Nel caso in esame, è stata respinta la domanda di un lavoratore collocato in mobilità diretta a far dichiarare il suo diritto alla retrodatazione del trattamento pensionistico.
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Venezia, a conferma della pronuncia del Tribunale di Verona, ha rigettato il ricorso di G. C. B. - lavoratore collocato in mobilità sulla base dell’accordo sindacale del 22.12.2009 - diretto a sentir dichiarare il proprio diritto alla retrodatazione del trattamento pensionistico dall’1.01.2013 all’1.04.2012, in applicazione dell’art. 24, co.5 del d.l. 6.12.2011 n.201 conv. in l. 22.12.2011 n. 214;
la norma richiamata prevede che i requisiti anagrafici e contributivi anteriormente sanciti dalla legge, avrebbero seguitato a produrre effetti fino al 31 dicembre 2011, anche a favore di coloro che avessero maturato l’anzianità contributiva nei dodici mesi successivi a tale data (nella specie la domanda era stata presentata il 22.10.2012);
la Corte territoriale ha quindi accertato che G. C. B., nato il 18.11.1952, aveva presentato due domande di pensione: la prima nella gestione coltivatori diretti e mezzadri (1.11.12) che era stata respinta dall’INPS per mancanza del requisito anagrafico, la seconda, in quanto lavoratore in mobilità ex lege n.122 del 2010 (22.10.12), ove si chiedeva la valorizzazione dei contributi versati nella prima gestione ai fini della ricongiunzione dei contributi col fondo lavoratori dipendenti;
ha quindi stabilito che solo a conclusione del procedimento di ricongiunzione, il requisito contributivo (40 anni di anzianità) poteva considerarsi raggiunto entro il termine di legge del 13.12.2011, sicché poteva applicarsi la disciplina precedente all’entrata in vigore dell’art. 24 d.l. n. 201 del 2011 (conv. in l. n. 214 del 2011), che prevedeva requisiti di accesso al trattamento meno severi di quelli introdotti, ma che andava applicato, altresì, il differimento della corresponsione del trattamento di dodici mesi dal raggiungimento del requisito contributivo, ai sensi dell’art. 12, co.1 e 2 del d.l. n. 78 del 2010, conv. n l. n. 122/2010, in quanto norma integrante della disciplina pensionistica invocata;
in sostanza, la Corte territoriale, condividendo l’opzione interpretativa del giudice di prime cure, ha ritenuto applicabile l’art.12 commi 1 e 2 del d.l. 78 del 2010, conv. n l. n. 122 del 2010, la quale dispone che ai lavoratori che abbiano maturato il diritto alla pensione di anzianità entro l’1.11.2011, la corresponsione della pensione venga differita di 12 mesi a far data dal raggiungimento del requisito contributivo, nel quadro del progressivo innalzamento dell’età pensionabile in ragione della crescita della prospettiva di vita;
in conclusione, pertanto, secondo la Corte d’appello, correttamente l’INPS aveva considerato che la prima “finestra” utile all’appellante ai fini del conseguimento della pensione fosse collocabile alla data dell’1.01.13;
la cassazione della sentenza è domandata da G. C. B. sulla base di due motivi, illustrati da memoria;
l’INPS ha depositato tempestivo controricorso.
Motivi della decisione
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1,
n.3 cod. proc. civ., il ricorrente denuncia “Violazione e falsa applicazione degli artt. 24, comma 5 D.L. 201/2011 e 12 commi 1,2 e 5 D.L. L.78/2010, nonché del combinato disposto dell’art.1 comma 5 lett a) L.247/2007 e 1 comma 29 L.335/1995. Erroneità e ingiustizia del dispositivo della Sentenza impugnata”; deduce di essere un lavoratore in mobilità sulla base dell’accordo sindacale stipulato anteriormente al 30.04.2010, data limite fissata dalla legge, e di aver maturato il requisito contributivo di 40 anni di versamenti alla data del 31.12.2011 (fatto coperto da giudicato interno); che pertanto egli avrebbe avuto diritto all’applicazione della disciplina previgente in base all’art.12 comma 5 lett. a) del d.l. n. 78 del 2010, la quale prevede una clausola di salvaguardia dall’applicazione delle nuove regole (e quindi anche della regola della decorrenza legata alla cd. “finestra” di 12 mesi) in capo ai lavoratori che avevano maturato i requisiti entro il 2011;
col secondo, motivo formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.5 cod. proc. civ., lamenta “Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (nello specifico il fatto che alla data del 31.12.2011 – al raggiungimento del requisito della contribuzione quarantennale – il ricorrente fosse un lavoratore collocato in mobilità sulla base di un accordo sindacale stipulato prima del 30 aprile 2010. Erroneità e ingiustizia del dispositivo della Sentenza impugnata”; il ricorrente sostiene che la Corte d’appello si sarebbe limitata a confermare la lettura delle norme seguita dal primo giudice, senza considerare che, essendo l’accordo di mobilità precedente all’anno 2010, la pensione avrebbe dovuto essere riconosciuta, in base alla precedente disciplina, almeno a far data dall’1.04.2012;
i motivi, da esaminarsi congiuntamente per evidente connessione sono infondati;
va premesso che il legislatore, ai commi 4 e 15 dell’art. 24, d.l. n. 201 del 2011 (conv. in l. n. 214 del 2011), coevamente all’introduzione delle nuove e più severe misure di accesso al trattamento pensionistico di cui ai commi 1 e ss., ha previsto un meccanismo di salvaguardia, consistente nell’ultrattività delle disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore della l. n. 214 del 2011, in favore di determinati soggetti fra i quali coloro che li avessero maturati entro il 31.12.2011, oltre che tutta un’altra platea di soggetti che, anteriormente all’entrata in vigore della riforma, avessero posto fine al rapporto di lavoro nella prospettiva di maturare il diritto alla pensione avvalendosi di istituti come la mobilità, l’integrazione al reddito a carico dei fondi di solidarietà, l prosecuzione volontaria della retribuzione, l’esonero, l’aspettativa speciale per l’assistenza ai figli disabili gravi o l’incentivo all’esodo (art. 24, co.14, d.l. n. 201 del 2011);
diversamente dalla disciplina precedente, che contemplava un doppio canale di salvaguardia (un regime transitorio di carattere generale e un sistema specificamente diretto ai lavoratori in esubero), la legge del 2011 dispone un unico meccanismo riservato a determinate categorie di lavoratori, ma a questi stessi limitatamente accessibile, in base alle risorse finanziarie stanziate (cfr. art. 24 comma 15 del d.l. n. 201 del 2011);
con riferimento ai requisiti pensionistici, l’art. 24, consente alla normativa vigente prima del 6 dicembre 2011 (data di entrata in vigore dei nuovi criteri), di produrre effetti fino al 31 dicembre 2011; il co.14, parte iniziale, recante “Normativa transitoria in materia di requisiti di accesso alla pensione e regime delle decorrenze”, da leggersi insieme al co.3 il quale conferma l’applicazione della normativa riguardante la “decorrenza del trattamento pensionistico”, sancisce che: “Le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del presente articolo continuano ad applicarsi ai soggetti che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011”;
come si desume dalla lettera della legge, l’ultrattività della disciplina precedente al 2012 costituisce, nella nuova previsione di legge, una salvaguardia generale che investe tutti i soggetti che, senza limitazioni, maturino i predetti requisiti (età, anzianità contributiva e decorrenza del trattamento) entro un medesimo termine, indicato dalla legge nel 31.12.2011;
la temporanea ultrattività dei requisiti meno severi di cui alle leggi anteriori alla riforma impatta col grave problema sociale ingenerato dalla previsione del contingentamento forzoso dei beneficiari dell’ultrattività della precedente e più favorevole disciplina di accesso al trattamento pensionistico, molti dei quali, pur appartenendo alle categorie indicate dal legislatore come meritevoli di conservarla, ne venivano esclusi per l’incapienza delle risorse a ciò destinate; la deroga, applicata ai lavoratori collocati in mobilità a seguito di accordi sindacali (cd. esodati) e prossimi al raggiungimento della pensione, limitata per motivi finanziari ad un ristretto numero di destinatari, ha visto l’estensione della platea dei beneficiari a più riprese, ad opera di interventi normativi ad hoc;
per quanto premesso, nel caso in esame il giudizio di merito ha accertato, anche per ammissione dello stesso odierno ricorrente, che l’anzianità contributiva di 40 anni utile a fruire del regime pensionistico anteriore meno gravoso, in quanto lavoratore “esodato”, era stata raggiunta a completamento del procedimento di ricongiunzione dei periodi contributivi;
del tutto inconferente il riferimento in ricorso al presunto giudicato interno formatosi sul raggiungimento del requisito contributivo, posto che l’accertamento istruttorio sul momento in cui il B. ha raggiunto l’anzianità pensionistica costituisce il cardine intorno al quale ruota l’intero impianto motivazionale della decisione; in particolare, ciò si desume dalla locuzione, a pag. 5 della sentenza, con cui la Corte d’appello afferma che “Senza questa domanda (n.d.r.: di valorizzazione dei contributi versati come lavoratore agricolo in misura di 2080) nessuna ricongiunzione nel fondo lavoratori dipendenti poteva essere effettuata dall’INPS che ha agito applicando la normativa in favore dei lavoratori in mobilità ex lege n. 122 del 2010”;
l’accertamento oggetto del giudizio di appello disattende l’esistenza del giudicato interno quanto al raggiungimento dell’anzianità contributiva in capo al B. prima della domanda di ricongiunzione, e dunque, la statuizione secondo cui egli all’epoca della prima domanda non avesse ancora maturato il requisito, conserva tutta la sua validità;
ciò posto, correttamente i giudici territoriali hanno ritenuto che la proposizione normativa secondo cui ai lavoratori beneficiari del regime derogatorio “continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell’art. 24 del d.l.n. 201 del 2011 andasse interpretata nel senso di un richiamo alla disciplina previgente nella sua interezza, ivi compreso, dunque, l’art. 12, comma 12 ter, della l. n. 122 del 2010, antecedente al d.l. n. 201 del 2011, che aveva previsto il progressivo innalzamento dell’età pensionabile;
il senso da attribuire al regime derogatorio di cui all’art. 24 della l.n. 201 del 2011 è sì quello di concedere ai beneficiari la possibilità di ottenere la pensione secondo i criteri anteriori alla riforma, ma non anche quello di cristallizzare detti criteri e requisiti, così che è pienamente compatibile con la ratio legis la conservazione, pur entro la disposta deroga, degli effetti di differimento determinati dall’applicazione dell’art. 12 comma 1 ter della l. n. 122 del 2010, il quale contempla un meccanismo periodico d’innalzamento sia dei requisiti di accesso che di decorrenza del trattamento fondati sul dato temporale;
del trattamento fondati sul dato temporale;
diversamente argomentando, la deroga accordata ai lavoratori destinatari dell’art. 24, comma 14 del d.l. n. 201 del 2011 finirebbe col concernere non soltanto la non applicazione delle nuove disposizioni di cui all’art. 24, co.1 e ss., ma altresì delle norme anteriori, destinate a trovare applicazione successivamente al 6.12.2011 (data di entrata in vigore del d.l. n. 201), al maturare delle condizioni temporali di volta in volta stabilite (cfr. in termini Cass. n. 31339 del 2022, resa in un caso analogo a quello oggetto dell’odierno ricorso);
pertanto, nel caso in esame, correttamente la Corte territoriale ha applicato il regime della cd. finestra personalizzata prevista dall’art. 12, commi 1 e 2 del d.l. n. 78 del 2010, procurando lo slittamento di dodici medi del termine di corresponsione del trattamento a far data dal raggiungimento del requisito contributivo da parte dell’interessato;
in conclusione, la disciplina derogatoria, da un lato ha l’effetto di includere il B., lavoratore esodato, nella salvaguardia di cui all’art. 24, co.14, per effetto dell’attribuzione ex lege di ultrattività alle norme precedenti in presenza delle altre condizioni richieste, per altro verso, pospone la materiale decorrenza del trattamento, dovendo ritenersi che il regime delle cd. ”finestre personalizzate”, costituisca parte sostanziale e necessaria del regime normativo derogatorio “di salvaguardia” contemplato dall’art. 24;
in definitiva, il ricorso va rigettato; si ravvisano giusti motivi per compensare le spese di lite, tenuto conto della novità e complessità delle questioni trattate;
motivi per compensare le spese di lite, tenuto conto della novità e complessità delle questioni trattate;
in considerazione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.