Svolgimento del processo
1. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Lecco ha tratto a giudizio i fratelli gemelli M. e M. T. per i delitti di delitti di truffa in danno di ente pubblico (capo 1) e di falso in certificazioni (capo 2), perché, in concorso tra loro, in qualità di medici di base convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, con artifici e raggiri consistiti per M. T. nel dirottare sistematicamente i propri assistiti al fratello M., che effettuava visite mediche al posto del fratello e falsificava la firma sulle ricette di prescrizione riservate a M. T., con il nome di questo ed utilizzando il suo timbro, previo accordo con il predetto, avevano indotto in tal modo in errore la Azienda Sanitaria Locale di Lecco, procurando così allo stesso M. T. l'ingiusto profitto consistito nel percepire il compenso spettante dal servizio sanitario nazionale con pari danno economico per l'amministrazione pubblica, determinato in euro 407.822,58 (dal 1 gennaio del 2007 al 21 dicembre 2011) nonché nella percezione degli ulteriori benefici economici di legge; fatti commessi in Lecco dal gennaio 2007 al febbraio 2012.
2. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Lecco, all'esito del giudizio abbreviato di primo grado, ha dichiarato gli imputati colpevoli dei reati loro ascritti e, concesse le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione tra i delitti contestati, li ha condannati alla pena sospesa di un anno e quattro mesi di reclusione ed euro 900 di multa ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali, e al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile, Azienda Sanitaria Locale di Lecco, da liquidarsi in separato giudizio civile.
3. La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 790 emessa in data 31 gennaio 2017, ha confermato la sentenza di primo grado, condannando gli imputati al pagamento delle spese del grado e alla refusione delle spese di rappresentanza nei confronti della parte civile costituita.
4. La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 19707 del 18 gennaio 2018, ha dichiarato irrevocabile il riconoscimento di responsabilità penale degli imputati in ordine ai delitti di falso di cui al capo 2) e, con riferimento al delitto di truffa in danno di ente pubblico contestato al capo 1) dell'imputazione, ha disposto l'annullamento della sentenza della Corte di appello di Milano emessa in data 31 gennaio 2017, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio.
La Corte di appello ha, infatti, ritenuto che, essendo entrambi i medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, la prova del danno patrimoniale subito dall'A.S.L. di Lecco, necessaria per affermare la sussistenza del delitto di truffa, richieda la dimostrazione della compromissione della funzionalità e dell'efficienza del servizio reso ai pazienti.
5. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano, decidendo in sede di rinvio e in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lecco in data 16 ottobre 2013, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M. e M. T. in ordine al delitto di truffa in danno di ente pubblico contestato al capo 1) dell'imputazione, per essere il reato estinto per prescrizione e, di conseguenza, ha rideterminato la pena per il residuo delitto di falso in certificazione amministrativa, concesse le circostanze attenuanti generiche, in sei mesi di reclusione, pena sospesa, confermando le statuizioni civili contenute nella sentenza impugnata e condannando gli imputati alla refusione delle spese di difesa e rappresentanza sostenute dalla parte civile costituita.
6. L'avvocato R. M., nell'interesse degli imputati, ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l'annullamento, deducendo, con unico motivo, la violazione di legge, la contraddittorietà esterna e l'illogicità della motivazione.
Deducono i ricorrenti che la Corte di appello avrebbe ritenuto sussistente il delitto di truffa, pur in assenza della dimostrazione di un danno patrimoniale cagionato all'A.S.L. di Lecco.
La sentenza impugnata, infatti, non avrebbe evidenziato alcuna prova circa la qualità delle visite mediche prestate, né la sussistenza di disfunzioni nel servizio reso, e, anzi, avrebbe trascurato che dall'istruttoria sarebbe emersa la prova che il servizio offerto ai pazienti sarebbe stato sempre di elevata qualità.
I testimoni sentiti nel corso del dibattimento avrebbero, infatti, confermato che l'ambulatorio dei due dottori era sempre aperto ai pazienti, anche oltre il normale orario di visita e, persino, durante il mese di agosto.
La Corte di appello, dunque, in violazione dell'art. 627 cod. proc. pen., avrebbe omesso di uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione, in quanto non avrebbe svolto l'accertamento richiesto dalla sentenza rescindente, che avrebbe reso necessario escutere i mille pazienti di M. T. in ordine alle prestazioni ricevute in ben quattro anni di attività, per accertare se vi fosse stato uno scadimento generalizzato delle prestazioni.
La Corte di appello sarebbe, invece, pervenuta all'affermazione della sussistenza del danno patrimoniale per la A.S.L. esclusivamente considerando il numero dei pazienti che aveva in carico M. T. e senza considerare che, a rigore, avrebbero dovuto essere escussi i pazienti del fratello M. per stabilire se le prestazioni sanitarie fossero state di qualità inferiore alle aspettative e se vi fossero state disfunzioni.
Ad avviso dei ricorrenti, sarebbe, tuttavia, evidente che non vi fosse alcun legame eziologico tra il numero di pazienti di M. e le conseguenze determinate dagli stessi sulla qualità del servizio, posto, peraltro, che non sarebbe stato accertato neppure quanti pazienti di M. siano stati visitati da M. T..
La sentenza impugnata, ad avviso dei ricorrenti, dovrebbe pertanto essere annullata senza rinvio, risultando ictu oculi l'insussistenza del danno patrimoniale per la A.S. L. di Lecco, come già rilevato dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Milano nella propria requisitoria.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere accolto in quanto è fondato.
2. La Seconda Sezione penale di questa Corte, nella sentenza rescindente, richiamandosi al principio affermato in una analoga fattispecie (Sez. 2, n. 44677 del 20/10/2015, R., Rv. 265340), ha rilevato che «E' innegabile... che l'indebita sostituzione di un medico convenzionato, ma dedito ad attività professionale privata, con altro anch'egli convenzionato, con la contraffazione delle ricette mediche ad apparente firma e timbro di Te.Ma., abbia tratto artificiosamente in inganno il S.S.N.».
La Corte ha, tuttavia, rilevato che, essendo entrambi i medici convenzionati con l'Azienda sanitaria locale, l'elemento di fattispecie del danno patrimoniale, necessario per integrare il delitto di truffa, potrebbe essere integrato solo ove sia dimostrato che nel caso di specie sia stato «fornito ...un servizio diverso da quello richiesto, alla luce dei requisiti pretesi dal S.S.N. per la convenzione con il medico di base».
Nella sentenza rescindente si rileva, infatti, che «per valutare se l'A.S.L. abbia subito o meno un danno patrimoniale, occorre verificare se i pazienti abbiano comunque ricevuto l'assistenza medica conforme all'aspettativa riposta dall'Ente pubblico rispetto alla funzionalità del servizio come prevista dalla convenzione, nel qual caso il danno economico dovrà ritenersi insussistente, oppure se l'assistenza medica fornita ai pazienti non corrisponda ai parametri di funzionalità richiesti, nel qual caso il danno economico è costituito dalla corresponsione dei compensi per prestazioni diverse da quella pattuita».
La Corte di Cassazione ha, dunque, annullato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte territoriale per nuovo giudizio «che valuti se nel caso di specie, [...] gli artifici e raggiri come sopra individuati abbiano inciso sulle prestazioni richieste dall'Ente Pubblico compromettendo la funzionalità e l'efficienza del servizio così da determinare un danno economico costituito dalla corresponsione dei compensi per prestazioni di qualità diversa da quella pattuita».
3. La Corte di appello di Milano nella sentenza impugnata (a pag. 4) ha accertato che «sussiste certamente il danno "patrimoniale" subito dal Servizio Sanitario Nazionale perché nell'esatto momento in cui il dr. T. M. ha deciso di dismettere, del tutto o parzialmente, l'esercizio dell'attività, sino a quel momento regolarmente svolta, di medico convenzionato con la competente Asi di Lecco, tuttavia, nonostante questa scelta, ha voluto lui, solo lui, mantenere la forma di titolare dell'incarico di medico convenzionato, rendendosi così creditore, nei confronti del servizio sanitario nazionale, di prestazioni di rilievo anche economico, che lui mai aveva erogato».
4. La Corte di appello, tuttavia, con tale argomentazione non si è conformata al principio di diritto affermato dalla sentenza rescindente, in quanto non ha posto in essere l'accertamento devoluto dalla Corte di Cassazione e ha, inoltre, affermato la sussistenza del danno patrimoniale della truffa sulla base di una motivazione già confutata in sede di legittimità.
La Corte di appello di Milano, in particolare, non ha accertato se la sostituzione di M. T. al fratello M. abbia compromesso la funzionalità e l'efficienza del servizio, determinando, ad esempio, come indicato dalla stessa Corte di Cassazione, «lunghi tempi di attesa per la visita o anche errori nelle ricette» e, dunque, l'erogazione di prestazioni di qualità diversa da quella garantita dalla convenzione con il Servizio sanitario nazionale.
La sentenza impugnata ha, inoltre, ritenuto sussistente l'elemento del danno patrimoniale in ragione dell'artificiosa sostituzione di persona posta in essere in concorso dagli imputati, ma non ha considerato che la Corte di Cassazione aveva già rilevato che, essendo entrambi i medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, tale dato non poteva integrare ex se l'estremo del danno patrimoniale necessario per integrare il delitto di truffa.
La Corte di appello ha anche rilevato, in un fugace passaggio della motivazione, che M. T. aveva raggiunto il numero massimo di pazienti consentiti dall'Accordo collettivo nazionale, ma questo dato non rappresenta la prova del danno patrimoniale subito dall'A.S.L. di Lecco, in assenza di evidenze della compromissione della funzionalità e dell'efficienza del servizio reso ai pazienti.
5.Alla stregua di tali rilievi deve, dunque, essere annullata la sentenza impugnata.
L'annullamento deve essere disposto senza rinvio perché il fatto non sussiste, in quanto in nessuno dei giudizi di merito celebratisi sono emersi profili di danno patrimoniale subiti dall'Azienda Sanitaria Locale in ragione della sostituzione di M. T. al fratello M. nell'espletamento delle prestazioni sanitarie dovute nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale.
L'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al contestato delitto di truffa non travolge, tuttavia, le statuizioni civili adottate dalla Corte di appello in ordine ai delitti di falso in certificazione amministrativa accertati, sulle quali è medio tempore intervenuto il giudicato, come già affermato dalla sentenza n. 19707 del 2018 di questa Corte.
Il risarcimento dei danni cagionati dagli imputati all'Agenzia di Tutela della Salute (A.T.S.) della Brianza (medio tempore succeduta all'A.s.l. di Lecco) in ragione delle condotte di falsificazione definitivamente accertate, pertanto, dovrà essere determinato dal competente giudice civile.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.