Nessuna revoca automatica della sospensione condizionale della pena se l'imputato dimostra l'assoluta impossibilità e l'estrema difficoltà ad adempiere all'obbligo di pagamento della provvisionale.
La vicenda inizia con la revoca, da parte dei Giudici di secondo grado di Milano, della sospensione condizionale della pena nei confronti dell'attuale ricorrente, per via del mancato adempimento dell'obbligo al pagamento della provvisionale in favore delle parti civili a cui era stato subordinato l'accesso al beneficio.
Avverso tale decisione, l'imputato propone ricorso in Cassazione, lamentando il fatto che i Giudici non avessero valutato la sua richiesta di rateizzare il debito verso le parti civili, tenendo conto della difficile situazione economica in cui egli si trovava a causa della situazione emergenziale conseguente alla diffusione del Covid-19 e sostenendo che egli non avesse prodotto prove sufficienti a sostegno della sua effettiva indisponibilità ad adempiere.
Con la sentenza n. 13974 del 14 aprile 2021, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso presentato dall'imputato e annulla l'ordinanza impugnata, rinviando gli atti alla Corte d'Appello di Milano per un nuovo giudizio.
Nelle sue argomentazioni, la Corte di Cassazione ritiene che, nonostante sia stata allegata la certificazione ISEE dei redditi percepiti dal ricorrente nel periodo in cui avrebbe dovuto adempiere, «nessuna considerazione è stata dedicata dal Giudice dell'esecuzione alla produzione documentale della difesa».
In assenza di una simile valutazione, la Cassazione reputa che il provvedimento non rispetti i principi di diritto precedentemente espressi dalla stessa Corte, secondo i quali «l'inosservanza dell'obbligo, cui è subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena (…) non comporta la revoca automatica del beneficio, poiché è riconosciuta al soggetto interessato, in sede di esecuzione, la possibilità di allegare l'assoluta impossibilità e l'estrema difficoltà dell'adempimento, mentre compete al giudice di verificare l'attendibilità e la rilevanza della situazione ostativa dedotta».
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza in data 30 settembre 2020 la Corte di appello di Milano, pronunciando quale giudice dell'esecuzione, su richiesta del locale Procuratore Generale, revocava nei confronti di F.F.D. la sospensione condizionale della pena, concessogli con la sentenza della stessa Corte di appello 15/04/2019, a ragione del mancato adempimento all'obbligo del pagamento della provvisionale in favore delle parti civili, cui era stato subordinato il beneficio.
2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il condannato, per il tramite del difensore di fiducia, avv. Francesca Carcascio, che ha lamentato con un unico motivo la violazione e l'abnormità del provvedimento in relazione all'omessa valutazione della documentazione prodotta, nonchè la violazione dell'art. 3 Cost.. Secondo il ricorrente, la decisione è stata assunta senza condurre una corretta ed approfondita valutazione delle argomentazioni sostenute dalla difesa, che aveva rappresentato la sua condizione di impossidenza e di indigenza, tale da avergli impedito di provvedere al versamento di quanto dovuto in favore delle parti civili.
La Corte di appello ha preso in considerazione la mancanza di documentazione inerente l'attività lavorativa del condannato, senza sia dato comprendere se tale carenza sia apprezzata come elemento in suo sfavore; non ha però considerato la certificazione ISEE prodotta e la richiesta da parte della sua compagna di accedere a sostegni economici per i carichi familiari, che in ogni caso era stata presentata a tutela dell'intero nucleo familiari. Nulla ha argomentato sull'incidenza negativa della crisi economica, conseguente all'epidemia per covid-19, e sulla richiesta del condannato di rateizzare il debito verso le parti civili, nè sull'iscrizione di ipoteca sull'unico suo bene immobile, che ha determinato l'impossibilità di alienarlo per poter ricavare il denaro necessario a saldare l'esposizione debitoria. Il provvedimento impugnato ha revocato la sospensione condizionale nonostante l'inadempimento non sia addebitabile alla volontà dell'obbligato e ha finito per legittimare un trattamento discriminatorio rispetto ad altri condannati più abbienti ed in grado di soddisfare la condizione cui è subordinata la sospensione condizionale della pena.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, Dott.ssa CENNICOLA Elisabetta, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e merita dunque accoglimento.
1. Il provvedimento impugnato ha ritenuto che la condotta inadempiente mantenuta dall'imputato dalla pronuncia della sentenza che gli aveva imposto di versare la provvisionale, -liquidata in favore delle parti civili costituite nella misura di Euro 5.000 in favore di F.V.C. e di Euro 2.000,00 in favore di Fe.Gi., emessa dalla Corte di appello di Milano in data 15 aprile 2019, irrevocabile il 14 novembre 2019, sino al momento della decisione, assunta il 30 settembre 2020, integri il necessario presupposto fattuale per revocare il beneficio della sospensione condizionale della pena, accordato a condizione del versamento delle predette somme.
1.1 A giustificazione della decisione, il giudice dell'esecuzione ha evidenziato come, oltre alla titolarità di bene immobile di mq. 600, composto da diciannove locali, otto bagni, due box e giardino, sottoposto ad ipoteca a garanzia dell'adempimento del debito derivante dalla sentenza di separazione dalla moglie, ammontante a 90.000 Euro, "nulla è stato documentato riguardo all'attività lavorativa ed alle condizioni economiche del condannato".
La Corte di appello, con locuzioni lapidarie e poco argomentate, ha inteso significare che non era noto se il ricorrente disponesse di attività lavorativa e di redditi da questa percepiti, se versasse in condizioni formali di disoccupazione, e che la sua nuova compagna era beneficiaria di contribuzioni pubbliche. Ha concluso per la mancata dimostrazione da parte del condannato dell'effettiva ed insuperabile impossibilità di adempiere all'obbligo impostogli quale condizione di accesso alla sospensione dell'esecuzione della pena inflittagli, cui non aveva provveduto, nonostante il lasso tempo di quasi un anno a sua disposizione.
1.2 Ebbene, a fronte di tali considerazioni, che investono i presupposti fattuali della vicenda, nessuna considerazione è stata dedicata dal giudice dell'esecuzione alla produzione documentale della difesa, che ha allegato certificazione ISEE sui redditi percepiti nel periodo in cui avrebbe dovuto adempiere dal nucleo familiare del ricorrente, composto dalla nuova compagna e da quattro figli in tenera età. Non è quindi dato rinvenire nell'ordinanza in esame una valutazione sui redditi risultanti da certificazione ufficiale, sull'entità delle contribuzioni pubbliche erogate alla predetta compagna per far fronte ai bisogni dei minori, sull'esistenza nel patrimonio del debitore di un unico immobile, già sottoposto ad ipoteca, che il proprietario ha già tentato inutilmente di alienare mediante l'inserimento in un portale di vendite immobiliari.
2. Il provvedimento non rispetta i principi di diritto espressi da questa Corte sul tema, laddove ha affermato che l'inosservanza dell'obbligo, cui è subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena e che viene imposto a tutela del soggetto vittima del reato per sollecitare l'adempimento da parte dell'obbligato, interessato a realizzare la condizione sospensiva per non essere sottoposto ad espiazione della pena, non comporta la revoca automatica del beneficio, poichè è riconosciuta al soggetto interessato, in sede di esecuzione, la possibilità di allegare l'assoluta impossibilità e l'estrema difficoltà dell'adempimento, mentre compete al giudice di verificare la attendibilità e la rilevanza della situazione ostativa dedotta (sez. 6, n. 25413 del 17/06/2016, C., rv. 267134; sez. 3, n. 3197 del 13/11/2008, Calandra, rv. 242177; sez. 1, n. 24714 del 08/05/2003, Cavallo, rv. 225330; sez. 6, n. 2390 del 31/10/2000, Alberti, rv. 217115).
2.1 A fronte di dati probatori forniti dal condannato, indicativi della percezione di redditi modestissimi nell'anno 2019, degli oneri di mantenimento di quattro figli minori, nati dalla relazione con l'attuale compagna, dell'offerta in vendita dell'unico immobile di sua proprietà, gravato da pignoramento immobiliare, il giudice dell'esecuzione avrebbe potuto e dovuto attivare i propri poteri istruttori ex art. 666 c.p.p., comma 5, onde verificare se il ricorrente svolga o meno attività lavorativa e con quali introiti.
2.2. Oltre a ciò, non risulta giustificato il giudizio di ascrivibilità dell'inadempimento ad un comportamento volontario e colpevole dell'obbligato e ciò anche in riferimento al documentato versamento a cadenza mensile dell'assegno di mantenimento in favore della ex moglie, almeno nell'anno 2019, e della sua richiesta di rateizzazione del debito, avanzata nell'ambito della procedura di mediazione, introdotta in fase prodromica al giudizio di divorzio.
L'ordinanza deve quindi essere annullata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano.