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6 maggio 2021
Per la Corte Costituzionale anche l'ordinanza è revocabile per errore di fatto

«Ogni provvedimento giurisdizionale che, pur non assumendo la forma della sentenza, sia definitivo e decida, all'esito di un procedimento di natura contenziosa ed a cognizione esauriente, su diritti o status con attitudine al giudicato» è revocabile per errore di fatto.

a cura di La Redazione

Il Tribunale di Cosenza sollevava la questione di legittimità costituzionale in relazione al combinato disposto degli artt. 395, numero 4), c.p.c. e 14 del D. Lgs n. 150/2011, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., «nella parte in cui non consente di assoggettare al rimedio impugnatorio di cui all'art. 395, numero 4), c.p.c. l'ordinanza, emessa ai sensi dell'art 14 D. Lgs 1° settembre n. 150, viziata da errore di fatto consistito nel ritenere non prodotto in giudizio un documento decisivo».

Il caso da cui trae origine la questione sottoposta alla Consulta riguarda la richiesta di revocazione per errore di fatto dell'ordinanza di rigetto della domanda diretta ad ottenere la liquidazione degli onorari per l'attività professionale svolta da un avvocato, poiché assunta sulla base di un'affermazione ritenuta non veritiera.
In sede di esame, il Tribunale di Cosenza confermava l'errore di fatto lamentato dall'avvocato da cui era affetta l'ordinanza.
Tuttavia, i giudici cosentini, considerando l'assunto secondo cui «l'ordinanza collegiale conclusiva del procedimento di liquidazione dei compensi del difensore, sebbene abbia contenuto decisorio e sia inappellabile, non sarebbe suscettibile di revocazione per errore di fatto, in ragione della forma di provvedimento che definisce tale procedimento» rimettono alla Corte Costituzionale la valutazione sulla legittimità delle norme censurate.

Con la sentenza n. 89 del 5 maggio 2021, la Consulta richiama l'evoluzione normativa delineatasi in conseguenza delle riforme del processo civile degli ultimi venti anni e della ricostruzione giurisprudenziale del rapporto tra forma e funzione dei provvedimenti, che consente di dare un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 395 c.p.c., in base alla quale può essere revocato «ogni provvedimento giurisdizionale che, pur non assumendo la forma della sentenza, sia definitivo e decida, all'esito di un procedimento di natura contenziosa ed a cognizione esauriente, su diritti o status con attitudine al giudicato». Di detta evoluzione, la legge n. 69/2009 costituisce un momento rilevante, poiché ha introdotto come atto conclusivo del procedimento sommario di cognizione un'ordinanza avente contenuto decisorio ed idoneo al giudicato.
Da tali considerazioni si evince dunque un ridimensionamento del rigido rapporto di congruenza tra forma, contenuto e funzionale del provvedimento giurisdizionale sul quale si basava la distinzione tra sentenza, ordinanza e decreto.

Per questi motivi, la Consulta ritiene che «deve concludersi che il rimedio ex  art. 395 c.p.c. è esperibile anche contro tutti i provvedimenti aventi carattere decisorio con attitudine al giudicato, nei termini chiariti, per i quali non è previsto un mezzo di impugnazione» e pertanto dichiara non fondate le questioni di legittimità sollevate.

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