Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, il CNF ritiene che il rilascio del certificato di compiuta pratica costituisca un'eccezione al divieto di cancellazione d'ufficio dall'albo.
Con il parere n. 5 del 3 febbraio 2021, il Consiglio Nazionale Forense risponde al quesito sottopostogli dal COA di Piacenza, riguardante la possibilità di procedere «alla cancellazione d'ufficio di un praticante abilitato al patrocinio sostitutivo, per intervenuta scadenza dei termini, nonostante il medesimo sia stato sospeso per mancato pagamento dei contributi ai sensi dell'art. 6 Reg. CNF n. 3/2013, con conseguente invio degli atti al CDD che, tuttavia, non ha approvato il capo di imputazione».
In risposta al quesito, il CNF ricorda anzitutto un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, sebbene il divieto di cancellazione dall'albo, elenco o registro forense dell'iscritto che sia sottoposto a procedimento disciplinare sia diretto ad evitare che l'inquisito possa sottrarsi al procedimento disciplinare, esistono tuttavia delle eccezioni, quali:
- l'ipotesi di sopravvenuta incompatibilità professionale ovvero perdita dei requisiti di legge necessari per l'iscrizione;
- l'ipotesi di esercizio da parte dell'Ordine del potere-dovere di annullamento d'ufficio dell'iscrizione stessa per mancanza ab origine di uno dei requisiti de quibus.
Secondo il CNF, la fattispecie applicabile al caso in esame è quella prevista al comma 10, lett. b) dell'
Pertanto, alla luce delle considerazioni sopra esposte, il CNF ritiene che il caso sottopostogli costituisce una delle ipotesi in cui non opera il divieto di cancellazione in pendenza di un procedimento penale e risponde al quesito in senso affermativo.
Consiglio nazionale forense, parere n. 5 del 3 febbraio 2021
Il COA di Piacenza chiede di sapere se sia possibile procedere alla cancellazione d’ufficio di un praticante abilitato al patrocinio sostitutivo, per intervenuta scadenza dei termini, nonostante il medesimo sia stato sospeso per mancato pagamento dei contributi ai sensi dell’art. 6 del Reg. CNF n. 3/2013, con conseguente invio degli atti al CDD che, tuttavia, non ha approvato il capo di incolpazione.
L’operatività del divieto di cancellazione dell’iscritto in pendenza di procedimento disciplinare ha conosciuto, nel tempo, alcuni temperamenti, espressi da un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza domestica: “Il divieto di cancellazione dall’albo, elenco o registro forense dell’iscritto che sia sottoposto a procedimento disciplinare (artt. 17, co. 16, e 53 L. n. 247/2012, già art. 37, penultimo comma, RDL n. 1578/1933) è diretto ad evitare che l’inquisito possa sottrarsi al procedimento disciplinare (atteso che con la cancellazione verrebbe meno il potere di supremazia speciale di cui gode l’Ordine nei soli confronti dei propri iscritti) ed opera dal giorno dell’invio degli atti al CDD fino alla definizione del procedimento stesso. Il divieto in parola non trova tuttavia applicazione: a) nelle ipotesi di sopravvenuta incompatibilità professionale ovvero perdita dei requisiti di legge necessari per l’iscrizione (art. 17, commi 1 e 2), nonché b) nell’ipotesi di esercizio da parte dell’Ordine del potere-dovere di annullamento d’ufficio dell’iscrizione stessa per mancanza ab origine di uno dei requisiti de quibus (art. 17, comma 12, L. n. 247/2012)” (Consiglio Nazionale Forense (pres. Mascherin, rel. Di Campli), sentenza n. 193 del 19 dicembre 2019, in massima).
Con riferimento alla fattispecie oggetto del quesito, può essere richiamato il costante orientamento espresso in numerosi pareri e sentenze e relativo alla cancellazione d’ufficio del praticante abilitato una volta terminato il periodo quinquennale di abilitazione. Cfr. ad esempio parere n. 19/2020.
D’altra parte, l’art. 17, comma 10, lett. b), espressamente dispone che la cancellazione dal registro “è deliberata” dopo il rilascio del certificato di compiuta pratica, che non può più essere richiesto decorsi sei anni dall’inizio, per la prima volta della pratica; e precisa altresì che l’iscrizione può tuttavia permanere per tutto il tempo per cui è stata o poteva essere chiesta l’abilitazione al patrocinio sostitutivo (tale termine, ai sensi dell’articolo 41, comma 12, della medesima legge, è di anni cinque). La sussistenza di uno specifico obbligo di cancellazione in capo al COA, come previsto dalla legge al verificarsi delle condizioni previste, determina – in tale momento – la perdita dei requisiti di legge per l’iscrizione. Alla luce della giurisprudenza prima richiamata, pertanto, si è in presenza di una delle ipotesi in cui non opera il divieto di cancellazione in pendenza di procedimento disciplinare.
In questi termini è reso il parere.