Alle Sezioni Unite è stata sottoposta la questione relativa alla candidabilità ed eleggibilità per l'espletamento del terzo mandato consiliare di un avvocato che ha svolto i precedenti mandati presso un Ordine successivamente soppresso e accorpato in altro Ordine.
Nel caso in esame, la circostanza che l'Ordine di Sala Consilina è stato soppresso e accorpato a quello di Lagonegro esclude, secondo i ricorrenti, «che gli iscritti e gli eletti al COA di Sala Consilina possano essere ritenuti appartenenti ad una nuova entità». Per questo motivo i ricorrenti contestano i risultati delle elezioni per il rinnovo del COA di Lagonegro in relazione alla posizione di alcuni eletti, lamentando la violazione del divieto di terzo mandato consecutivo di cui all'
Con la sentenza n. 12601 del 12 maggio 2021, le Sezioni Unite accolgono il ricorso richiamando il principio espresso da Cass., S.U. n. 2603/2021 secondo cui «le disposizioni contenute negli
Alla luce di quanto affermato, la Suprema Corte cassa la sentenza e rinvia la causa al Consiglio Nazionale Forense.
Svolgimento del processo
Gli avvocati A.C., D.B.E., I.M.P., La.An., L.G. e S.G.N., tutti candidati alle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Lagonegro per il quadriennio 2019/2022, proposero reclamo avanti al Consiglio Nazionale Forense, ai sensi della L. n. 247 del 2012, art. 28, per contestare i risultati delle elezioni in relazione alla posizione di alcuni candidati per cui si era verificata la violazione del divieto di terzo mandato consecutivo.
In particolare, dedussero che l'eletto avv. C.G. si trovava nella situazione di incompatibilità prevista dalla L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, in quanto aveva svolto tre mandati consecutivi (2006/2010, 2011/2014 e 2015/2018) dei quali i primi due presso l'Ordine di Sala Consilina; che analoga incompatibilità sussisteva per gli avvocati P.L. e R.A. - che erano risultati primi dei non eletti, in quanto il P. aveva svolto due mandati consecutivi (2011/2014 e 2015/2018), il primo dei quali presso l'Ordine di Sala Consilina, mentre il R. ne aveva svolti tre (2006/2010, 2011/2014 e 2015/2018), dei quali i primi due presso l'Ordine di Sala Consilina.
I reclamanti chiesero pertanto che il C.N.F. dichiarasse la nullità dell'elezione a Consigliere dell'avv. C. e l'incandidabilità degli altri due avvocati, riformulando la graduatoria ed escludendone sia l'avv. C. che gli avvocati P. e R..
Il C. resistette al reclamo, contestando la possibilità di considerare i mandati svolti presso l'Ordine di Sala Consilina, in quanto tale Ordine era stato soppresso a seguito della c.d. riforma della geografia giudiziaria, di talchè solo un mandato (quello relativo al quadriennio 2015/2018) era stato svolto presso l'Ordine di Lagonegro.
Il C.N.F., rimessa alla Corte Costituzionale la questione della legittimità della L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3 e del D.L. n. 135 del 2018, art. 11 quinquies (come inserito dalla Legge di Conversione n. 12 del 2019) e fissata la nuova trattazione del ricorso all'esito della pronuncia n. 173/2019 dell'anzidetta Corte, ha rigettato il reclamo, osservando che:
"la giurisdizione riservata a questo Giudice riguarda "i risultati delle elezioni" e si estende agli atti prodromici - nel caso di specie l'ammissione delle candidature - soltanto allorchè l'atto sia immediatamente lesivo della posizione giuridica del reclamante. Nel caso di specie, dunque, la domanda proposta dai reclamanti volta all'accertamento dell'incompatibilità degli avvocati P. e R., non eletti, risulta inammissibile";
a seguito della soppressione dell'Ordine di Sala Consilina, "l'Ordine accorpante (Lagonegro), nella sua rinnovata conformazione, rappresent(a) effettivamente un ente giuridico diverso rispetto a quello accorpato (Sala Consilina), che non esiste più";
"il COA di Lagonegro, nella sua rinnovata costituzione, rappresenta a tutti gli effetti un diverso ente giuridico rispetto a quello di Sala Consilina, eletto da un diverso e più ampio corpo elettorale e chiamato a svolgere la sua consiliatura in occasione del rinnovo avvenuto nel 2015 con conseguente legittimità dell'elezione non potendosi computare ai fini del divieto di legge i mandati svolti come Consigliere del soppresso Ordine di Sala Consilina".
Hanno proposto ricorso avanti alle Sezioni Unite Civili di questa Corte, L. n. 247 del 2012, ex art. 36, comma 6, gli avvocati A.C., D.B.E., I.M.P. e L.G., affidandosi a due motivi illustrati da memoria; ha resistito, con controricorso, l'avv. C.G..
Il P.M. ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo l'accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, con cassazione e rinvio.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo denuncia - in riferimento all'art. 360, comma 1, n. 3) - la violazione e la falsa applicazione della L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, in relazione alla L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 6, nella parte in cui la sentenza impugnata "ha ritenuto di escludere la sua applicazione nella fattispecie in esame, ritenendo candidabili ed eleggibili gli Avv.ti C., R. e P., per aver svolto i precedenti mandati presso un ordine soppresso e, quindi, per essere espressione di un diverso corpo elettorale".
Premesso che la soppressione dell'Ordine di Sala Consilina, avvenuta come conseguenza della soppressione del Tribunale, aveva determinato l'incorporazione dello stesso, e dei sui iscritti, in quello di Lagonegro, e non la formazione di una terza e autonoma entità giuridica, i ricorrenti assumono che "l'Ordine di Lagonegro ha aggiunto ai suoi gli iscritti (ben più numerosi) di Sala Consilina" e che, a fronte dell'automaticità del transito dall'Ordine soppresso a quello accorpante, deve escludersi "che gli iscritti e gli eletti al COA di Sala Consilina possano essere ritenuti appartenenti ad una nuova entità".
Richiamata, quindi, Cass., S.U. n. 32781/2018, i ricorrenti sostengono che la norma sul limite del doppio mandato di cui alla L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, deve essere interpretata esclusivamente alla luce della ratio evidenziata dall'anzidetta pronuncia, "che è quella di assicurare la più ampia partecipazione degli iscritti all'esercizio delle funzioni di governo degli Ordini, favorendone l'avvicendamento nell'accesso agli organi di vertice, in modo da garantire la par condicio tra i candidati, suscettibile di essere alterata da rendite di posizione, nonchè di evitare fenomeni di sclerotizzazione nelle relative compagini"; assumono pertanto che "l'interpretazione data dal CNF alla L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, viola apertamente la ratio del divieto di doppio mandato, favorendo il consolidamento di situazioni di potere".
1.2. Il motivo è fondato.
1.2.1. Va premesso che, ai fini dell'applicazione del divieto del terzo mandato consecutivo, si deve tener conto di quelli espletati, anche solo in parte, prima dell'entrata in vigore della L. n. 113 del 2017 (esclusi soltanto quelli di durata inferiore al biennio); in tal senso si sono espresse queste SS.UU. con la pronuncia n. 32781/2018, cui ha fatto seguito l'emanazione del D.L. n. 135 del 2018, art. 11 quinquies, come modificato dalla Legge di Conversione n. 12 del 2019, il cui comma 1 recita: "della L. 12 luglio 2017, n. 113, art. 3, comma 3, secondo periodo, si interpreta nel senso che, ai fini del rispetto del divieto di cui al predetto periodo, si tiene conto dei mandati espletati, anche solo in parte, prima della sua entrata in vigore, compresi quelli iniziati anteriormente all'entrata in vigore della L. 31 dicembre 2012, n. 247"; al riguardo, è successivamente intervenuta la Corte Costituzionale, che, con sentenza n. 173/2019, ha affermato la legittimità della L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, secondo periodo e del D.L. n. 135 del 2018, art. 11 quinquies, come inserito dalla Legge di Conversione n. 12 del 2019.
1.2.2. La Corte Costituzionale ha evidenziato come la peculiare ed essenziale finalità della disciplina che limita l'accesso di taluni soggetti alla carica di consigliere dell'Ordine forense sia "quella di valorizzare le condizioni di eguaglianza che l'art. 51 Cost., pone a base dell'accesso alle "cariche elettive"; "uguaglianza che, nella sua accezione sostanziale, sarebbe evidentemente compromessa da una competizione che possa essere influenzata da coloro che ricoprono da due (o più) mandati consecutivi la carica per la quale si concorre e che abbiano potuto consolidare un forte legame con una parte dell'elettorato, connotato da peculiari tratti di prossimità. Il divieto del consecutivo mandato favorisce il fisiologico ricambio all'interno dell'organo, immettendo "forze nuove" nel meccanismo rappresentativo (nella prospettiva di assicurare l'ampliamento e la maggiore fluidità dell'elettorato passivo), e - per altro verso - blocca l'emersione di forme di cristallizzazione della rappresentanza; e ciò in linea con il principio del buon andamento della amministrazione, anche nelle sue declinazioni di imparzialità e trasparenza, riferito agli ordini forensi.
1.2.3. Tanto premesso e venendo a considerare la peculiarità del caso in esame, caratterizzato dal pregresso espletamento di mandati presso un Ordine successivamente soppresso e accorpato in altro Ordine (presso cui è stato espletato l'ultimo mandato), deve richiamarsi il principio espresso da Cass., S.U. n. 2603/2021, secondo cui "le disposizioni contenute nella L. n. 113 del 2017, art. 3, comma 3, secondo periodo e del D.L. n. 135 del 2018, art. 11 quinquies, comma 1, conv., con modif., dalla L. n. 12 del 2019 (per effetto delle quali lo svolgimento di due mandati consecutivi di componente del consiglio dell'ordine degli avvocati, anche per una parte soltanto di ciascun quadriennio - ma per un periodo non inferiore ad un biennio - comporta l'ineleggibilità alla medesima carica per un ulteriore quadriennio, ancorchè il duplice mandato sia stato in parte espletato in epoca anteriore all'entrata in vigore della L. n. 113 del 2017), devono essere interpretate nel senso che il divieto da esse previsto opera anche in caso di soppressione di un consiglio dell'ordine e di trasmigrazione dei relativi iscritti nell'albo di un altro consiglio, precludendo quindi al professionista che abbia già svolto le funzioni di componente presso il consiglio dell'ordine di provenienza, per il periodo consentito dalla legge, la candidatura alle elezioni per il rinnovo del consiglio dell'ordine di nuova iscrizione; ciò in quanto, per un verso, la predetta ineleggibilità - come osservato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 173 del 2019 (...)- trova fondamento nell'esigenza di recidere il legame eventualmente istauratosi tra il singolo consigliere e i relativi elettori, suscettibile di recare pregiudizio non solo alla regolarità della competizione elettorale, ma anche alla correttezza e imparzialità nell'esercizio delle funzioni; mentre, per altro verso, questa esigenza non viene meno a seguito dell'ampliamento del corpo elettorale conseguente alla trasmigrazione nell'albo di un nuovo consiglio degli elettori iscritti a quello di un consiglio soppresso, atteso che del nuovo bacino elettorale vengono a far parte anche gli elettori del precedente consiglio, potendo quindi risultare in concreto alterata la posizione di uguaglianza dei partecipanti alla competizione elettorale e condizionato il futuro esercizio delle funzioni di Consigliere".
1.2.4. Tale principio va, in questa sede, integralmente recepito, dovendosi ritenere - in continuità con Cass., SS.UU. n. 32781/2018 e alla luce di Corte Cost. n. 173/2019 - che, per effetto della trasmigrazione nell'ordine accorpante degli avvocati già iscritti presso l'ordine soppresso, non risulti reciso il legame instauratosi fra il consigliere dell'ordine soppresso e la precedente base elettorale, sussistendo pertanto quella possibilità di consolidamento di posizioni di potere e di alterazione delle condizioni di eguaglianza fra i partecipanti alla competizione elettorale che le disposizioni della L. n. 113 del 2017, art. 3 e del D.L. n. 135 del 2018, art. 11 quinquies (come integrato in sede di conversione) hanno inteso scongiurare.
1.2.5. A ciò consegue l'accoglimento del primo motivo e la cassazione della sentenza in relazione ad esso, con rinvio al C.N.F. che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame della vicenda alla luce dei principi sopra richiamati.
2. Il secondo motivo censura la sentenza impugnata - in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) - "per violazione e falsa applicazione della L. n. 247 del 2012, art. 28, comma 12 e della L. n. 113 del 2017, art. 16, per aver erroneamente ritenuto non immediatamente lesiva la incandidabilità dei non eletti Avv.ti P. e R.".
I ricorrenti contestano l'affermazione del C.N.F. secondo cui, pur estendendosi la sua giurisdizione anche agli atti prodromici ai risultati elettorali, la domanda volta all'accertamento dell'incandidabilità degli avvocati P. e R. - non eletti - risultava inammissibile in quanto concerneva un atto non "immediatamente lesivo della posizione giuridica del reclamante"; premesso che i due avvocati risultavano i primi dei non eletti, i ricorrenti evidenziano che "la mera possibilità di subentro dei primi non eletti in caso di dimissioni di un consigliere eletto configura una lesione attuale del diritto nella misura in cui assicurerebbe l'elezione (L. n. 113 del 2017, art. 16) a chi non aveva titolo a partecipare alla contesa elettorale".
2.1. Il motivo risulta assorbito a seguito dell'accoglimento del primo.
Deve considerarsi, infatti, che la questione della idoneità dell'ammissione delle due candidature a ledere immediatamente la posizione giuridica dei reclamanti (che il C.N.F. ha escluso in un contesto che vedeva confermata l'elezione dell'avv. C. e che precludeva, quindi, lo "scorrimento" della graduatoria e la nomina del primo dei non eletti) è suscettibile di essere diversamente valutata a seguito dell'applicazione del principio affermato da Cass. SS.UU. n. 2603/2021, cui il Giudice dovrà provvedere in sede di rinvio; invero, all'esito dell'esame della posizione dell'avv. C., potrebbe porsi la necessità di valutare nuovamente la concretezza e l'attualità dell'interesse dei ricorrenti ad ottenere una pronuncia anche sulla dedotta inammissibilità della candidatura del P., che potrebbe subentrare all'avv. C. nel caso in cui ne venisse dichiarata nulla l'elezione (la materia del contendere risulta invece cessata quanto alla posizione del candidato R., nel frattempo deceduto).
3. La novità della questione, definita sulla base di un principio affermato da questa Corte in epoca successiva alla proposizione del ricorso, giustifica l'integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiarando assorbito il secondo; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia al Consiglio Nazionale Forense, in diversa composizione; compensa integralmente le spese di lite.