Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza in commento, precisando che tale obbligo sussiste anche in difetto di una specifica richiesta di applicazione dell'istituto.
La Corte d'Appello di Catanzaro confermava la decisione di primo grado condannando l'imputato per falsa dichiarazione del reddito al fine di accedere al beneficio del patrocinio a spese dello Stato.
L'imputato propone ricorso in Cassazione lamentando, tra i motivi di doglianza, la carenza di motivazione in merito alla richiesta di applicazione della...
Svolgimento del processo
1. La Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza emessa in data 3/2/2021, ha confermato la pronuncia resa dal Tribunale di Cosenza nei confronti di B.W. ritenuto responsabile del delitto di cui all'art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sull'aggravante dell'ottenimento dell'ammissione al patrocinio, alla pena di mesi 5, giorni 10 di reclusione ed euro 250,00 di multa.
2. Nelle due sentenze conformi i giudici hanno accertato che il ricorrente, a fronte di un reddito pari ad euro 16.574,00, aveva dichiarato un reddito complessivo valutabile pari ad euro 12.066,00 per l'anno 2015, indicando tale ultimo importo nella richiesta di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato. L'imputato ha proposto ricorso per Cassazione a mezzo di difensore, formulando i seguenti motivi di impugnazione, riassumibili come segue giusta il disposto di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. Nel primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla fattispecie di cui all'art. 95 d.P.R. 115/2002; erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione per avere la Corte di appello ritenuto sussistente l'elemento soggettivo del reato. La Corte di merito avrebbe trascurato di dare rilievo alle circostanze addotte dalla difesa dalle quali era desumibile l'errore nel quale era incorso il ricorrente. Nel secondo motivo di ricorso lamenta carenza di motivazione in merito alla richiesta di applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. avanzata in sede di conclusioni scritte depositate in data 26/11/2020.
3. Il P.G. presso questa Corte ha rassegnato le proprie conclusioni scritte per l'udienza camerale senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020), chiedendo la declaratoria d'inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza della ragione di doglianza. la Corte d'appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha illustrato in modo puntuale le ragioni del decisum. Ha posto in evidenza come il ricorrente, nella domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, abbia dichiarato redditi inferiori a quelli effettivamente percepiti, che non avrebbero consentito l'ottenimento del beneficio. La motivazione a supporto della condanna è logica e coerente: il ricorrente, si legge nel provvedimento impugnato, non poteva essere incorso in un errore scusabile, come prospettato dalla difesa, avendo egli indicato nel modello ISEE, alla voce "indicatore situazione economica", l'importo di euro 12.066,00 ed alla voce "somma dei redditi dei componenti del nucleo" l'importo ben superiore di euro 16.866,00. Da tale circostanza i giudici di merito hanno desunto la piena consapevolezza, da parte del ricorrente, di esporre dati inveritieri nella domanda di ammissione, risultando evidente, dalla documentazione esaminata, la precisa consapevolezza dei redditi percepiti. La difesa contrappone un'alternativa ricostruzione dei fatti, insistendo nel prospettare una diversa interpretazione delle emergenze probatorie al cospetto di una motivazione priva di aporie logiche. Tali rilievi non possono formare oggetto di delibazione in questa sede. Il controllo sulla motivazione della sentenza impugnata ad opera della Corte di legittimità ha un perimetro ben definito: in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (da ultimo Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 11/02/2021, Rv. 280601). Il caso in esame, dunque, non può essere rimeditato alla luce delle valutazioni espresse dalla difesa, poiché, come evidenziato dalla Corte di merito, le peculiari modalità del fatto, puntualmente illustrate in motivazione, escludono che il ricorrente possa essere incorso in una negligenza o in una leggerezza.
2. Quanto al secondo motivo di ricorso si osserva quanto segue. All'atto delle conclusioni scritte innanzi alla Corte d'appello il difensore ha avanzato richiesta di applicazione dell'istituto di cui all'art. 131-bis cod. pen., come documentato nell'allegato al ricorso. La Corte d'appello ha mancato di esprimersi sul punto. Vero è che la richiesta non è supportata da alcuna argomentazione, tuttavia, si osserva, l'istituto in questione, secondo condivisibile orientamento di questa Corte, può essere riconosciuto dal giudice di merito anche d'ufficio. Sull'argomento è d'uopo richiamare da ultimo Sez. 6, n. 2175 del 25/11/2020, dep. 19/01/2021, U.S., Rv. 280707, così massimata: "La causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. può essere rilevata di ufficio dal giudice d'appello in quanto, per assimilazione alle altre cause di proscioglimento per le quali vi è l'obbligo di immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, la stessa può farsi rientrare nella previsione di cui all'art. 129 cod. proc. pen.. (Fattispecie in cui la richiesta di applicazione della causa di non punibilità era stata avanzata per la prima volta nella fase delle conclusioni orali del giudizio di appello)". Si osserva in motivazione come già le Sezioni Unite di questa Corte abbiano chiarito che l'istituto della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis cod. pen., abbia natura sostanziale, sicché il giudice è tenuto a valutarne anche d'ufficio la sussistenza al fine di dichiarare la relativa causa di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, T., non mass. sul punto; conf. Sez. U, n. 13682 del 25/02/2016, C., non mass. sul punto). In tali sentenze le Sezioni Unite hanno esaminato la tematica con riferimento alla specifica questione della rilevabilità d'ufficio della causa di non punibilità in parola anche nel corso del giudizio di legittimità: tuttavia, è stata espressamente affermata una regula iuris di carattere generale, nella parte in cui è stato sottolineato come all'applicabilità dell'art. 129 del codice di rito non sia di ostacolo il "fatto che tale articolo, pur dedicato nella rubrica all'obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità, non fa menzione de/l'ipotesi in cui ricorra una causa di non punibilità", trattandosi di una norma avente carattere generale "che non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo proscioglitivo nelle varie fasi e nei diversi gradi del processo, ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che, operando in ogni stato e grado del processo, presuppone l'esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio". Tralasciando il tema della rilevabilità nel giudizio di legittimità dell'istituto in questione, su cui si registrano orientamenti non omogenei, l'applicabilità dell'art. 129 cod. proc. pen. anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio, rende irrilevante che la sua operatività non sia stata sollecitata con un motivo argomentato: se sul giudice di merito grava, anche in difetto di una specifica richiesta, l'obbligo d'ufficio di considerare la predetta causa di esclusione della punibilità, tale obbligo deve riteneresi sussistente, a maggior ragione, quando sia stata avanzata richiesta da parte del difensore, sia pure in termini generici. Nel caso di specie il difensore aveva richiesto l'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen. e la Corte d'appello non ha fornito alcuna risposta. Si innesta qui l'ulteriore questione di una motivazione implicita di rigetto della richiesta di non punibilità per particolare tenuità del fatto. In ordine a tale profilo questa Corte ha più volte ribadito come la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis cod. pen. debba ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche in relazione ad altri profili, elementi che escludano una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (ex multis Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, C.M., Rv. 282097). Venendo al caso di specie, dalla motivazione delle conformi pronunce di merito, soprattutto avuto riguardo al trattamento sanzionatorio, non si evincono elementi dai quali potersi desumere che vi sia stato un implicito rigetto della richiesta. Al contrario, il giudice di primo grado ha individuato la pena base nel minimo edittale ed ha concesso le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante. Tutto ciò esclude che vi sia stata una valutazione implicita della mancata ricorrenza dei requisiti di applicazione dell'istituto. Per completezza argomentativa è d'uopo precisare come l'istituto della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto possa trovare applicazione anche nella ipotesi aggravata di cui all'art. 95 d.P.R. 115/2002. L'istituto è applicabile ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva. Ai sensi del quarto comma dell'articolo citato, ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. L'ottenimento del patrocinio è aggravante ad efficacia comune, non essendo l'aumento di pena determinato dalla legge (art. 64 cod. pen.); ne consegue che di essa non debba tenersi conto ai fini della determinazione della pena di cui al comma primo dell'art. 131-bis cod. pen.. Pertanto, la cornice edittale del reato di cui all'art. 95 d.P.R. 115/2002, anche nella forma aggravata, consente l'applicazione dell'istituto dell'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
3. Da quanto precede consegue l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla omessa valutazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Catanzaro.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla omessa valutazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis C.P. e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro.