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31 maggio 2022 Avvocati
La presunzione di non colpevolezza opera anche nei procedimenti disciplinari a carico degli avvocati
Viene in essere un ragionevole dubbio sulla sussistenza della responsabilità dell'incolpato, che va prosciolto dall'addebito, quando la prova della violazione deontologica non è stata sufficientemente raggiunta.
di La Redazione
La Sezione Giudicante del CDD, ricevuto un esposto con cui si censurava il comportamento osservato da un'avvocatessa in occasione dell'espletamento dell'incarico affidatole, apriva un procedimento disciplinare contestando all'incolpata più violazione del Codice di Deontologia Forense. Non avendo ricevuto deduzioni o difese, la Sezione considerava provata la responsabilità della donna e sulla base di ciò le comminava la sanzione della sospensione dall'esercizio dell'attività professionale di tre mesi per aver:
- ricevuto dall'esponente l'incarico di trattare un sinistro stradale e di aver ottenuto un parziale risarcimento di €. 600,00 che il cliente tratteneva in acconto e versava all'avvocatessa per le sue competenze, omettendo ogni altra attività dovuta e necessaria per il risarcimento del danno;
- omesso di restituire atti e documenti consegnati dal cliente per l'espletamento dell'incarico nonostante la richiesta fatta dal nuovo difensore.
Difendendosi personalmente, la professionista ha proposto ricorso dinanzi al CNF lamentando l'infondatezza della sanzione applicata poiché basata sull'interpretazione contraddittoria e lacunosa delle circostanze di fatto oltre che su mere presunzioni.
In risposta alle ragioni, il CNF rammenta innanzitutto un principio fondamentale in tema di responsabilità disciplinare, secondo cui «va accolto il ricorso avverso la decisione del Consiglio territoriale allorquando la prova della violazione deontologica non si possa ritenere sufficientemente raggiunta, per mancanza di prove certe o per contraddittorietà delle stesse, giacché l'insufficienza di prova su un fatto induce a ritenere fondato un ragionevole dubbio sulla sussistenza della responsabilità dell'incolpato, che pertanto va prosciolto dall'addebito».
Passando poi alla rassegna dei fatti in causa, non risulta nessun compenso ricevuto dalla ricorrente, così come pacificamente provato dalla quietanza rilasciata alla esponente in cui viene precisato che la somma di euro 600,00 era stata consegnata alla professionista ricorrente per liquidare parte di prestazioni professionali altrui. Da ciò risulta evidente la non veridicità dell'esponente nel lamentare che tale importo fosse stato corrisposto a titolo di compensi e del relativo mancato adempimento agli obblighi fiscali, così come di non essere in possesso di atti pertinenti al sinistro de quo. Ma anzi, risulta provato che ella era in possesso degli stessi e soltanto in un momento successivo, quello di presentazione dell'esposto, si è lamentata della mancata consegna di altra documentazione relativa alla fase stragiudiziale, che in ipotesi il nuovo difensore avrebbe ben potuto procurarsi. Da ultimo, riguardo alla ipotetica negligenza professionale essa non è né desumibile, né dedotta e circostanziata dall'esponente.
Sulla base di ciò, e del principio sopra esposto, il ricorso viene accolto con sentenza n. 14 del 22 marzo 2022.