Lo ha affermato il Consiglio di Stato nell'ordinanza del 13 aprile 2021 n. 3006, invitando le parti a riformulare le difese nel rispetto dei limiti dimensionali stabiliti dal Decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 167 del 22 dicembre 2016.
L'avvocato dovrà quindi redigere il ricorso e gli altri atti difensivi in massimo 30.000 caratteri, pena l'inutilizzabilità delle difese sovrabbondanti e l'impossibilità di eccepire l'omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo.
Secondo il Consiglio di Stato, lo «sforzo di “sintesi” giuridica della materia controversa» richiesto dal legislatore consente, da un lato, di selezionare le sole questioni, di fatto e di diritto, rilevanti per l'assunzione di «decisioni e consapevoli approfondite» e, dall'altro, di agevolare l'esame tempestivo e comprensibile della domanda.
Con riferimento al caso di specie, il Consiglio di Stato ritiene più opportuno, nel rispetto del principio di leale collaborazione, invitare le parti a riformulare gli atti difensivi in luogo delle conseguenze sopra menzionate, poiché non si è ancora consolidata un'applicazione rigorosa delle predette da parte della giurisprudenza. Segue il rinvio dell'udienza.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Rilevato che:
- ai sensi dell'art. 13-ter, delle norme di attuazione del c.p.a. (introdotto dalla legge di conversione del D.L. 31 agosto 2016, n. 168), "le parti sono tenute a redigere il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del presidente del Consiglio di Stato", precisando altresì che "il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti" e che l'"omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione";
- il decreto del Presidente del Consiglio dello Stato 22 dicembre 2016, n. 167, fissa, con riguardo al rito del silenzio, in 30.000 caratteri (corrispondenti a circa 15 pagine nel formato di cui all'articolo 8 dello stesso decreto) i limiti dimensionali del ricorso e degli altri atti difensivi;
- nel caso di specie, tali limiti risultano ampiamente superati, e segnatamente: il ricorso in appello conta 37 pagine; la memoria difensiva di controparte conta 32 pagine; la memoria finale dell'appellata conta 31 pagine; la memoria di replica dell'appellante conta 21 pagine;
- va rimarcato che la controversia avente ad oggetto l'illegittimità del silenzio inadempimento mantenuto dall'Amministrazione comunale sulla denuncia di abusività di alcuni lavori di ampliamento e sopraelevazione non presenta questioni tecniche particolarmente complesse, né attiene a fondamentali interessi economici e sociali, circostanze queste ultime che avrebbero giustificato il superamento dei predetti limiti;
Considerato che:
- ciascuna Sezione del Consiglio di Stato non contemplando il nostro ordinamento processuale alcun meccanismo di filtro (a differenza della stragrande maggioranza delle Supreme Corti europee) ogni settimana deve scrutinare nel merito un numero elevatissimo di cause (nell'ordine delle centinaia), ciascuna delle quali (salvo che gli avvocati non compaiano o vi rinuncino) è ammessa alla discussione orale;
- in questo contesto, la redazione di scritti chiari e sintetici, in grado cioè di selezionare in modo competente le sole questioni (di fatto e di diritto) rilevanti al fine del decidere, è dirimente per l'assunzione di decisioni approfondite e consapevoli;
- la brevità dell'atto processuale (in termini di caratteri, pagine e battute) è appunto lo strumento attraverso il quale il legislatore ha inteso vincolare le parti a quello sforzo di "sintesi" giuridica della materia controversa, sul presupposto che l'intellegibilità dell'atto (e quindi la giustizia della decisione) è grandemente ostacolata da esposizioni confuse e causidiche;
- in assenza (e aspettando) l'introduzione di meccanismi deflattivi, al fine di amministrare nel migliore modo possibile una imponente mole di contenzioso, il servizio giustizia, in quanto "risorsa scarsa", ha bisogno della collaborazione dell'intero ceto giuridico;
Ritenuto che:
- mentre l'iniziale impostazione legislativa faceva leva unicamente sulla condanna alle spese di lite (art. 26 del c.p.a.), il citato art. 13-ter, in modo estremamente innovativo sul piano sistematico, sanziona in termini (non di nullità, bensì) di "inutilizzabilità" le difese sovrabbondanti, in quanto il giudice è autorizzato a presumere che la violazione dei limiti dimensionali (ove ingiustificata) sia tale da compromettere l'esame tempestivo e l'intellegibilità della domanda;
- in questi termini va interpretata la disposizione che ha introdotto una deroga rispetto all'obbligo generalmente esistente in campo al giudice di pronunciare su tutta la domanda (il mancato esame delle difese sovrabbondanti non è infatti censurabile come vizio di infra-petizione);
- in definitiva, la sinteticità non è più un mero canone orientativo della condotta delle parti, bensì è oramai una regola del processo amministrativo (che coinvolge peraltro anche il giudice: art. 3 del c.p.a.), strettamente funzionale alla realizzazione del giusto processo, sotto il profilo della sua ragionevole durata (art. 111 della Costituzione);
- sennonché, nel caso di specie, al fine di non "sorprendere" le parti in una fase caratterizzata dall'assenza di una applicazione sistematica da parte della giurisprudenza delle suddette conseguenze delle condotte difformi (salvo alcuni sporadici ma significativi precedenti: cfr. Sez. IV, 7 novembre 2016, n. 4636.; Sez. V, 12 giugno 2017, n. 2852), appare al Collegio più opportuno, nel rispetto del principio di leale collaborazione (art. 2, comma 2, del c.p.a.), invitare le parti a riformulare le difese nei predetti limiti dimensionali, con il divieto di introdurre fatti, motivi ed eccezioni nuovi rispetto a quelli già dedotti;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), rinvia all'udienza del 10 giugno 2021, onerando le parti al deposito di cui in motivazione sino a 15 giorni prima.