Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con richiesta depositata in data 26 ottobre 2021, E.B., espone: - di essere stato condannato per il reato previsto dagli artt. 110 e 648- ter.1 cod. pen., con sentenza di applicazione della pena emessa dal G.i.p. del Tribunale di Genova il 29 giugno 2021; - che nell'ambito del procedimento la Corte di Cassazione, in data 13 novembre 2019, ha emesso due sentenze (la n. 6987/2020 e la n. 6988/2020) di rigetto dei ricorsi presentati avverso le ordinanze emesse dal Tribunale del riesame di Genova in materia cautelare reale; - che con decreto del 7 ottobre 2021 il G.i.p. del Tribunale di Genova, in accoglimento della istanza dell'imputato, presentata ai sensi dell'art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ha disposto che sull'originale della sentenza di applicazione della pena sia apposta una annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento, estendendo tale annotazione anche a tutti i provvedimenti intervenuti nella fase cautelare del procedimento penale; - che l'Ufficio esecuzione del G.i.p., in data 13 ottobre 2021, ha provveduto all'annotazione, estesa "a tutti i provvedimenti intervenuti nella fase cautelare del procedimento penale". Ciò premesso, E.B. chiede che la Corte di cassazione, preso atto del suddetto decreto del G.i.p., disponga sull'originale delle sentenze n. 6987/2020 e n. 6988/2020, emesse entrambe il 13 novembre 2019, la relativa annotazione, volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati nelle due sentenze.
3. La richiesta è inammissibile perché proposta tardivamente.
4. L'art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Dati identificativi degli interessati) dispone - per quanto qui rileva - che «l'interessato può chiedere per motivi legittimi, con richiesta depositata nella cancelleria o segreteria dell'ufficio che procede prima che sia definito il relativo grado di giudizio, che sia apposta a cura della medesima cancelleria o segreteria, sull'originale della sentenza o del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento» e che sulla richiesta «provvede in calce con decreto, senza ulteriori formalità, l'autorità che pronuncia la sentenza o adotta il provvedimento». Tale ultima previsione rende chiaro che il decreto del 7 ottobre 2021 emesso dal G.i.p. del Tribunale di Genova (''Visto, si autorizza in conformità"), in accoglimento della istanza dell'imputato, con la quale l'oscuramento dei dati era stato richiesto con riferimento alla sentenza di applicazione della pena e "a tutti i provvedimenti intervenuti nella fase cautelare del procedimento penale", non può che essere riferito, quanto a questi ultimi, a quelli emessi dallo stesso giudice e comunque non a quelli adottati da questa Corte di legittimità, cui compete in via esclusiva la decisione inerente alla richiesta annotazione sulle due sentenze oggetto dell'istanza in esame. In tema di tempestività della richiesta ex art. 52 del decreto legislativo n,196 del 2003 si sono espresse le Sezioni Unite di questa Corte, che hanno osservato che, «come si evince con chiarezza dai tenore del comma 1 del cit. art. 52, raccordato al sistema del processo penale, la richiesta dell'interessato di oscurare i propri dati identificativi deve essere presentata, per le sentenze rese in tale processo, prima che sia emesso il dispositivo, concretizzandosi in tale atto deliberativo il momento di definizione del "relativo grado di giudizio", cui fa riferimento detto comma» e che «tale conclusione è confermata anche dal comma 2 dello stesso articolo, che, attribuendo la competenza a provvedere sulla richiesta all'autorità che la sentenza, presuppone evidentemente che, al momento di tale pronuncia (coincidente con l'emissione del dispositivo), la richiesta sia già stata presentata» (orci. n. 19054 del 16/04/2013, V., Rv. 255299). Il Collegio condivide l'interpretazione della norma e le ragioni espresse dalle Sezioni Unite, alla luce delle quali si deve ritenere che anche l'eventuale esercizio del potere ufficioso del giudice, al di fuori dei casi in cui l'oscuramento sia obbligatorio ex lege, trovi il limite temporale nella pronuncia del dispositivo. Nel caso di specie, la richiesta è stata presentata a distanza di quasi due anni dalla pronuncia delle due sentenze in oggetto e la sua tardività ne comporta la inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile la richiesta.