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30 aprile 2021
Avvocati e Pubbliche Amministrazioni: quando non si applica il principio dell'equo compenso
Nel caso in esame, il TAR Lombardia ha chiarito quando non si applica il principio dell'equo compenso nei procedimenti di comparazione, consentendo alla P.A. di selezionare offerte sotto la soglia minima prevista.
a cura di La Redazione
Il Comune di Cernusco sul Naviglio avviava una procedura comparativa per il conferimento del patrocinio legale dell'ente in un procedimento giudiziario.
Una volta conferito l'incarico, un concorrente propone ricorso davanti al TAR Lombardia per ottenere l'annullamento rilevando che, sebbene il combinato disposto degli artt. 13-bis L. n. 247/2012 e 19-quaterdecies, comma 3, D.L. n. 148/2017, convertito nella L. n. 172/2017, imponga alle PP.AA. di «garantire il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti nell'esecuzione di incarichi, in conformità ai parametri fissati dal decreto del Ministero della Giustizia», il preventivo presentato dall'avvocato successivamente investito dell'incarico risultava inferiore ai predetti parametri. Di conseguenza, l'ente non avrebbe dovuto considerare il medesimo nella rosa dei possibili professionisti a cui affidare la sua difesa in giudizio.
 
Con sentenza n. 1071 del 29 aprile 2021, il TAR Lombardia afferma che, sebbene il principio dell'equo compenso costituisca una garanzia per il professionista «che ricopre la posizione di parte debole del rapporto con un cliente in grado di imporre il suo potere economico e di mercato mediante la proposta di convenzioni unilateralmente predisposte», la stessa non può trovare applicazione «ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o [...] ove l'amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali».
Dunque, «in quanto eccezione al principio pro-concorrenziale della libera pattuizione del compenso spettante al professionista di cui all'art. 13, comma 3, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, soggiace a precisi limiti soggettivi, ovvero l'appartenenza del cliente alle categorie delle imprese bancarie, assicurative o di grandi dimensioni o la sua qualificazione come pubblica amministrazione, ed oggettivi, quali la predisposizione unilaterale delle clausole convenzionali da parte del cliente forte, senza che al professionista sia rimessa la possibilità di incidere sul loro contenuto».
Tale eccezione si applica al caso in esame, in cui i professionisti concorrenti hanno liberamente formulato un'offerta economica per l'incarico sulla scorta della dettagliata documentazione fornita dell'ente e senza subire condizionamenti o imposizioni dalla medesima.
Dello stesso avviso anche la giurisprudenza comunitaria, secondo la quale l'applicazione di parametri rigidi e inderogabili anche a situazioni prive di predisposizioni unilaterali dei compensi e di un notevole squilibrio contrattuale a carico del professionista, «comporterebbe un'irragionevole compressione della discrezionalità delle stesse nell'affidamento dei servizi legali, in assenza delle condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità che giustificano l'introduzione di requisiti restrittivi della libera concorrenza».
 

Sulla base di tali argomentazioni, il TAR Lombardia ritiene non condivisibile la tesi del ricorrente e rigetta il ricorso.

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