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23 aprile 2021
Legittima la sospensione disciplinare dell'avvocato se la condanna penale è grave

Confermata la sospensione cautelare dell'avvocato condannato per fatti commessi nell'esercizio della professione, in quanto il decoro e la dignità dell'avvocatura vanno tutelati dall'eco di notorietà dei medesimi.

a cura di La Redazione

Il Consiglio Distrettuale di Disciplina presso la Corte d'Appello di Roma disponeva la sospensione cautelare di un avvocato per la durata di 8 mesi, preso atto della condanna del medesimo alla pena della reclusione per 3 anni e 6 mesi, della multa di 3mila euro e della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per 5 anni, poiché ritenuto responsabile di una serie di reati, tra cui quelli previsti dagli artt. 640 e 380 c.p..
Il Consiglio Nazionale Forense rigettava il gravame proposto dal professionista, il quale si rivolge alla Corte di Cassazione mediante proposizione di ricorso in cui denuncia il fatto che il provvedimento di sospensione avrebbe dovuto trovare giustificazione nella necessità di sedare il cosiddetto strepitus fori, non potendo, invece, fondarsi esclusivamente sulla gravità dell'imputazione.

Con la sentenza n. 10740 del 22 aprile 2021, le Sezioni Unite Civili dichiarano infondata la suddetta censura, osservando come nel caso di specie il Giudice disciplinare fosse consapevole della gravità dei fatti addebitati al ricorrente con sentenza di condanna penale, tutti maturati nell'esercizio della sua professione, spiegando in modo logico che la naturale diffusività della notizia (per via della pubblicità del dibattimento penale) imponeva la misura cautelare adottata per tutelare il decoro e la dignità dell'avvocatura.
Del resto, le Sezioni Unite si erano già espresse a tal proposito, evidenziando che «l'eco di notorietà dei fatti derivante dalla pronuncia di pubblica condanna penale, a prescindere dall'epoca alla quale i fatti risalgono, e, come ovvio, dalla consistenza dell'incolpazione, di esclusivo dominio del giudice penale, rende attuale quello strepitus fori, costituente ratio della misura». Ciò posto, nel caso in esame l'avvocato era stato condannato dopo un pubblico dibattimento, dunque il disdoro che ne deriva per la professione è attuale e concreto, specialmente perché i fatti risultano essere intimamente connessi all'esercizio della professione di avvocato.
Per questa ragione, le Sezioni Unite rigettano il ricorso.

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