L'intervento finalizzato alla realizzazione del cappotto termico di un edificio condominiale va ricompreso tra quelli destinati al vantaggio comune e goduti dall'intera collettività condominiale, pertanto le spese ad esso relative devono essere sostenute da tutti i condomini.
La Corte d'Appello di Trento confermava la sentenza con cui il Tribunale aveva respinto le domande proposte dagli attuali ricorrenti nei confronti del Condominio, le quali erano volte all'impugnazione delle delibere assembleari con cui erano state ripartite le spese straordinarie sostenute per la coibentazione dell'immobile condominiale.
Contro tale decisione, i ricorrenti si rivolgevano alla Corte di Cassazione, deducendo, tra i diversi motivi, il fatto che i lavori eseguiti per la realizzazione del cappotto di coibentazione consistessero in innovazioni gravose e voluttuarie, le cui spese dovevano ripartirsi exart. 1121 c.c..
Con l'ordinanza n. 10371 del 20 aprile 2021, la Suprema Corte dichiara il suddetto motivo di ricorso inammissibile, confermando l'assunto del Giudice di seconde cure in base al quale «i lavori di coibentazione eseguiti permettono un risparmio energetico che compensa l'investimento iniziale e producono un costo parzialmente detraibile fiscalmente», non potendo qualificarsi come interventi di innovazione gravosa e/o voluttuaria ai sensi dell'
A tal proposito, gli Ermellini ribadiscono che si intendono voluttuarie quelle innovazioni, per le quali è consentito al singolo condomino di sottrarsi alla relativa spesa, che incidono sull'entità sostanziale ovvero sulla destinazione della cosa comune che sono tuttavia prive di un'utilità oggettiva; si considerano, invece, gravose, quelle innovazioni caratterizzate da notevole onerosità rispetto alle condizioni particolari e all'importanza dell'edificio.
Venendo al caso in oggetto, la realizzazione di un cappotto termico sulle superfici esterne del condominio, poiché finalizzate al miglioramento della sua efficienza energetica, non dà luogo ad un'opera che possa considerarsi suscettibile di un utilizzo separato, né, una volta eseguita, configura una cosa che è destinata a servire i condomini in misura differenziata, in modo tale da poterne ripartire le spese a seconda dell'utilizzo individuale.
Ciò si spiega in quanto il suddetto cappotto è volto alla coibentazione del fabbricato in funzione di protezione dagli agenti termici, trattandosi, dunque, di un intervento a vantaggio comune di cui gode l'intera collettività condominiale. Da ciò deriva che, qualora la realizzazione del cappotto termico sia stata deliberata dall'assemblea, trova applicazione l'
Ciò considerato, la Suprema Corte rigetta il ricorso.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. M.S., M.R., C.I., Co.El. e la M. s.n.c. di M.S. & c. hanno proposto ricorso articolato in otto motivi avverso la sentenza della Corte d'appello di Trento n. 362/2015, pubblicata in data 13 novembre 2015,.
Resiste con controricorso il Condominio (omissis).
2. La Corte d'appello ha confermato la sentenza 20 maggio 2014 del Tribunale di Trento, con la quale vennero respinte tutte le domande proposte da M.S., M.R., C.I., Co.El. e la M. s.n.c. di M.S. & c. in due distinti giudizi, poi riuniti, instaurati il 10 maggio 2012 ed il 29 agosto 2012 nei confronti del Condominio (omissis). Le domande attenevano all'impugnazione di due Delib. Assembleari 10 aprile 2012 e Delib. Assembleari 2 agosto 2012, con cui erano state ripartite fra i condomini le spese straordinarie sostenute per la coibentazione dell'immobile condominiale (accollando agli attori l'importo pari ad Euro 13.648.42), all'accertamento dell'avvenuto pagamento ad opera di terzi e dell'indebita pretesa di contribuzione da parte del condominio, nonchè alla restituzione di quanto già corrisposto a seguito di intimazione di decreto ingiuntivo.
3. La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell'art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c.. I ricorrenti hanno depositato memoria.
4. Gli otto motivi di ricorso recano in rubrica soltanto un rinvio alla parte della sentenza impugnata che ha rispettivamente rigettato i nove motivi di appello, nonchè un sistematico riferimento ai numeri 3, 4, e 5 dell'art. 360 c.p.c. 4.1. Il primo motivo del ricorso di M.S., M.R., C.I., Co.El. e della M. s.n.c. si riferisce alla parte della sentenza impugnata in cui si è affermato che "l'onere della prova circa la natura di innovazione gravosa e voluttuaria incombeva sulla parte odierna appellante attrice in primo grado". Nel corso della esposizione della censura si adduce l'omesso esame di fatti decisivi, la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1121 c.c. e l'omessa motivazione. Si assume dai ricorrenti che i lavori eseguiti per la realizzazione del cappotto di coibentazione consistevano in innovazioni gravose e voluttuarie, le cui spese dovevano ripartirsi ai sensi dell'art. 1121 c.c.. La Corte d'appello avrebbe altresì omesso di esaminare la "separata utilizzabilità" dell'opera, agli effetti dell'art. 1121 c.c., comma 2. I lavori di coibentazione non avrebbero riguardato i piani interrati, di cui sono titolari i ricorrenti.
4.2. Il secondo motivo di ricorso censura la parte della sentenza della Corte di Trento che ha affermato che l'obbligo degli appellanti di partecipare alle spese sostenute per la coibentazione del fabbricato discendesse dalla Delib. approvazione delle opere 20 giugno 2011, non impugnata, non avendo quindi rilievo le Delib. 10 aprile 2012 e Delib. 2 agosto 2012, le quali avevano unicamente ripartito le spese derivanti da quelle opere. Questa censura sostiene che i ricorrenti non avessero interesse ad impugnare la Delib. 20 giugno 2011, in quanto, quali proprietari dei magazzini interrati, essi non erano titolari di diritti reali su nessuna delle unità immobiliari beneficiate dalla coibentazione: riguardo a tale Delib., si dice che "non imputava loro alcuna spesa, limitandosi ad approvare, quale presupposto necessario per la loro esecuzione, i lavori di installazione del cappotto". La Corte d'appello avrebbe omesso di esaminare la "godibilità in misura diversa della coibentazione" e la "natura delle spese de quibus", e così pure violato e/o falsamente applicato l'art. 1123 c.c..
4.3. Il terzo motivo di ricorso si riferisce alla parte della sentenza impugnata ove è stato affermato che fosse onere degli attori provare "una eventuale autonomia strutturale dei locali di proprietà rispetto al corpo condominiale". Si contrappone dai ricorrenti che essi avevano provato che i locali loro appartenenti non beneficiavano della coibentazione.
4.4. Il quarto motivo di ricorso attiene alla parte della sentenza inerente al motivo di gravame sulla non appartenenza agli attori di diritti in ordine ai tredici appartamenti, in quanto titolari di unità immobiliari interrate. La Corte di Trento ha affermato che non era stato allegato nè provato che i locali degli appellanti fossero strutturalmente autonomi rispetto al corpo condominiale. I ricorrenti oppongono di aver "documentalmente provato (...) che i locali de quibus sono strutturalmente autonomi e che non beneficiano - non potendo beneficiarne nè potenzialmente nè effettivamente - della coibentazione".
4.5. Il quinto motivo di ricorso lamenta che la Corte d'appello, trattandosi di "interventi sui muri perimetrali" di "tinteggiatura, conseguente all'applicazione del cd. cappotto e riposizionamento delle grondaie", e dunque di "spese comunque comuni a tutti i condomini", non abbia considerato la mancata dimostrazione di un "miglioramento del decoro architettonico di cui avrebbe beneficiato la facciata dell'edificio", miglioramento, anzi, smentito dalle risultanze istruttorie.
4.6. Il sesto motivo di ricorso censura la parte della sentenza che ha ritenuto non applicabile l'art. 1180 c.c., essendo state pagate le fatture della impresa Postai direttamente dal Condominio (per godere dei benefici fiscali connessi all'esecuzione dei lavori finalizzati al risparmio energetico) e non dai singoli condomini pro quota, e perciò sussistendo la legittimazione dello stesso Condominio ex art. 1203 c.c., n. 3, ad esigere il pagamento di tali importi dai morosi. La complessa censura contenuta nel sesto motivo sostiene che "l'obbligazione condominiale, sia essa interna o esterna, ha natura parziaria e concerne il rapporto fra ciascun condomino ed il suo creditore". Nel caso di specie, gli altri condomini, soggetti terzi, avrebbero adempiuto all'obbligazione arbitrariamente imputata ai ricorrenti, senza peraltro surrogarsi nei diritti del creditore, con tutte le conseguenze di cui all'art. 1180 c.c.. Si critica pure l'affermazione della Corte d'appello che ravvisa altrimenti una "donazione indiretta" priva di causa compiuta dal condominio.
4.7. Il settimo motivo di ricorso si riferisce alla parte della sentenza che avrebbe omesso ogni motivazione in ordine alla domanda, formulata in via sumrdinata, correlataall'accertamento che la somma di Euro 13.517,48 non fosse dovuta perchè mai approvata dall'assemblea condominiale. La Corte di Trento aveva spiegato che tali spese trovavano il loro fondamento nella Delib. 20 giugno 2011, la quale aveva approvato il preventivo delle spese di coibentazione. Sul punto i ricorrenti ritengono "sufficiente richiamare quanto già sopra dedotto".
4.8. Con l'ottavo motivo i ricorrenti lamentano l'omessa motivazione in relazione alla domanda di declaratoria di nullità o annullamento della Delib. Condominiale 2 agosto 2012. La Corte di Trento ha ritenuto che i motivi 8 e 9 di appello fossero inammissibili ex art. 342 c.p.c.. Sostengono i ricorrenti che "gli argomenti in quella sede svolti, diversamente da quanto ritenuto dal secondo giudice, non sono astratti poichè si riferiscono, in generale, all'intera sentenza di primo grado".
5. Tutti i motivi di ricorso, ad eccezione del sesto, possono essere esaminati congiuntamente, in quanto all'evidenza connessi, ed anzi del tutto interdipendenti, essendo basati su identiche considerazioni di diritto e di fatto.
5.1. I motivi primo, secondo, terzo, quarto, quinto, settimo ed ottavo del ricorso denotano diffusi comuni profili di inammissibilità: ciascuna censura è infatti strutturata nel senso di premettere una determinata parte del giudizio espresso nella sentenza impugnata e poi di individuarne l'errore mediante richiamo dei corrispondenti motivi di appello, che si assumono insoddisfatti dalla motivazione espressa in secondo grado.
Non sussistono le ipotizzate molteplici violazioni dell'art. 132 c.p.c., n. 4 e dell'art. 118 disp. att. c.p.c., in quanto la sentenza della Corte d'appello di Trento contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.
Non sussiste neppure alcuno degli altrettanto molteplici vizi ipotizzati di omesso esame ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (come riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134), giacchè nessuna delle censure fa riferimento realmente ad un "fatto storico", principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).
Tutti i "fatti", come tutte le "questioni" e le "domande", poste dagli attori ed appellanti e richiamate in ricorso, risultano, invero, presi in considerazione dalla Corte d'appello, non essendo altrimenti significativo, ai fini della cassazione della sentenza, che la stessa non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.
Sono piuttosto i motivi di ricorso che, non osservando i requisiti imposti dall'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, dimostrano di non considerare alcune argomentazioni decisorie essenziali della sentenza impugnata, quale, ad esempio, quella ivi contenuta a pagina 9, dove veniva detto che la natura di innovazione gravosa e/o voluttuaria non si attagliava al caso di specie, "posto che i lavori di coibentazione permettono a lungo termine un risparmio energetico che ripaga ampiamente la eventuale gravosità della spesa iniziale, peraltro in parte fiscalmente detraibile".
I sette motivi in esame sono, inoltre, fondati su tre delibere assembleari, il cui contenuto non viene specificato, come prescritto dall'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4.
Tutte queste censure sono poi essenzialmente rivolte a sovvertire gli accertamenti di fatto che sono a base della decisione della Corte di Trento e che costituiscono frutto dell'apprezzamento riservato ai giudici dei merito, auspicandosi inammissibilmente dalla Corte di cassazione un rinnovato accesso diretto agli atti ed una diversa valutazione inferenziale delle risultanze istruttorie.
6. Si ha riguardo, per quanto accertato in fatto, ad un intervento di miglioramento dell'efficienza energetica del fabbricato condominiale consistente nella realizzazione di un isolamento termico delle superfici che interessano l'involucro dell'edificio (cosiddetto "cappotto termico"), nonchè nella esecuzione delle collegate opere accessorie e di ripristino della facciata, intervento variamente agevolato normativamente anche sotto il profilo fiscale (si vedano indicativamente l'art. 1120 c.c., comma 2, n. 2, come inserito dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, e da ultimo D.L. 19 maggio 2020, n. 34, art. 119, come sostituito dalla Legge di Conversione 17 luglio 2020, n. 77 e poi modificato dal D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126).
Parimenti è accertato in fatto che l'intervento di coibentazione era stato approvato con deliberazione approvata dall'assemblea del Condominio (OMISSIS) il 20 giugno 2011, mentre poi le Delib. 10 aprile 2012 e del Delib. 2 agosto 2012, impugnate ex art. 1137, nel presente giudizio, avevano provveduto alla ripartizione delle spese per l'innovazione precedentemente deliberata.
6.1. La Corte d'appello di Trento ha affermato che l'intervento oggetto di lite non potesse qualificarsi come "innovazione gravosa e/o voluttuaria", ai sensi dell'art. 1121 c.c., i quanto i lavori di coibentazione eseguiti permettono un risparmio energetico che compensa l'investimento iniziale e producono un costo parzialmente detraibile fiscalmente.
L'argomentazione dei giudici di merito è conforme all'interpretazione che questa Corte presceglie della norma indicata: si intendono innovazioni voluttuarie, per le quali è consentito al singolo condomino, ai sensi dell'art. 1121 c.c., di sottrarsi alla relativa spesa, quelle nuove opere che incidono sull'entità sostanziale o sulla destinazione della cosa comune che sono tuttavia prive di oggettiva utilità, mentre sono innovazioni gravose quelle caratterizzate da una notevole onerosità rispetto alle particolari condizioni e all'importanza dell'edificio, e ciò sulla base di un accertamento di fatto devoluto al giudice del merito ed incensurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua (Cass. Sez. 2, 18/01/1984, n. 428; Cass. Sez. 2, 23/04/1981, n. 2408).
In particolare, le innovazioni voluttuarie, consentite dal comma 1 e vietate dal comma 2 dell'art. 1121 c.c., a seconda che consistano, o meno, in opere suscettibili di utilizzazione separata, sono quelle che, per la loro natura, estensione e modalità di realizzazione, esorbitino apprezzabilmente dai limiti della conservazione, del ripristino o del miglior godimento della cosa comune, per entrare nel campo del mero abbellimento e/o del superfluo (Cass. Sez. 2, 08/06/1995, n. 6496).
6.2. L'inapplicabilità della disciplina di cui all'art. 1121 c.c., nel caso in esame, discende altresì dall'essenziale considerazione che tale norma postula che il condomino che non voglia partecipare alle spese per una innovazione gravosa o voluttuaria, approfittando della eccezionale causa di esonero dalla obbligatorietà per tutti i partecipanti supposta dall'art. 1137 c.c., comma 1, manifesti il suo dissenso in assemblea o con la tempestiva impugnazione della deliberazione (Cass. Sez. 2, 17/04/1969, n. 1215), mentre la Delib. 20 giugno 2011, che approvò il preventivo dell'impresa appaltatrice fu approvata all'unanimità e non fu impugnata.
6.3. D'altro canto, la realizzazione di un "cappotto termico" sulle superfici esterne dell'edificio condominiale, in quanto volta a migliorare l'efficienza energetica dello stesso, non dà luogo ad opera che possa ritenersi suscettibile di utilizzazione separata, agli effetti dell'art. 1121 c.c., comma 1, nè, una volta eseguita, configura una cosa che è destinata a servire i condomini in misura diversa, oppure solo una parte dell'intero fabbricato, sicchè le relative spese possano intendersi da ripartire in proporzione dell'uso o da porre a carico del solo gruppo dei condomini che ne trae utilità.
6.4. Gli artt. 1120 e 1121, da una parte, e 1123, dall'altra, riguardano fattispecie diverse: le prime due norme regolano il momento dell'approvazione collegiale delle opere di trasformazione che incidono sull'essenza della cosa comune, individuando i presupposti e i limiti del potere assembleare, mentre l'art. 1123 c.c., regola la ripartizione delle spese necessarie, oltre che per la conservazione ed il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi di interesse comune, anche proprio per le innovazioni validamente deliberate dalla maggioranza. Se l'innovazione che l'assemblea intende approvare è destinata a servire solo una parte dell'edificio condominiale, e perciò la relativa spesa deve far carico esclusivamente al gruppo di condomini che ne trae utilità, lo stesso computo delle maggioranze indicate dall'art. 1120 c.c., deve operarsi con riferimento ai soli condomini interessati, ossia a quelli facenti parte di detto gruppo (cfr. Cass. Sez. 2, 08/06/1995, n. 6496).
6.5. Il "cappotto termico" da realizzare sulle facciate dell'edificio condominiale, al fine di migliorarne l'efficienza energetica, non è opera destinata all'utilità o al servizio esclusivo dei condomini titolari di unità immobiliare site nella parte non interrata del fabbricato, come sostengono i ricorrenti (proprietari di locali interrati serviti da autonomo ingresso).
Le opere, gli impianti o manufatti che, come il "cappotto" sovrapposto sui muri esterni dell'edificio, sono finalizzati alla coibentazione del fabbricato in funzione di protezione dagli agenti termici, vanno ricompresi tra quelli destinati al vantaggio comune e goduti dall'intera collettività condominiale (art. 1117 c.c., n. 3), inclusi i proprietari dei locali terranei, e non sono perciò riconducibili fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all'art. 1123 c.c., commi 2 e 3. Ne consegue che, ove la realizzazione del cappotto termico sia deliberata dall'assemblea, trova applicazione l'art. 1123 c.c.ma 1, per il quale le spese sono sostenute da tutti i condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (arg. da Cass. Sez. 2, 25/09/2018, n. 22720; Cass. Sez. 2, 15/02/2008, n. 3854; Cass. Sez. 2, 04/05/1999, n. 4403; Cass. Sez. 2, 17/03/1999, n. 2395; Cass. Sez. 2, 23/12/1992, n. 13655).
6.7. Deve aggiungersi che, a differenza di quanto ritengono le censure, stando alla ricostruzione fattuale prescelta dalla Corte d'appello, è proprio la Delib. 20 giugno 2011,che assumeva valenza costitutiva dell'obbligo gravante sui ricorrenti per la contribuzione alle spese di coibentazione del fabbricato, in quanto le Delib. 10 aprile 2012 e Delib. 2 agosto 2012, avevano unicamente ripartito le relative spese.
La dottrina ravvisa un duplice oggetto della deliberazione assembleare che approvi un intervento di ristrutturazione delle parti comuni: 1) l'approvazione della spesa, che significa che l'assemblea ha riconosciuto la necessità di quella spesa in quella misura; 2) la ripartizione della spesa tra i condomini, con riguardo alla quale la misura del contributo dipende dal valore della proprietà di ciascuno o dall'uso che ciascuno può fare della cosa.
Se, allora, l'approvazione assembleare dell'intervento, ove si tratti di innovazioni o di lavori di manutenzione straordinaria, ha valore costitutivo della obbligazione di contribuzione alle relative spese, la ripartizione, che indica il contributo di ciascuno, ha valore puramente dichiarativo, in quanto serve solo ad esprimere in precisi termini aritmetici un già preesistente rapporto di valore, secondo i criteri di calcolo stabiliti dalla legge (o da un'eventuale convenzione) (arg. da Cass. Sez. U., 09/08/2010, n. 18477; Cass. Sez. 2, 03/12/1999, n. 13505; Cass. Sez. 2, 15/03/1994, n. 2452; Cass. Sez. U., 05/05/1980, n. 2928).
6.8. A proposito del quinto motivo, basta specificare che una delibera che disponga una innovazione diretta al miglioramento dell'efficienza energetica del fabbricato non deve essere volta necessariamente anche al "miglioramento del decoro architettonico" della facciata, essendo, ai contrario, l'eventuale alterazione del decoro architettonico un limite imposto alla legittimità della innovazione (art. 1120 c.c., u.c.).
6.9. A fronte degli enunciati principi, tutti i motivi di ricorso in esame risultano privi di concreta idoneità a determinare la cassazione della sentenza impugnata.
Anche l'omessa motivazione e gli errores in procedendo dedotti nell'ottavo motivo di ricorso, con riguardo ai punti 8 e 9 dell'appello, sono irrilevanti, in quanto i giudici del merito sono comunque pervenuti ad un'esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al loro esame (Cass. Sez. U., 02/02/2017, n. 2731).
7. Il sesto motivo di ricorso è, infine, manifestamente infondato, pur dovendo al riguardo correggersi la motivazione della sentenza impugnata, la quale ha ritenuto sussistente "la legittimazione del Condominio a rivalersi sul condomino inadempiente ex art. 1203 c.c.".
7.1. Il sesto motivo di ricorso trascura l'oggettiva diversità del fondamento dell'obbligazione dei condomini ricorrenti di contribuire alle spese condominiali derivanti dall'innovazione approvata dall'assemblea del Condominio (omissis) (obbligazione di cui, in realtà, si discute in questo giudizio) con l'obbligazione che invece lega il medesimo Condominio all'impresa Postai esecutrice dei lavori, invocando la fattispecie e gli effetti dell'adempimento del terzo ex art. 1180 c.c., sul presupposto che gli altri condomini avevano provveduto al pagamento del corrispettivo in favore dell'appaltatrice.
7.2. Secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale (si veda indicativamente Cass. Sez. U., 08/04/2008, n. 9148), il credito che il terzo creditore, in forza di contratto concluso dall'amministratore nell'ambito delle sue attribuzioni, può far valere anche direttamente nei confronti del singolo condomino, in proporzione della rispettiva quota millesimale, è cosa giuridicamente diversa (seppur economicamente coincidente) rispetto al credito per la riscossione dei contributi condominiali che può far valere l'amministratore di condominio. Il primo credito ha, invero, natura di prestazione sinallagmatica e trova causa nel rapporto contrattuale col terzo approvato dall'assemblea e concluso dall'amministratore in rappresentanza di tutti i partecipanti al condominio. L'obbligo di pagamento degli oneri condominiali da parte del singolo partecipante ha, per contro, causa immediata nella disciplina del condominio, e cioè nelle norme di cui agli artt. 1118 e 1123 c.c. e segg., che fondano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni.
Questa Corte ha già affermato che l'obbligo del singolo partecipante di pagare al condominio le spese dovute e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori rimangono del tutto indipendenti, tant'è che il condomino non può ritardare il pagamento delle rate di spesa in attesa dell'evolvere delle relazioni contrattuali tra condominio e soggetti creditori di quest'ultimo, nè può utilmente opporre all'amministratore che il pagamento sia stato da lui effettuato direttamente al terzo, in quanto, si è detto, ciò altererebbe la gestione complessiva del condominio: sicchè il singolo deve sempre e comunque pagare all'amministratore, salva l'insorgenza, in sede di bilancio consuntivo, di un credito da rimborso per gli avanzi di cassa residuati (Cass. Sez. 2, 29/01/2013, n. 2049).
E' stato anche detto che, ponendosi il condominio, nei confronti dei terzi, come "soggetto di gestione" dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini attinenti alle parti comuni, l'amministratore di esso assume la qualità di necessario rappresentante della collettività dei condomini, e ciò sia nella fase di assunzione degli obblighi verso i terzi per la conservazione delle cose comuni, sia, all'interno della medesima collettività condominiale, in quanto unico referente dei pagamenti ad essi relativi; con la conclusione che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non sarebbe comunque idoneo ad estinguere il debito "pro quota" dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c. (Cass. Sez. 6-2, 17/02/2014, n. 3636).
Appare dunque evidente in giurisprudenza la diversità tra le attribuzioni dell'assemblea a ripartire le spese e dell'amministratore a riscuotere i contributi condominiali (art. 1135 c.c., art. 1130 c.c., n. 3 e art. 63 disp. att. c.c., comma 1), e la pretesa di pagamento del corrispettivo contrattuale spettante al terzo creditore verso il singolo condomino sul presupposto della riferibilità diretta dei debiti condominiali ai singoli membri del gruppo.
Ciò esclude ogni interferenza sul presente giudizio delle vicende inerenti al contratto d'appalto concluso con la Postal EICO s.r.l., e smentisce ogni dubbio sulla legittimazione del Condominio (omissis) a ripartire e riscuotere i contributi dovuti dai ricorrenti.
E', cioè, cosa estranea a quella oggetto della presente lite la qualificazione della pretesa spettante semmai al condomino, il quale abbia versato al terzo creditore anche la parte dovuta dai morosi e voglia poi ottenere da costoro il rimborso di quanto da loro (su questo cfr. Cass. Sez. 2, del 20/05/2019, n. 13505).
8. Il ricorso va perciò rigettato e i ricorrenti vanno condannati in solido a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell'ammontare liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater - da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.