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1 aprile 2021
Incostituzionale il divieto di prevalenza dell'attenuante del concorso anomalo sulla recidiva reiterata

Con la sentenza n. 55/2021, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, comma 4, c.p. nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 116, comma 2, c.p. sulla recidiva ex art. 99, comma 4, c.p., in quanto contrasta con il principio di proporzionalità della pena.

a cura di La Redazione

Il Tribunale di Firenze sollevava questioni di legittimità costituzionale dell'art. 69, comma 4, c.p. (come sostituito dall'art. 3, L. n. 251/2005) con riferimento agli artt. 3 e 27, comma 3, Cost., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante oggetto dell'art. 116, comma 2, c.p. sulla circostanza aggravante della recidiva exart. 99, comma 4, c.p..
La vicenda oggetto di causa dinanzi al Tribunale di Firenze vede protagonisti due imputati per il reato di cui agli artt. 110,116 e 628, comma 2, c.p., poiché in concorso tra loro sottraevano dagli scaffali di un supermercato alcuni generi alimentari con violenza posta in essere da parte di uno dei due subito dopo la sottrazione. All'imputato che non aveva posto in essere anche la condotta di violenza, invece, era stata contestata anche la recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale.

La Corte Costituzionale dichiara le suddette questioni fondate, osservando come il comma 1 dell'art. 116 c.p. preveda il caso in cui il reato commesso sia differente da quello voluto da uno dei concorrenti, prevedendo che quest'ultimo ne risponda qualora l'evento sia conseguenza della sua azione/omissione. Tuttavia, quando il reato commesso risulti essere più grave rispetto a quello voluto, il comma 2 dell'art. 116 prevede che la pena sia diminuita.
Ora, quando tale diminuente concorre con l'aggravante della recidiva ex art. 99, comma 4, c.p., il giudizio di prevalenza è impedito dalla disposizione oggetto di censura e, di conseguenza, anche la diminuente, rimanendo possibile solamente il giudizio di equivalenza a favore dell'imputato. Ciò è accaduto a seguito della L. n. 251/2005 che, riformulando il comma 4 dell'art. 99 citato, ha introdotto il divieto di prevalenza di qualsiasi circostanza attenuante in caso di recidiva reiterata, precludendo al giudice di applicare la relativa diminuzione di pena. In realtà, la Consulta ha già avuto modo di affermare che sono costituzionalmente ammissibili deroghe al regime ordinario del bilanciamento tra circostanze, sempre che esse non «trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell'arbitrio» e non potendo in ogni caso arrivare ad alterare gli equilibri costituzionalmente imposti sulla strutturazione della responsabilità penale.

Ciò posto, la Corte confronta la struttura della fattispecie contenuta nell'art. 116 c.p. con il principio della personalità della responsabilità penale posto dall'art. 27, comma 1, Cost.. A tal fine, osserva che quando due o più persone si accordino per commettere un reato, rispondono tutte perché quest'ultimo è stato “voluto” da ciascuno, dunque sussiste il dolo seppur con diverso grado di intensità e di partecipazione causale. L'art. 116, comma 1, c.p., però, concerne l'ipotesi in cui un concorrente risponda del reato «diverso da quello voluto», stabilendo che egli comunque ne risponde poiché, anche se diverso da quello voluto, il reato commesso è conseguenza della sua azione/omissione, essendo comunque necessario un elemento soggettivo anche in mancanza di dolo che si identifica con «un coefficiente di partecipazione anche psichica». Tuttavia, il trattamento sanzionatorio resta quello previsto per il reato doloso. Proprio qui, prosegue la Corte Costituzionale, soccorre il comma 2 dell'art. 116, allo scopo di operare una diversificazione necessaria in relazione alla dosimetria della pena, in quanto essa non può essere la stessa quando il reato commesso sia più grave di quello voluto.

Per questa ragione, il divieto inderogabile di prevalenza dell'attenuante in esame non è compatibile con il principio costituzionale di determinazione di una pena proporzionata, il quale esige che la pena sia calibrata in modo adeguato al contenuto concreto di offensività del fatto di reato per gli interessi protetti e al disvalore soggettivo del fatto stesso. Inoltre, «il quantum di disvalore soggettivo dipende in maniera determinante non solo dal contenuto della volontà criminosa (dolosa o colposa) e dal grado del dolo o della colpa, ma anche dalla eventuale presenza di fattori che hanno influito sul processo motivazionale dell'autore, rendendolo più o meno rimproverabile».
La Corte conclude, dunque, affermando che «la sproporzione della pena rispetto alla rimproverabilità del fatto posto in essere, globalmente considerato, conseguente al divieto di prevalenza censurato, determina un trattamento sanzionatorio che impedisce alla pena di esplicare la propria funzione rieducativa con violazione dell'art. 27 Cost.».

Per le argomentazioni esposte, la Consulta dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, comma 4, c.p., come sostituito dall'art. 3 L. n. 251/2005 nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 116, comma 2, c.p. sulla recidiva oggetto del comma 4 dell'art. 99 c.p..

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