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3 maggio 2021
Il diritto al silenzio vale anche nei confronti della Banca d'Italia e della Consob

Il diritto fondamentale al silenzio vale anche in relazione ai poteri di indagine della Banca d'Italia e della Consob, quando da essi possa emergere una responsabilità da illecito penale o amministrativo.

a cura di La Redazione

Così si è espressa la Corte Costituzionale nella sentenza n. 84 del 30 aprile 2021, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'art. 187-quinquiesdecies del Testo Unico sulla Finanza, con riferimento agli artt. 24,111e 117, comma 1, della Costituzione «nella parte in cui si applica anche alla persona fisica che si sia rifiutata di fornire alla Banca d'Italia o alla Consob risposte che possano far emergere la sua responsabilità per un illecito passibile di sanzioni amministrative di carattere punitivo, ovvero per un reato».

Il caso da cui trae origine la questione sottoposta alla Consulta riguarda un amministratore di una società a cui era stata comminata una pesante sanzione pecuniaria per non aver risposto alle domande della Consob su sospette operazioni finanziarie da lui compiute. L'interessato impugnava il provvedimento affermando di aver esercitato il diritto costituzionale di non rispondere alle domande da cui sarebbe potuta emergere la sua responsabilità.
In sede di gravame, la Corte di Cassazione sollevava la questione di legittimità costituzionale in relazione all'art. 187-quinquiesdecies, nella parte in cui prevede una sanzione da 50.000 a un milione di euro a carico di chi «non ottempera nei termini alle richieste della Banca d'Italia o della Consob» senza stabilire delle eccezioni per chi sia già sospettato di aver commesso un illecito.

Rilevando che l'obbligo di sanzionare la mancata collaborazione con le autorità di vigilanza sui mercati finanziari è stabilito dal diritto comunitario, la Corte Costituzionale chiedeva alla CGUE, tramite rinvio pregiudiziale, se tale obbligo era previsto anche per chi fosse già sospettato di aver commesso un illecito, compatibilmente con il diritto al silenzio riconosciuto dalla Costituzione italiana, dal diritto internazionale e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE.
La CGUE rispondeva a tali quesiti chiarendo che il diritto al silenzio costituisce parte integrante dei principi dell'equo processo e pertanto «opera anche nell'ambito dei procedimenti amministrativi suscettibili di sfociare nell'applicazione di sanzioni avente carattere punitivo, come quelle previste nell'ordinamento italiano per l'illecito amministrativo di abuso di informazioni privilegiate».
Sulla scorta di quanto affermato dalla CGUE, la Corte Costituzionale statuisce che «dal diritto al silenzio discende dunque l'impossibilità di punire una persona fisica che si sia rifiutata di rispondere a domande, formulate in sede di audizione o per iscritto dalla Banca d'Italia o dalla Consob, dalle quali sarebbe potuta emergere una sua responsabilità per un illecito amministrativo o addirittura penale», precisando però che tale diritto «non giustifica comportamenti ostruzionistici fonte di indebiti ritardi allo svolgimento dell'attività di vigilanza, come il rifiuto di presentarsi a un'audizione, ovvero manovre dilatorie finalizzate a rinviare lo svolgimento dell'audizione stessa, o ancora l'omessa consegna di dati, documenti, registrazioni preesistenti alla richiesta dell'autorità».

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