Nel caso di specie, è stato accertato che l'imputato, colpendo la vittima al ventre con un coltello, aveva la precisa volontà di cagionarne la morte, seppur nella consapevolezza che la sua azione poteva provocare anche l'evento meno grave delle lesioni.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza pronunciata in data 30 novembre 2020 la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza in data 24 febbraio 2020 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli aveva dichiarato L. P. colpevole dei reati di tentato omicidio di S. L. e di porto ingiustificato di° coltello a serramanico, fatti commessi in (omissis) il 3 agosto 2019.
Tramite le testimonianze delle persone coinvolte e la documentazione fornita dalle riprese del sistema di video sorveglianza, veniva accertato che l'imputato, a bordo di ciclomotore, all'interno di un'area di servizio si era avvicinato ad un'autovettura con a bordo S. L. e la di lui moglie; ne era seguito un alterco che veniva fermato dalle persone presenti riuscite a dividere i contendenti; in un momento in cui i due litiganti erano separati, P. aveva estratto un coltello e si avventato contro l'uomo, colpendolo al basso ventre.
2. Il difensore di L. P. ha presentato ricorso per cassazione, chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.
Con il primo e il secondo motivo viene denunciato, da una parte, la violazione degli artt. 43 e 56 cod. pen. in relazione al giudizio di compatibilità tra dolo alternativo e tentativo di omicidio e, dall'altra, il difetto di motivazione del giudizio sull'elemento soggettivo del reato.
In diritto, la categoria del dolo alternativo non poteva essere applicata alla fattispecie di tentativo al pari del dolo eventuale, risultando la duplice direzione della volontà incompatibile con la necessaria univocità della direzione degli atti.
La motivazione della sentenza impugnata, poi, non aveva considerato che l'imputato aveva cagionato alla persona offesa ferite non profonde, tanto che l'intervento chirurgico, cui la vittima era stata sottoposta, era stato effettuato solo "per prassi" e non per una effettiva necessità.
Uno dei colpi aveva attinto la vittima al fianco e solo di striscio.
Con il terzo motivo viene denunciato difetto di motivazione del giudizio sulla circostanza aggravante dei futili motivi.
L'imputato aveva reagito all'aggressione portatagli dal L., che lo aveva colpito con una testata.
3. Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso propone motivi di merito e manifestamente infondati, e ne va, perciò, dichiarata l'inammissibilità.
1. Con riguardo al giudizio sull'elemento soggettivo del reato è
preliminare l'esame del secondo motivo, che riguarda la motivazione in fatto.
A fronte della concorde motivazione dei giudici. del merito che hanno, a tal fine, valorizzato il contesto dell'azione - avendo l'imputato estratto ed utilizzato il coltello nel momento in cui era stato separato dall'avversario e l'alterco era stato, in qualche modo, arrestato-, l'arma utilizzata (un coltello con lama di cm. 8,5 e lunghezza complessiva di cm. 19,5), il distretto corporeo attinto (l'addome in regione peri ombelicale), la pluralità dei colpi inferti, la difesa contrappone la considerazione degli esiti dell'aggressione (ferite non profonde) e della caratteristica "di striscio" di una ferita, elementi che, letti unitamente alla micidialità dell'arma utilizzata, sarebbero a significare che l'imputato aveva agito con la precisa volontà di solo ferire, e non uccidere.
Innanzitutto, si deve rilevare che il giudizio sugli elementi oggettivi della fattispecie tentata va compiuto con riferimento alla situazione sussistente al momento della condotta, e dunque ex ante, e non in relazione agli esiti dell'azione.
Inoltre, il motivo espone argomenti già valutati dalle sentenze che hanno evidenziato che la vittima era stata attinta da due coltellate, una in regione peri ombelicale e l'altra al fianco sinistro, e che, all'esito dell'intervento in chirurgia laparotomica, non erano state rilevate lesioni ad organi vitali anche per la presenza di un importante strato adiposo.
Il motivo, dunque, rimane nell'ambito di una prospettiva di merito, non consentita nel giudizio di legittimità.
2. Il primo motivo denuncia violazione della legge penale in relazione al giudizio di compatibilità tra dolo alternativo e tentativo.
Il motivo è manifestamente infondato.
Innanzitutto, si deve rilevare che mentre il primo giudice ha ritenuto la sussistenza del dolo di omicidio "quanto meno nella forma alternativa della indifferente volizione del ferimento o della morte della vittima", il secondo giudice ha ritenuto che l'imputato avesse agito "al fine di uccidere".
Dunque i giudici del merito hanno compiuto un preciso accertamento nel senso che l'imputato, aggredendo il L. con due coltellate, avesse voluto cagionare la morte dell'avversario, seppur nella consapevolezza che l'esito della sua azione avrebbe potuto essere anche quello meno grave delle lesioni.
Si è precisato che la forma del dolo alternativo ricorre quando l'agente si rappresenta e vuòle indifferentemente l'uno o l'altro degli eventi, fra loro alternativi (nella specie, morte - lesioni personali), causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, di modo che egli versa in dolo diretto o intenzionale sia nei confronti di un evento come nei confronti dell'altro (Sez. 1, 13/04/2018, Alfieri, Rv. 274402; Sez. 1, 24/05/2007, Mastrovito, Rv. 237022; Sez. 1, 20/10/1997, Trovato,·Rv. 208933).
Il dolo eventuale, invece, ricorre qualora l'agente agisca con intenzionalità diretta ad un certo obiettivo (che può essere illecito o anche lecito) e si rappresenti la possibilità del verificarsi di un evento diverso e ulteriore, che tuttavia il soggetto giunge ad accettare e dunque a volere (Sez. U, 24.4.2014, Thyssenkrupp).
La categoria del dolo alternativo non si pone in relazione alla intensità della volontà del fatto tipico, bensì in rapporto all'oggetto della volontà, e sussiste qualora l'agente si rappresenti come certo il verificarsi di due eventi, tra loro alternativi, e quindi diriga la propria volontà ad entrambi, sapendo che solo uno dei due si verificherà.
Chiara la distinzione tra dolo alternativo e dolo eventuale: nel primo, la volontà dell'agente è diretta, indifferentemente, a cagionare l'uno o l'altro degli eventi (entrambi penalmente illeciti e fra loro alternativi), che sono quindi entrambi direttamente voluti; nel secondo, la volontà è intenzionalmente diretta a un certo fine (che può essere anche penalmente irrilevante), ma con la consapevolezza del rischio del verificarsi, in conseguenza dell'azione, di un ulteriore evento ( penalmente illecito), rispetto al quale l'agente presta personale adesione e quindi diviene oggetto di volontà.
In giurisprudenza si è affermata la incompatibilità del dolo eventuale con il tentativo, sul rilievo che in detta figura delittuosa l'elemento soggettivo deve riguardare il compimento, nella consapevolezza della loro "idoneità", di atti che siano univocamente diretti a commettere un delitto, la cui consumazione costituisce il fine dell'azione ovvero è voluta in quanto evento previsto come pressoché certo in conseguenza dell'azione.
E' stata quindi ritenuta la logica incompatibilità con l'elemento della colpa, caratterizzata dalla non volontà dell'evento, ed anche con il dolo eventuale, dove l'evento tipico si presenta, pur accettato e quindi voluto, all'agente come non certo, ma solo ulteriore ed accessorio rispetto a quello che costituisce il fine dell'azione.
In questo senso, la giurisprudenza ritiene la univocità della direzione degli atti come requisito oggettivo incompatibile con una condotta intenzionalmente diretta ad un diverso obiettivo (Sez. 1, 18/01/2006, Taddei, Rv. 234069).
Dette considerazioni non possono valere con riguardo al dolo alternativo, dove il duplice oggetto della volontà (morte - lesioni personali) non incide sull'elemento della direzione univoca degli atti, perché la direzione univoca a cagionare la morte è rivelata dal complesso degli atti posti in essere - due coltellate, una in zona peri ombelicale e l'altra al fianco.
Invero, l'alternatività si pone tra due fatti (lesioni personali e morte) che si trovano in rapporto di progressione, di tal che l'uno (lesioni personali) costituisce momento necessario per il secondo (la morte), che costituisce il fine dell'azione, sicchè la direzione della volontà resta unica e indirizzata all'evento più grave.
In giurisprudenza è stato già spiegato che " Quando I' alternativa accusatoria si pone tra due delitti contro la vita e l'incolumità individuale, che differiscono solo per la gravità dell'evento, come la lesione personale volontaria e I' omicidio, e si sia verificato l'evento meno grave, può prospettarsi un problema di dolo eventuale o indiretto solo se risulta accertato che l'evento meno grave è quello perseguito come scopo finale, ossia con dolo intenzionale, con accettazione secondaria del rischio che possa anche verificarsi quello più grave. Il problema del dolo indiretto concernente il tentativo del reato più grave non può, invece, porsi allorché la condotta sia stata di tale intensità da non potersi distinguere se la volontà dell'agente fosse volta a provocare la lesione o la morte" (Sez. 5, 18/11/1993, Cutruzzolà, Rv. 197281).
I giudici del merito, dunque, nel ritenere la compatibilità tra dolo alternativo e tentativo hanno correttamente applicato consolidati principi affermati dalla giurisprudenza. motivi.
3. Il terzo motivo di ricorso riguarda la circostanza aggravante dei futili
Sul punto, la sentenza di appello ha rilevato che l'azione violenta dell'imputato, caratterizzata da un crescendo violento, dalle offese verbali sino all"aggressione armata, era stata determinata da "uno scambio di sguardi e di offese avvenuti presso un distributore", e dunque risultava sproporzionata rispetto al movente.
La difesa ha articolato la censura partendo da un diverso accertamento del movente, che veniva individuato nella reazione rispetto all'aggressione che il P. aveva subito, reazione che, dunque, seppur non qualificabile come legittima difesa, risultava congrua rispetto al contesto.
Il motivo ha contenuto di merito.
Il ricorso, infatti, propone una alternativa lettura delle prove, funzionale a un diverso accertamento di fatto, prospettiva che non è con.sentita nel giudizio di legittimità.
4. Va, dunque, dichiarata l'inammissibilità del ricorso, cui consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche al versamento di una somma a favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo determinare in€ 3.000, 00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.