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10 maggio 2021
Fallimento: da quando decorre il termine per la riassunzione del processo ad opera della controparte?

Le Sezioni Unite affermano che il termine per la riassunzione o prosecuzione del processo in caso di apertura del fallimento decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell'interruzione sia portata a conoscenza di ciascuna parte. 

a cura di La Redazione

Con la sentenza n. 12154 del 7 maggio 2021, le Sezioni Unite Civili risolvono un contrasto giurisprudenziale in merito alla decorrenza del termine per la riassunzione ovvero la prosecuzione del processo conseguente alla dichiarazione di fallimento, soffermandosi, in particolare, sul fenomeno della interruzione automatica per via della mancata conoscenza dell'evento interruttivo.

Nella specie, una banca impugna il provvedimento emanato in sede di giudizio di secondo grado che aveva rigettato il gravame proposto avverso la decisione del Tribunale di Siena con cui era stata condannata alla restituzione di interessi usurari e anatocistici indebitamente versati per un importo pari a circa 56mila euro, affermando che a seguito dell'introduzione dell'appello e della costituzione in giudizio della società controparte, il giudizio si era interrotto a causa della dichiarazione di fallimento di quest'ultima e che, nonostante l'atto di riassunzione, la società ne eccepiva la tardività invocando la conseguente dichiarazione di estinzione del giudizio.

Le Sezioni Unite richiamano innanzitutto l'art. 305 c.p.c., il quale prevede che ai fini della prosecuzione o riassunzione del processo occorre rispettare il termine perentorio di 3 mesi dall'interruzione. A tal proposito, le medesime SS.UU. evidenziano che la Corte Costituzionale era già stata investita della questione di legittimità costituzionale della suddetta disposizione nella parte in cui fa decorrere il dies a quo ai fini della riassunzione del giudizio ad opera di una parte diversa da quella dichiarata fallita dall'interruzione del processo per via dell'apertura del fallimento e non dalla data di effettiva conoscenza dell'evento interruttivo. In tal sede, la Consulta con la sentenza n. 17/2010 dichiarava illegittimo l'art. 305 c.p.c. in relazione alle ipotesi di interruzione ipso iure delineate negli artt. 299,300, comma 3, e 301 c.p.c..

Al termine dell'illustrazione dei diversi orientamenti interpretativi in materia, le Sezioni Unite concludono con l'enunciazione del seguente principio di diritto: «in caso di apertura del fallimento, ferma l'automatica interruzione del processo (con oggetto i rapporti di diritto patrimoniale) che ne deriva ai sensi dell'art. 43 co. 3 l.f., il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all'art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l.f. per le domande di credito, decorre da quando la dichiarazione giudiziale dell'interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, ove già non conosciuta nei casi di pronuncia in udienza ai sensi dell'art. 176 co. 2 c.p.c., va direttamente notificata alle parti o al curatore da ogni altro interessato ovvero comunicata ai predetti fini anche dall'ufficio giudiziario, potendo inoltre il giudice pronunciarla altresì d'ufficio, allorché gli risulti, in qualunque modo, l'avvenuta dichiarazione di fallimento medesima».

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