Nel caso di specie, i coniugi avevano pattuito che solo al trasferimento dell'immobile del marito alla moglie, quest'ultima avrebbe ceduto l'immobile adibito a pizzeria al marito. Visto che la condizione non si è avverata, metà dei canoni mensili sono posti a carico dell'ex.
La Corte d'Appello di Ancona accoglieva parzialmente l'appello proposto nei confronti dell'attuale ricorrente contro la pronuncia del Tribunale di Urbino che aveva condannato l'appellato a versare a favore della ex moglie una somma a cadenza mensile a partire da agosto 2003 fino all'attualità, oltre agli interessi legali. In particolare, la Corte aveva rilevato che con sentenza passata in...
Svolgimento del processo
La Corte di appello di Ancona, con sentenza nr (omissis) depositata in data 19.5.2018, ha accolto parzialmente l’appello proposto da L.M. nei confronti di A.C. avverso la pronuncia nr (omissis) del Tribunale di Urbino, condannando l’appellato a versare in favore di L.M. la somma di 397,75 mensili a decorrere dal mese di agosto 2003 fino all’attualità, maggiorati degli interessi legali dal 1.8.2008 al saldo.
Il giudice del gravame, per gli aspetti che qui interessano, ha rilevato che, con sentenza 3.7.2013, passata in giudicato, il Tribunale di Urbino aveva riconosciuto la validità della scrittura privata del 3.7.2003 con cui il signor C., nel quadro di un accordo di regolamentazione dei rapporti patrimoniali, concluso in vista della separazione con la propria moglie, si era obbligato a cedere a quest’ultima i diritti sull’immobile di A.I.S. di C. e la moglie, a sua volta, si era obbligata a cedere al marito i diritti sul bene sito in S.A. in V., acquisizioni queste che sarebbero dovute avvenire in forma contestuale.
Osservava tuttavia che, poiché l’acquisto del diritto di proprietà da parte del C. sull’immobile sito in V. era stato subordinato al trasferimento da parte del predetto in favore della moglie dell’immobile di S. e che detta condizione non si era verificata – circostanza di cui avevano dato atto entrambe le parti – doveva essere riconosciuto in favore dell’appellante il 50% dei canoni mensili dell’immobile sito in S.A. in V. a partire dall’omologa della separazione.
A.C. propone ricorso per cassazione avverso tale pronuncia affidato ad un unico motivo, cui resiste con controricorso L.M..
Motivi della decisione
Con l’unico motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione ex art 360 primo comma n. 3 c.p.c., dell’art 132 II comma n. 4 c.p.c. per avere la Corte di appello, con una motivazione contraddittoria, riconosciuto, da un lato, la validità della scrittura privata del 3.7.2003, con la quale la signora M. aveva rinunciato ad ogni forma di liquidazione sui beni mobili ed immobili acquistati dopo il matrimonio e, dall’altra, il diritto a vedersi corrispondere canoni locatizi relativi all’immobile per il quale l’odierna controricorrente si era obbligata al trasferimento della proprietà in favore del marito.
Il motivo è infondato.
E' ormai noto come le Sezioni Unite (sentenza n. 8053 del 2014) abbiano fornito una chiave di lettura della riformulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, nel senso di una riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, con conseguente denunciabilità in cassazione della sola "anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. E' stato altresì precisato (in termini, Cass. n. 2876 del 2017) che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione di un preciso obbligo di legge, costituzionalmente imposto (art. 111 Cost., comma 6), e cioè dell'art. 132 c.p.c., comma 6, n. 4, (in materia di processo civile ordinario) e dell'omologo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, (in materia di processo tributario), omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l'iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata (cfr. Cass. n. 2876/2017 e 1461/2018).
Nella specie non è ravvisabile, in relazione alle statuizioni contenute nella decisione impugnata, alcuna anomalia motivazionale destinata ad acquistare significato e rilevanza alla stregua delle pronunce a Sezioni Unite di questa Corte n. 8053 del 2014 e n. 22232 del 2016.
Non si può ritenere che la sentenza impugnata sia carente o incoerente sul piano della logica giuridica, né tanto meno che sia stata costruita in modo tale da rendere impossibile un controllo sulla esattezza del ragionamento decisorio e, quindi, tale da non attingere la soglia del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111 Cost., comma 6 (Cass., sez. 1, 30/06/2020, n. 13248), e neppure risulta affetta da "contraddittorietà insanabile tra le diverse proposizioni" in cui si articola.
La Corte ha spiegato le ragioni per le quali A.C. è tenuto alla corresponsione dei canoni locatizi relativi all’immobile sito in Vado ed adibito a pizzeria.
Il giudice di merito, pur riconoscendo la validità dell’accordo intercorso fra i coniugi risalente al 3.7.2003 e l’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza nr (omissis) del Tribunale di Urbino che ne ha sancito la validità, ha messo in luce come non si fosse attuata, per espresso riconoscimento di entrambe le parti, la condizione cui era subordinato il trasferimento del diritto di proprietà spettante alla moglie su detto immobile, vale a dire il contestuale trasferimento in capo alla M. del diritto di proprietà spettante al marito sull’immobile sito in A..
Il riconoscimento dei canoni locatizi in favore dell’appellante rappresenta la logica conseguenza della mancata attuazione di quegli accordi per cui la moglie risulta ancora cointestataria di quell’immobile e quindi legittimata a percepire i suoi frutti civili e gravata dai relativi oneri economici, qual è il versamento dell’ICI. Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo secondo i criteri normativi vigenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità in favore della controricorrente, spese che si liquidano in complessive € 5000,00, oltre 200,00 per esborsi ed accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, ove dovuto.
Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.