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28 maggio 2021
Sì alla lista testi depositata via PEC nel processo penale

Nessuna sanzione di inammissibilità qualora la cancelleria abbia spontaneamente ed entro i termini previsti dalla legge stampato su supporto cartaceo ed inserito nel fascicolo d'ufficio le liste dei testimoni trasmesse via PEC da parte del PM e della parte civile.

a cura di La Redazione

La Corte d'Appello di Roma confermava la condanna dell'imputato pronunciata dal Tribunale di Frosinone in relazione al reato di cui all'art. 609-bis c.p., per avere egli costretto un minore infraquattordicenne a subire e a compiere atti sessuali.
Avverso tale decisione, l'imputato propone ricorso per cassazione, denunciando, tra i diversi motivi, il fatto che le liste dei testimoni fossero state depositate, tanto dal Pubblico Ministero quanto dalla parte civile, a mezzo PEC e che il Giudice di secondo grado le avesse ritenute ammissibili in quanto tempestivamente stampate dalla Cancelleria su supporto cartaceo, evidenziando la sussistenza di una preclusione di utilizzo del mezzo informatico in tal senso.

Con la sentenza n. 20929 del 27 maggio 2021, la Suprema Corte dichiara non fondato il suddetto motivo di ricorso, rilevando che la ratio a cui tende la sanzione della inammissibilità delle comunicazioni effettuate dalle parti via PEC al posto delle modalità sancite dalla legge è rappresentata dalla mancanza del fascicolo telematico, il quale costituisce strumento di ricezione e di raccolta degli atti del processo trasmessi in tempo reale dalle parti e, come tale, accessibile e consultabile da parte di questi ultimi e dal giudice. In assenza del fascicolo telematico, infatti, l'atto depositato telematicamente risulta inesistente, poiché, per dirsi tale, avrebbe bisogno di essere stampato da parte della cancelleria ed inserito nel fascicolo d'ufficio.
Ciò posto, gli Ermellini sottolineano che se da un lato il suddetto onere non può essere posto a carico della cancelleria competente, d'altra parte, qualora essa vi abbia provveduto in maniera spontanea, come nel caso di specie, e in tempo utile rispetto al termine di 7 giorni rispetto alla data fissata per il dibattimento, viene meno il fondamento della sanzione di inammissibilità derivante dalla violazione delle forme di trasmissione degli atti di parte.
In tal senso, la Corte afferma che: «La piena visibilità dei documenti prodotti sia per le altre parti del processo sia per il giudice supera, infatti, l'irritualità originaria del mezzo di trasmissione, venendo meno, attraverso la loro trasformazione successiva in documenti cartacei, visibili, accessibili e consultabili da tutti i protagonisti del processo, le preclusioni che l'invio telematico per sua natura, allo stato, comporta».
Non essendo stato violato alcun diritto di difesa per l'imputato, la Corte rigetta il ricorso.

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