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4 aprile 2024 Deontologia forense
Produrre in giudizio corrispondenza riservata è illecito istantaneo
Ai fini della prescrizione dell'azione disciplinare, la violazione del divieto previsto dall'art. 48 c.d.f. è un illecito deontologico di carattere istantaneo, che si consuma ed esaurisce al momento stesso della produzione in giudizio della corrispondenza riservata tra colleghi.
di La Redazione

L'avvocato ricorrente impugnava la decisione del CDD di Firenze, con la quale dichiarava l'avvocato responsabile delle incolpazioni a lui ascritte, infliggendogli la sanzione disciplinare della censura.

L'avvocato era stato sottoposto a procedimento disciplinare per rispondere dei fatti rilevanti sul piano deontologico, ossia violazione degli artt. 9, 19 e 48 c. 1 c.d.f., per essere venuto meno ai doveri di lealtà, correttezza, probità, dignità e decoro e al dovere di correttezza e lealtà nei confronti dei colleghi, per avere prodotto in più cause civili la corrispondenza inviata al Collega contenente una proposta transattiva e la comunicazione dell'avvocato A. in risposta a tale proposta.

Con esposto l'avvocato A. chiedeva al COA di Firenze di valutare la rilevanza deontologica del comportamento dell'avvocato ricorrente il quale, nell'ambito di un procedimento di sfratto per morosità, ove tutelava la parte intimata e di successivi giudizi a questo collegati e conseguenti, aveva depositato la corrispondenza scambiata con l'esponente, Collega di controparte, relativa ad una proposta transattiva.

L'incolpato sosteneva l'infondatezza dell'esposto in quanto la comunicazione dallo stesso inviata all'esponente non era soggetta alle limitazioni previste dall'art. 48 c.d.f. sia perché non qualificata espressamente come "riservata e non producibile in giudizio" sia perché non conteneva una vera e propria proposta, trattandosi in realtà di una proposta di pagamento rateale dell'intero credito vantato da controparte.

La proposta avanzata da parte dell'incolpato risulta caratterizzata dalla reciprocità delle concessioni delle parti richiesta dall'art. 1965 quale requisito per l'integrazione di una transazione e come tale è soggetta al divieto di produzione in giudizio dai sensi dell'art. 48 c.d.f.. pertanto, in applicazione di detta norma sono riservate, e come tali non producibili in giudizio, non soltanto le comunicazioni oggettivamente qualificate come tali ma anche la corrispondenza che, pur non essendo qualificata espressamente come riservata, contenga proposte transattive scambiate con i colleghi e le relative risposte.

La questione prosegue dinanzi alla Consiglio Nazionale Forense.

Preliminarmente alla trattazione del merito dell'impugnativa, deve essere affrontata la questione relativa alla prescrizione dell'azione disciplinare.

La prescrizione dell'azione disciplinare può essere rilevata ex officio, dunque, è necessario verificare prima se, nel caso di specie, sia o meno decorso il tempus prescriptionis.

I fatti per i quali è stata comminata la censura all'avvocato in sede disciplinare sono stati posti in essere fino al 16 ottobre 2014, quindi, dopo il 2 febbraio 2013, data di entrata in vigore della L. n. 247/2012, con conseguente applicazione della disciplina della prescrizione recata dalla nuova legge professionale, in particolare laddove (art. 56) essa individua una durata massima per l'azione disciplinare di 7 anni e 6 mesi, a prescindere dagli atti interruttivi ed al netto di eventuali sospensioni.

precisazione

L'illecito contestato soggiace, pertanto, alla disciplina recata dalla L. n. 247/2012, e trova, dunque, pacifica applicazione la previsione di cui all'art. 56 c.d.f. (Prescrizione dell'azione disciplinare), a mente del quale, come noto: «1. L'azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto. 2. Nel caso di condanna penale per reato non colposo, la prescrizione per la riapertura del giudizio disciplinare, ai sensi dell'articolo 55, è di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna. 3. Il termine della prescrizione è interrotto con la comunicazione all'iscritto della notizia dell'illecito. Il termine è interrotto anche dalla notifica della decisione del consiglio distrettuale di disciplina e della sentenza pronunciata dal CNF su ricorso. Da ogni interruzione decorre un nuovo termine della durata di cinque anni. Se gli atti interruttivi sono più di uno, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi, ma in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto. Non si computa il tempo delle eventuali sospensioni».

precisazione

La giurisprudenza di legittimità ha affermato recentemente che «Nel nuovo ordinamento professionale forense (L. n. 247/2012), che sotto questo profilo segue criteri di matrice penalistica, l'azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto (art. 56, co. 1) e in nessun caso, quindi al di là degli effetti della sospensione e dell'interruzione, il termine stesso può essere prolungato di oltre un quarto (art. 56, co. 3), cioè sette anni e mezzo dal fatto di rilevanza deontologica; ciò, a differenza della disciplina previgente (art. 51 RDL n. 1578/1933), la quale era invece ispirata a un criterio di natura civilistica, secondo cui la prescrizione, una volta interrotta, riprendeva a decorrere nuovamente per altri cinque anni».

Nel caso di specie, l'illecito contestato all'avvocato ha natura istantanea, sino alla data indicata nel capo di incolpazione, e quindi, il dies a quo per computare il termine di prescrizione va individuato nel 16 ottobre 2014.

Nel caso di specie, il termine massimo di 7 anni e 6 mesi, previsto dall'art. 56 della legge professionale, è maturato il 16 aprile 2022. Con conseguente prescrizione dell'azione disciplinare in relazione all'illecito contestato.

Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 2 del 22 gennaio 2024, dichiara prescritta l'azione disciplinare. 

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