Ciascun comproprietario ha diritto di trarre dalla res in comunione un'utilità maggiore e più intensa rispetto a quella degli altri, purché non venga alterata la destinazione del bene ovvero compromesso il diritto di uso da parte degli altri.
L'attore conveniva in giudizio il germano al fine di negargli il diritto di transitare con automezzi all'interno dell'area di comproprietà per accedere ai terreni di sua pertinenza, tenendo conto che tale area, confinante con quella di esclusiva proprietà del convenuto, era stata donata ad entrambi dal padre in parti uguali e convenzionalmente adibita ad area di parcheggio, non di transito di autovetture.
Il Tribunale di Massa respingeva la domanda dell'attore, assumendo che l'actio negatoria servitutis non poteva essere spiegata da un comproprietario.
A seguito di gravame, la Corte d'Appello di Brescia rigettava l'appello proposto, dunque l'attore si rivolge alla Corte di Cassazione.
Il ricorrente lamenta il fatto che il Giudice di seconde cure non avesse ravvisato, in particolare, un uso anomalo della res in comunione ai sensi dell'
Tuttavia, con l'ordinanza n. 15717 del 4 giugno 2021, gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile, ribadendo che in tema di uso della cosa comune
Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione notificato in data 18.07.2008, S.R. conveniva in giudizio, innanzi il Tribunale di Massa, il germano Sp.Ro., al fine di veder dichiarare che quest'ultimo non avesse il diritto di transitare con automezzi sull'area oggetto di comproprietà per accedere ai terreni di sua pertinenza, con conseguente ordine al convenuto di cessare le turbative e le molestie derivanti da siffatto transito di automezzi. A fondamento della domanda, parte attrice osservava come l'area oggetto di contenzioso, confinante con quella di proprietà esclusiva del convenuto, fosse stata dal padre donata - con atto pubblico di donazione datato 17.07.1985 - ai figli in quote eguali e convenzionalmente adibita al parcheggio e non al transito delle autovetture.
1.1. Si costituiva in giudizio Sp.Ro., eccependo l'infondatezza della spiegata actio negatoria ex art. 949 c.c. per essere il convenuto stesso comproprietario dell'area oggetto di giudizio- 1.2. Il Tribunale di Massa, con sentenza n. 378/2015, respingeva la domanda attorea, assumendo sia che l'actio negatoria servitutis non poteva essere spiegata da un comproprietario, sia che l'attore non aveva, in ogni caso, allegato i fatti costitutivi della domanda.
1.3. Avverso tale statuizione interponeva appello S.R., contestando, in primis, l'orientamento espresso dal Tribunale, per avere quest'ultimo erroneamente ritenuto che un comproprietario di un'area non potesse esercitare l'azione negatoria in danno di altro comproprietario quando, come nel caso di specie, l'utilizzo ed il godimento della cosa comune risultava anormale.
1.4. Con la sentenza quivi impugnata, la Corte d'appello di Genova rigettava il gravame proposto da parte appellante sulla base di diverse argomentazioni. In primo luogo, la corte osservava come dall'atto pubblico di donazione del 1985 non risultasse in alcun modo previsto che l'area oggetto di giudizio fosse interdetta al passaggio veicolare. In applicazione dell'art. 1102 c.c., la corte concludeva per l'inesistenza di un uso anomalo della res, fondando il relativo giudizio sui dati istruttori raccolti, atti a testimoniare, tra l'altro, che il passaggio veicolare denunciato avveniva, almeno parzialmente, sul terreno di proprietà esclusiva di Sp.Ro..
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S.R. sulla base di un motivo.
2.1. Ha resistito con controricorso Sp.Ro..
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo di ricorso, si censura la violazione e/o falsa applicazione dll'art. 949 c.c., art. 1108 c.c., art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte territoriale, in primis, erroneamente tratto dalla mancata espressa previsione contrattuale di un divieto di passaggio veicolare la conclusione che fosse stata implicitamente concessa tale facoltà allo Sp.Ro., quando, di contro, avrebbe dovuto essere quest'ultimo a dimostrare l'acquisto - originario o derivativo - di una servitù di transito veicolare, atta a legittimare l'esercizio di siffatta facoltà. Inoltre, parte ricorrente censura, altresì, l'orientamento della corte per non aver ravvisato un uso anomalo della res in comunione ex art. 1102 c.c., chiaramente dimostrato dalla diversa ulteriore utilità derivante dall'uso del bene, non più adibito semplicemente a parcheggio - come convenzionalmente pattuito -, bensì a transito veicolare per consentire allo Sp.Ro. di accedere al fondo di sua esclusiva proprietà.
1.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell'art. 360-bis c.p.c., n. 1.
1.2. In materia di uso della cosa comune ex art. 1102 c.c., è stato ampiamente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte che ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa di quella che ne viene tratta dagli altri comproprietari, purchè non venga alterata la destinazione del bene o compromesso il diritto al pari uso da parte di quest'ultimi. In particolare, per stabilire se l'uso più intenso da parte del singolo sia da ritenere consentito ai sensi dell'art. 1102 c.c., non deve aversi riguardo all'uso concreto fatto della cosa dagli altri condomini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno. Del resto, la nozione di pari uso della cosa comune, agli effetti dell'art. 1102 c.c., non va intesa nei termini di assoluta identità dell'utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario, in quanto l'identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio, pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell'oggetto della comunione (Cassazione civile sez. II, 14/04/2015, n. 7466; Cass. civ., n. 10453 del 2001).
1.3. A tale orientamento si è conformata la Corte d'appello di Genova, la quale ha considerato legittimo l'uso della corte comune per il transito dei veicoli in quanto non escluso dal titolo, nè idoneo a pregiudicare l'utilizzo da parte del comproprietario; del tutto apodittica è rimasta l'affermazione relativa alla destinazione di tale cortile ad area di parcheggio, non avendo il ricorrente prodotto il titolo convenzionale dal quale risulterebbe che sull'area in questione fosse consentito unicamente il parcheggio e non il transito, in violazione dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
2. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
2.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
2.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro2000,00 oltre Iva e cap come per legge oltre ad Euro 200,00per esborsi.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.