronuncia di secondo grado è stata cassata con ordinanza n. 28151/2018, che, in accoglimento del primo motivo di ricorso, ha ritenuto che la clausola del regolamento comportante il divieto di distacco dall'impianto fosse nulla per violazione dagli artt. 1118, comma 4, c.c., 26, comma 5, I. 10/1991 e 9, comma 5, d.lgs. 102/2014. Riassunta ritualmente la causa, il giudice del rinvio ha confermato la decisione di secondo grado. Dichiarata l'inammissibilità della domanda di accertamento del diritto del ricorrente a praticare il distacco dall'impianto di riscaldamento comune, poiché proposta solo nel giudizio di rinvio, e precisato che la questione veniva in rilievo solo in via incidentale per definire i limiti del concorso del ricorrente nelle spese di riscaldamento, la sentenza ha ritenuto che l'art. 9 del regolamento contrattuale sancisse l'obbligo dei condomini di contribuire non solo alle spese di manutenzione straordinaria ed ordinaria afferenti all'impianto di riscaldamento, ma anche alle spese d'uso. Secondo la Corte di merito, l'art. 9 del regolamento era composto da due distinti periodi. La prima parte, disponendo che "tutti i condomini devono contribuire nelle spese necessarie per conservare e mantenere in condizioni di efficienza le partì comuni" riproduceva semplicemente l'art. 1123 c.c., senza possedere un'autonoma valenza prescrittiva. La seconda parte, prevedendo che "nessun condomino potrà pertanto mai esimersi, anche parzialmente, dal pagamento delle quote di spese spettantegli per le cose e i servizi comuni, anche se intendesse rinunciare a detti servizi", comprendeva tutte le spese di riscaldamento, nessuna esclusa. Era irrilevante che il successivo art. 13 prevedesse la ripartizione di tali spese tra i soli utenti, volendosi la previsione riferire a tutti i condomini. La pronuncia ha concluso che la deliberazione assembleare, che aveva posto dette spese anche a carico dell'A., era pienamente valida, avendo l'assemblea adottato un criterio di riparto coerente con le disposizioni del regolamento condominiale di natura contrattuale. La cassazione della sentenza è chiesta da L.A. con ricorso in 4 motivi, illustrati con memoria. Il Condominio di Corso (omissis) di Torino resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 345 c.p.c., in relazione all'art. 3660, comma primo, n. 4 c.p.c., lamentando che il giudice del rinvio abbia ritenuto tardiva la domanda di accertamento della legittimità del distacco dall'impianto di riscaldamento, interpretando in modo non corretto le richieste del ricorrente, che già in primo grado aveva tempestivamente proposto la domanda. Il motivo è infondato. Nel proporre opposizione alle delibere di approvazione delle spese di riscaldamento, il ricorrente aveva chiesto di dichiararne l'annullamento sul presupposto della legittimità del distacco dell'impianto, con pronuncia di natura costitutiva (non dichiarativa). Nelle stesse conclusioni di primo grado il tribunale era stato sollecitato semplicemente a dar atto della legittimità del distacco, questione di per sé - e come tale prospettata negli atti introduttivi - suscettibile di accertamento meramente incidentale (e da ritenersi pregiudiziale in senso meramente logico) rispetto alla decisione. Infine, come è precisato in ricorso, per sostenere la legittimità del distacco dall'impianto, il ricorrente aveva denunciato l'invalidità della clausola del regolamento contrattuale, il cui accertamento poteva svolgersi solo nei confronti di tutti i condomini, essendo impugnato un regolamento di natura contrattuale (Cass. 6656/2021; Cass. 245957/2020). Il tenore letterale e complessivo delle allegazioni del ricorrente (in relazione alla natura in sé della questione sollevata) conduce ad escludere che l'A. avesse effettivamente richiesto di accertare, con pronuncia idonea al giudicato, la legittimità del distacco e la connessa nullità delle clausole del regolamento contrattuale, che correttamente il giudice del rinvio ha ritenuto suscettibile di mero accertamento incidentale, reputando tardiva l'azione di accertamento introdotta per la prima volta nel giudizio di rinvio.
2. Il secondo motivo lamenta la violazione dell'art. 1362 c.c., affermando che la Corte abbia ritenuto valida, peraltro interpretandola in modo non corretto, la previsione del regolamento che vietava ai condomini di distaccarsi dall'impianto di riscaldamento, in contrasto con il principio enunciato dall'ordinanza n. 28051/2018, che si era esplicitamente pronunciata per l'invalidità delle suddette clausole regolamentari. Il motivo è fondato. La sentenza, reputando che la clausola del regolamento contemplasse un divieto assoluto ed irrinunciabile dei singoli condomini di procedere al distacco dall'impianto di riscaldamento condominiale, l'ha giudicata valida, unitamente alle delibere di riparto che avevano posto a carico del ricorrente le spese di uso dell'impianto. Appare evidentemente disatteso il principio di diritto enunciato dalla pronuncia di legittimità n. 28051/2018, che, nel dichiarare sussistente la violazione dell'art. 1118 c.c., aveva già precisato che "rimane invece nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti in radice al condomino di rinunciare all'utilizzo de/l'impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall'impianto termico comune, seppure il suo distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento né aggravio di spesa per gli altri partecipanti. Difatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dagli artt. 1118, comma 4, c.c., 26, comma 5, I. n. 10 del 1991 e 9, comma 5, d.lgs. n. 102 del 2014 (come modificato dall'art. 5, comma 1, lettera i, punto i), diretta al perseguimento di interessi sovraordinati quali l'uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o "non meritevole di tutela". In definitiva, una volta ribadito che la clausola prevedeva un divieto di distacco dall'impianto comune, il giudice di rinvio era tenuto a conformarsi alla decisione di legittimità, dovendo limitarsi a dichiararne la nullità e a pronunciare l'illegittimità delle delibere che avevano posto le spese di conservazione a carico del ricorrente.
3. Il terzo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366, 1367, 1369 c.c., ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c, per aver la Corte di merito travisato il contenuto del regolamento, avendo considerato autonomi i due periodi di cui si compone il primo comma dell'art. 9, che invece dovevano interpretarsi, attribuendo a ciascuno il significato che derivava dal complesso della clausola e quindi nel senso che, ove il condomino si fosse distaccato dall'impianto, avrebbe dovuto concorrere nelle sole spese necessarie per conservare e mantenere in efficienza l'impianto. La pronuncia avrebbe violato il criterio di interpretazione letterale, avendo stabilito che l'art. 13 del regolamento, pur ponendo, testualmente, le spese di riscaldamento a carico degli utenti, si riferisse invece a tutti i condomini. Il motivo è inammissibile, poiché mira ad ottenere una interpretazione del regolamento difforme da quella in base alla quale questa Corte di legittimità ha reputato illegittime le clausole riguardanti il riparto delle spese di riscaldamento e ha cassato la sentenza di secondo grado per violazione dell'art. 1118 c.c.. La Corte d'appello aveva difatti ritenuto che il regolamento contemplasse un divieto di distacco dall'impianto di riscaldamento, obbligando all'uso dello stesso e alla contribuzione a carico di ciascuna unità abitativa, anche in caso di rinuncia dei relativi servizi (cfr. ordinanza n. 25081/2018, pag. 3), e proprio sulla base di tale interpretazione, non direttamente e specificamente censurata con il primo ricorso per cassazione (con cui era stata denunciata la violazione dell'art. 1118 c.c.), questa Corte ha ritenuto nulla la disposizione per contrasto con norma imperativa. Il ricorso è invece volto a sostenere che tali previsioni andrebbero interpretate nel senso di autorizzare il suddetto distacco e l'esonero del ricorrente dal concorso nelle spese di consumo e di uso, trascurando che il presupposto su cui si basa l'ordinanza 28051/2019 non può essere rimesso in discussione. In ipotesi di annullamento con rinvio per violazione di norme di diritto, la pronuncia della Corte di cassazione vincola al principio affermato e ai relativi presupposti di fatto: risultano intangibili non solo la "regola" giuridica enunciata, ma anche le premesse logico giuridiche della decisione, dovendo il giudice (e le parti) attenersi agli accertamenti già compresi nell'ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine o eventuali censure a questioni che, pur se non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscano il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno. Il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità (Cass. 17353/2010; Cass. 20981/2015; Cass. 20887/2018).
4. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c. assumendo che la Corte di merito avrebbe dovuto disporre la compensazione di tutte le spese di lite, applicando per quelle di appello l'art. 92 c.p.c. nel testo adottato dalla L. 69/2009, la formulazione introdotta dal d.l. 134/2014 per quelle del giudizio di rinvio e compensando quelle di legittimità, essendosi il giudizio concluso con l'accoglimento del ricorso proposto dall'A.. Il motivo è assorbito, dovendo il giudice del rinvio procedere ad una nuova regolazione in base all'esito finale della causa. È quindi accolto il secondo motivo di ricorso, sono respinti il primo e il terzo ed è dichiarato assorbito il quarto. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo e il terzo e dichiara assorbito il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.