Ai fini della configurabilità dell'aggravante dell'arma, è necessario che il reo sia palesemente armato ma non che l'arma sia addirittura impugnata per minacciare, essendo sufficiente che essa sia portata in modo da poter intimidire.
Il Giudice di secondo grado riformava parzialmente la sentenza del Giudice di prime cure, escludendo l'aggravante del travisamento e confermando la condanna dell'imputato per il reato di rapina ai danni di un sacerdote aggravato dall'uso di un bastone.
Contro tale decisione, l'imputato propone ricorso per cassazione lamentando, tra i vari motivi, il...
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con sentenza del 15/12/2020 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Pavia del 12/09/2018, esclusa l'aggravante del travisamento, confermava la condanna di S.F. per il reato di rapina aggravato dall'uso di un bastone, in danno di un sacerdote presso la parrocchia di riferimento.
2. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione il S. tramite il difensore di fiducia, eccependo la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento: alla condanna per il delitto di rapina, in difetto di minaccia e di dolo, atteso che l'iniziale proposito fu abbandonato e la somma fu sottratta senza costrizione, con conseguente qualificazione della condotta in termini di furto ed improcedibilità dell'azione penale per difetto di querela; al giudizio di bilanciamento fra circostanze di sogno opposto in termini di equivalenza anziché di prevalenza.
3. Il ricorso è inammissibile per genericità dei motivi che costituiscono reiterazione di censure prospettate in appello, adeguatamente definite dalla corte territoriale. Ribadito che in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex multis, di recente, Cass. sez. 6, sent. n. 5465 del 04/11/2020 - dep. 11/02/2021 - Rv. 280601), i giudici di merito hanno evidenziato, con circostanziati riferimenti al contenuto delle prove acquisite - e, in particolare, alle dichiarazioni della persona offesa - che l'imputato pretese la somma di denaro in questione armato di bastone, oggetto che certamente costituisce un'arma, ancorché impropria, in quanto idonea ad offendere.
Risulta irrilevante che l'arma non fu adoperata, circostanza sulla quale la difesa ha insistito, dovendosi avere riguardo all'intimidazione esercitata sulla vittima, ragionevolmente persuasa dell'utilizzo se la pretesa non fosse stata riscontrata.
In tema di delitto circostanziato, infatti, ai fini della configurabilità dell'aggravante dell'arma, è necessario che il reo sia palesemente armato, ma non che l'arma sia addirittura impugnata per minacciare, essendo sufficiente che essa sia portata in modo da poter intimidire, cioè in modo da lasciare ragionevolmente prevedere e temere un suo impiego quale mezzo di violenza o minaccia per costringere il soggetto passivo a subire quanto intimatogli (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7754 del 21/01/2021, Rv. 281006-02).
4. I rilievi sul trattamento sanzionatorio sono generici.
In tema di circostanze, il giudizio di bilanciamento tra le aggravanti e le attenuanti costituisce esercizio del potere valutativo riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, ove congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall'art. 133 cod. pen., senza che occorra un'analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5, Sentenza n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838-02).
La corte territoriale, con motivazione adeguata, ha ritenuto l'equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e le contestate aggravanti valorizzando alcuni dei parametri indicati dall'art. 133 c.p. quali la gravità della condotta e la sussistenza di precedenti a carico dell'imputato, sintomatici della sua capacità a delinquere.
5. All'inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Sentenza a motivazione semplificata.