
Con la sentenza in esame, la Cassazione chiarisce i profili oggettivi e soggettivi dell'incapacità economica dell'obbligato ai fini del versamento dell'assegno di mantenimento nei confronti dei figli minori.
La Corte d'Appello di Firenze confermava la decisione del Giudice di primo grado in relazione alla condanna dell'imputato per il reato di cui all'
L'imputato propone ricorso per cassazione lamentando, tra i diversi motivi, il fatto che il Giudice non avesse preso in considerazione una pronuncia precedente con la quale si dava atto della sua incapacità economica, desunta dall'infruttuosità delle esecuzioni mobiliari intraprese a suo carico e dalla documentazione reddituale presentata. Tali elementi, secondo l'imputato, avrebbero condotto il Giudice ad un esito assolutorio nei suoi confronti.
Con la sentenza n. 19301 del 17 maggio 2021, la Suprema Corte dichiara il ricorso infondato, rilevando che l'acquisizione del provvedimento a cui fa riferimento il ricorrente non avrebbe prodotto alcun effetto ai fini della vicenda processuale in esame.
A tal proposito, la Corte ribadisce che l'incapacità economica è intesa quale impossibilità di far fronte agli adempimenti
Dunque, sul piano oggettivo la suddetta incapacità deve impedire l'adempimento degli obblighi previsti dalla legge in senso totale e deve protrarsi per l'intera durata delle inadempienze, mentre, sul piano soggettivo, l'inosservanza degli obblighi deve essere volontaria o parzialmente imputabile all'obbligato.
Ciò posto, nel caso di specie non si configura una siffatta ipotesi in quanto, innanzitutto, la condizione dell'obbligato non può desumersi semplicemente dalla documentazione reddituale; il ricorrente, inoltre, si è sottratto all'obbligo a suo carico fin dall'inizio, ovvero subito dopo la nascita della figlia; infine, lo stesso dichiara di avere altri due figli, dunque avrebbe dovuto gestire le risorse economiche a sua disposizione in maniera equa.
Per queste ragioni, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna l'imputato al pagamento delle spese processuali.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze confermava la sentenza del 22 settembre 2017 con la quale il Tribunale di Arezzo, in composizione monocratica, aveva condannato B.M. alla pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 150,00 di multa per il reato di cui all'art. 570 c.p., commi 1 e 2, nonchè al risarcimento dei danni patiti dalla parte civile B.A.M., da liquidarsi in separato giudizio, con assegnazione di provvisionale dell'importo di Euro 3000,00, oltre spese processuali.
All'imputato si contesta di avere ripetutamente omesso di versare ad B.A.M., nel periodo compreso tra il novembre 2013 e l'ottobre 2015, l'assegno mensile di Euro 400,00, dovuto a titolo di contributo per il mantenimento della figlia minore M., nata dalla loro unione, disposto con sentenza del Tribunale dei minori di Perugia il 30/11/2007.
2. Con il proposto ricorso B. articola due motivi, di seguito sintetizzati entro i limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p., strettamente funzionali alla motivazione.
2.1 Con il primo deduce la violazione dell'art. 606 c.p.p., lett. d), per mancata acquisizione di una prova decisiva, e, segnatamente, della ordinanza n. 628/2018 del Tribunale Civile di Spoleto, con cui, nel porre a carico dei genitori del B. gli obblighi sussidiari di mantenimento della minore, ai sensi dell'art. 316-bis c.c., il giudice civile aveva preso atto della incapacità economica dell'imputato, desumibile anche dalla infruttuosità delle esecuzioni mobiliari intraprese in suo danno e dalla sua situazione familiare; prova che avrebbe dovuto condurre - unitamente alla ulteriore documentazione costituita dalle denunce dei redditi, già versata in atti - all'esito assolutorio per mancanza dell'elemento soggettivo del reato in addebito, stante la impossibilità assoluta, per l'obbligato, di far fronte alle obbligazioni civili a proprio carico.
2.2 Con il secondo motivo, deduce vizio di legge ed illogicità motivazionale ex art. 606 c.p.p., lett. e), in relazione all'art. 570 c.p., comma 2, per avere la corte di appello negato ogni rilevanza alle circostanze - ex se giustificative della condotta in addebito - evidenziate dalla difesa dell'imputato, inerenti: a) la presenza di altri due figli, nati dall'unione coniugale; b) l'avere comprovato, attraverso la documentazione presentata al Fisco, la mancata percezione di redditi con riferimento al periodo contestato; c) l'infruttuosa esecuzione in suo danno, attivata dalla stessa parte civile.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta in cui ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
4. Il difensore di parte civile ha depositato le proprie note conclusionali, instando a sua volta per la inammissibilità.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
1. Quanto al primo motivo, ritiene il Collegio che non abbia carattere di decisività nell'economia del giudizio di condannai, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), l'ordinanza del Tribunale Civile di Spoleto indicata dalla difesa, documento non acquisito dalla Corte territoriale, siccome ritenuto inconferente ai fini della dimostrazione della assoluta incapacità ad adempiere dell'imputato, ma piuttosto dimostrativo di insolvenza da parte del soggetto obbligato in via primaria.
Nella nozione accolta dalla giurisprudenza di legittimità, è decisiva, secondo la ratio dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d), la prova che, posta in relazione alle argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato un diverso esito processuale, ovvero quella la cui mancata assunzione o valutazione abbia viziato la sentenza, intaccandone la struttura decisionale portante (Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, Rv. 278670; Sez. 4, n. 6783 del 23/01/2014, Rv. 259323; Sez. 6, n. 14916 del 25/03/2010, Rv. 246667).
Al contrario, l'acquisizione del provvedimento del Tribunale di Spoleto sarebbe stata insuscettiva di produrre effetti sulla vicenda processuale in disamina.
Anzitutto, la sentenza impugnata dà conto, nei passaggi motivazionali, della circostanza che tale atto avrebbe dovuto documentare, ossia che, a fronte del persistente inadempimento del giudicabile rispetto agli obblighi di mantenimento nei confronti della figlia minore, la persona offesa B.A.M. abbia agito in giudizio in sede civile convenendo i genitori di lui, perchè fosse posta a carico dei genitori dell'imputato, nonchè ascendenti della minore, in via sussidiaria, la corresponsione di un assegno alimentare - determinato in ragione di complessivi Euro 200,00 mensili - secondo il paradigma di cui all'art. 316-bis c.c..
La sentenza evidenzia, altresì, gli ulteriori elementi fattuali che, a detta del ricorrente, avrebbero dovuto trarsi dalla ordinanza del giudice civile, ossia l'avere l'imputato altri due figli, nonchè l'infruttuosità dei pignoramenti intentati dalla parte civile nei confronti dell'imputato.
Si tratta di elementi che la Corte territoriale non ha affatto negato, bensì ha valutato non dimostrativi della impossibilità assoluta ed incolpevole ad adempiere, ossia della condizione che avrebbe potuto determinare il proscioglimento dell'imputato.
L'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570 c.p., non può essere assimilata alla mera insolvenza; per avere rilevanza, deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva e soprattutto incolpevole indisponibilità di introiti, la quale non può ritenersi dimostrata sulla base della mera documentazione dello stato formale di disoccupazione, e neppure sulla base dello stato di detenzione dell'obbligato (Sez. 6, n. 49979 del 09/10/2019, Rv. 277626; Sez. 6, n. 53173 del 22/05/2018, Rv. 274613; Sez. 6, n. 41697 del 15/09/2016, Rv. 268301).
Detta incapacità deve dunque, sul piano oggettivo, essere impeditiva dell'adempimento in senso totale e protrarsi per tutto l'arco di tempo in cui sono maturate le inadempienze; mentre, sul piano soggettivo, l'inosservanza dell'obbligo al pagamento del contributo non deve essere volontaria, ovvero imputabile, anche solo parzialmente, a colpa del soggetto obbligato (Sez. 6, n, 41697 del 15/09/2016, cit.).
Ciò posto, è di tutta evidenza che l'ordinanza civilistica indicata dalla difesa, ove pure acquisita, mai avrebbe potuto smentire quanto la Corte di merito ha congruamente argomentato al riguardo, e che conduce ad escludere la ricorrenza di una situazione di impossibilità così connotata, e cioè:
- che la condizione finanziaria del soggetto, proprio perchè deve essere effettiva, non può desumersi dalla sola documentazione reddituale, specie quando sia presumibile l'esistenza di ulteriori fonti di sostentamento, ancorchè non dichiarate od occulte; e nella specie, l'intervenuta cessione, da parte del B., delle quote dell'attività alberghiera da tempo gestita dalla sua famiglia di origine appare strumentalmente preordinata a rendersi impossidente, con l'obiettivo di neutralizzare le azioni esecutive intentate dalla parte civile;
- che egli si è sottratto alle obbligazioni a suo carico nei confronti della figlia a partire dal momento immediatamente successivo alla sua nascita, senza mai attivarsi, peraltro, per conseguire la rimodulazione del contributo al mantenimento in ragione delle proprie, asseritamente scadute, condizioni economiche;
- che, in ogni caso, l'essere il ricorrente genitore di altri due figli - dei quali non è detto neppure che siano minori - così sottintendendo di dovere attendere anche al loro mantenimento, avrebbe dovuto indurre lo stesso ad una gestione delle proprie risorse che contemperasse i bisogni di ciascuno, ripartendole equamente, e non invece ad operare arbitrarie scelte tra gli aventi diritto, escludendo taluno di essi.
2. Venendo al motivo sub 2), non appare sussistere la lamentata violazione di legge, avendo la Corte di merito dato corretta applicazione ai principi di diritto enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione all'art. 570 c.p. quanto alla nozione di impossibilità di adempiere, così come evidenziato nel paragrafo che precede, cui si rinvia.
In relazione al tessuto argomentativo della decisione, come sopra ripercorso, neppure si evidenziano profili di contraddittorietà od illogicità manifesta.
Il ricorso, tende, a ben vedere, a conseguire un diverso apprezzamento delle risultanze processuali, operazione non consentita in questa Sede, essendo precluse al giudice di legittimità sia la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata che l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, che si ritengano maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601).
3. Al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile B.A.M., da liquidarsi con le modalità indicate in dispositivo, stante l'intervenuta ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna inoltre l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile B.A.M., ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Firenze, con separato decreto di pagamento ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83 disponendo il pagamento in favore dello Stato.