
Le condotte dell'avvocato nella vita privata si riflettono infatti negativamente sull'attività professionale e compromettono l'immagine dell'avvocatura e la credibilità della categoria.
La vicenda trae origine dalla decisione del CDD di Firenze di irrogare all'attuale ricorrente la sanzione disciplinare della radiazione poiché egli, nelle vesti di tutore, aveva illecitamente operato sul conto corrente della beneficiaria traendo e/o utilizzando 48 assegni bancari ed uno circolare per scopi estranei alla tutela, oltre ad avere prelevato dallo stesso conto della signora un'ingente quantità di denaro per scopi ignoti, ma comunque estranei alla tutela. Inoltre, lo stesso avvocato aveva omesso di presentare al Giudice Tutelare i rendiconti annuali della tutela fino a quando nel 2015 fu ufficialmente sostituito.
Contro tale decisione, l'avvocato propone ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense.
Con sentenza n. 112 del 25 giugno 2022, il CNF rigetta il ricorso proposto dall'avvocato, confermando il fatto che i capi di incolpazione riproducono sostanzialmente quelli oggetto del processo penale che si era concluso con sentenza di condanna a carico del ricorrente, ma gli stessi fatti rappresentano dal punto di vista disciplinare le violazioni deontologiche richiamate nei capi di imputazione, visto che i fatti sono stati commessi in dispregio dei doveri di correttezza, lealtà, probità e decoro. Ancora, il CNF afferma che è irrilevante il fatto che le appropriazioni indebite e le omissioni contestate siano state poste in essere nelle vesti di tutore e non di avvocato, poiché «i comportamenti del professionista nella vita privata si riflettono negativamente sull'attività professionale e compromettono l'immagine dell'avvocatura e la credibilità della categoria».
Alla luce di ciò, il CNF rigetta il ricorso.