Con l'ordinanza in commento, la Corte di Cassazione chiarisce il rapporto tra Stato, Regioni ed altri Enti locali in termini di potestà sanzionatorio-amministrativa in materia ambientale.
Due società proponevano opposizione avverso le ordinanze-ingiunzioni con le quali la Provincia di Genova aveva comminato una sanzione pecuniaria per la violazione degli
Il Giudice distrettuale rigettava tale eccezione ritenendo che, nel vigore del D.Lgs n. 152/1992, la Regione Liguria aveva adottato la L.R. n. 43/1995 con la quale attribuiva alle Province sia la competenza per il rilascio delle autorizzazioni allo scarico sia il potere di comminare le sanzioni, e che tale competenza doveva intendersi riferita anche alle sanzioni amministrative pecuniarie previste all'
La parte attrice propone ricorso in Cassazione sostenendo che la possibilità di conferire la competenza sanzionatoria ad autorità diverse dalle Regioni, come le Province, era venuta meno con il
Con l'ordinanza n. 17569 del 18 giugno 2021, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e ritiene il motivo di doglianza inammissibile
Anzitutto, la Suprema Corte ribadisce che, l'incompetenza assoluta, che comporta la nullità del provvedimento sanzionatorio ed è rilevabile d'ufficio dal giudice, ricorre solo quando l'atto emesso riguarda materie totalmente estranee alla sfera degli interessi pubblici facenti capo all'amministrazione cui appartiene l'organo emittente, mentre l'incompetenza relativa, non rilevabile d'ufficio ma necessariamente dedotta con l'atto di opposizione, si configura nei casi in cui le materie rientrano, sia pure per fini diversi, nella sfera d'interessi pubblici facenti capo alla stessa amministrazione. Ciò detto, la Corte ritiene che il caso in esame rientri nell'ipotesi di incompetenza relativa.
Nelle sue argomentazioni la Cassazione osserva che, l'
Considerato ciò, la Corte di Cassazione ritiene che l'art. 135, cit., ha «preservato “le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità”, rendendo del tutto legittima una diversa regolazione mediante legge regionale, in mancanza di una riserva in favore di quella statuale».
Prosegue poi la Corte affermando che nemmeno l'
Svolgimento del processo
G.G.A. e la Mediterranea delle Acque s.p.a. (ora Iren Acqua s.p.a.) hanno proposto opposizione avverso cinque distinte ordinanze ingiunzioni, tutte emesse in data (omissis), con le quali la Provincia di Genova aveva applicato la sanzione pecuniaria di Euro 6.010,00 per violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 124 e art. 133, comma 2, contestando ai ricorrenti che gli impianti di depurazione di (omissis), (omissis) e (omissis), siti nel Comune di (omissis), recapitavano i reflui urbani in un affluente del Torrente (omissis) e nel (omissis) senza la prescritta autorizzazione. Il Tribunale ha respinto l'opposizione, regolando le spese, con pronuncia confermata in appello.
Il Giudice distrettuale ha ritenuto che l'eccezione di incompetenza della Provincia ad adottare il provvedimento sanzionatorio fosse stata tardivamente sollevata - non profilandosi un'ipotesi di incompetenza assoluta rilevabile d'ufficio - e fosse comunque infondata.
La sentenza ha sul punto evidenziato che, nel vigore del D.Lgs. n. 152 del 1992, art. 56, la Regione Liguria aveva già adottato la L. R. n. 43 del 1995, il cui art. 42, comma 2, lett. b), attribuiva alla Province, quale autorità competente per il rilascio delle autorizzazioni allo scarico, il potere di comminare le sanzioni previste dalla medesima disposizione, comma 1, e che, ai sensi della L. R. n. 41 del 2014, art. 22, detta competenza doveva intendersi riferita anche alle sanzioni ammnistrative pecuniarie contemplate dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135.
Ha ritenuto che l'art. 117 Cost., comma 2, lett. s), laddove riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell'ambiente, non osti al conferimento della delega mediante legge regionale, osservando che, come stabilito dalla Corte costituzionale con sentenza 28/1996, a) "la competenza sanzionatrice non attiene a una materia a sè, ma accede alle materie sostanziali, rispetto alla quale svolge una funzione rafforzatrice dei precetti stabiliti dal legislatore e che, pertanto, è pienamente giustificata la scelta del legislatore regionale di determinare la competenza amministrativa accessoria sulle sanzioni in coincidenza con la competenza all'esercizio delle funzioni principali di amministrazione"; b) che la L. n. 689 del 1981, art. 17, che, nelle materia di competenza propria o delegate della regione, attribuisce la potestà sanzionatoria all'ufficio regionale competente, non deve essere intesa in senso rigido, tale da escludere la possibilità di delega, in analogia con quanto previsto dall'art. 118 Cost., comma 3 - riguardo alle delegabilità delle funzioni amministrative primarie.
Ha inoltre ricordato che le Sezioni unite di questa Corte, pronunciando sulla giurisdizione in tema di sanzioni comminate dalla Provincia di Bergamo in materia di scarichi (sentenza n. 6095/2015), avevano preso atto che la L.R. Lombardia n. 26 del 2003, attribuisce alla Provincia la potestà sanzionatoria, senza rilevare profili di illegittimità della normativa.
Il giudice distrettuale ha poi ritenuto insussistente la nullità del provvedimento per il fatto che al verbale di contestazione non era stato allegato il verbale di sopralluogo, ritenendo sufficiente che l'atto individuasse tutti i presupposti in fatto e in diritto per l'irrogazione della sanzione, senza alcuna necessità di far riferimento ad ulteriori documenti, e, quanto alla carenza di legittimazione passiva dei ricorrenti, ha posto in rilievo che la sanzione è applicabile a qualunque soggetto che effettui lo scarico non autorizzato.
Riguardo alla convenzione ATO/AMGA, art. 4, approvata con decisione della Conferenza dei sindaci del 22.12.2003 e sottoscritta dall'AATO della Provincia di Genova e da AMGA il 16.4.2004, ha invece osservato che, con le decisioni della Conferenza dei Sindaci nn. 4/2003 e 5/2003, erano state salvaguardate le gestioni preesistenti (tra cui quella Mediterranea delle Acque s.p.a); che, ai sensi della convenzione, art. 7, comma 1, dette gestioni non erano state affidate al gestore d'ambito; che, al caso in esame, era inapplicabile la medesima convenzione, art. 4, il che escludeva una responsabilità del gestore d'ambito assorbente rispetto a quella del gestore operativo dell'impianto di depurazione.
La Corte distrettuale ha considerato - infine - irrilevante che la ricorrente non fosse a conoscenza dell'adeguatezza della rete fognaria, trattandosi di circostanza inidonea a superare la presunzione di colpa ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 3.
La cassazione della sentenza è chiesta da G.G.A. e dalla Iren Acqua s.p.a., già Mediterranea delle Acque s.p.a., con ricorso in tre motivi, illustrati con memoria.
La Città Metropolita di Genova, subentrata alla Provincia di Genova, resiste con controricorso.
Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente infondato, poteva esser definito ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., in relazione all'art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l'adunanza in camera di consiglio.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo censura la violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Dopo aver premesso che l'incompetenza della Provincia ad accertare la violazione era profilo deducibile anche in appello, configurandosi un difetto assoluto di attribuzione degli organi accertatori e la nullità radicale - rilevabile d'ufficio - dell'ordinanza ingiunzione, i ricorrenti evidenziano che il D.Lgs. n. 152 del 1995, art. 56, nel punto in cui faceva salva la possibilità che, con espressa disposizione di legge regionale, la competenza all'irrogazione delle sanzioni in materia di acque fosse conferita ad autorità diverse dalle Regioni e delle Province autonome, non è stato riprodotto nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135, essendo venuta meno la possibilità di delegare tali funzioni alle Province.
Tale preclusione troverebbe conferma nella giurisprudenza della Corte costituzionale, che:
a) con decisione n. 133/2012, in tema di conferimento agli enti locali delle funzioni in materia di ambiente, tutela del suolo ed energia, ha ritenuto l'illegittimità di qualsivoglia legge regionale che disciplini la materia, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato;
b) con sentenza n. 234/2010, ha ritenuto che la disciplina statale contempli un limite minimo di tutela non derogabile dalle Regioni;
c) con sentenza n. 187/2011, ha ritenuto che lo Stato abbia competenza normativa esclusiva in materia di adeguamento degli scarichi di acque reflue non ancora a norma.
A parere dei ricorrenti occorreva inoltre considerare che la L.R. Liguria n. 43 del 1995, era stata adottata, prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, in attuazione della L. Delega n. 36 del 1944, successivamente abrogata dal testo unico, per cui la norma interpretativa di cui alla L.R. n. 41 del 2014, non poteva comportare la reviviscenza della disposizione abrogata. Infine, la potestà sanzionatoria attribuita della Provincia non poteva legittimarsi in virtù della stretta connessione con il conferimento, sempre in favore della Provincia, del potere di rilascio delle autorizzazioni allo scarico, non essendo delegabili le funzioni amministrative primarie in tema di acque.
Il motivo è inammissibile ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c., n. 1.
1.1. Deve premettersi che, come già statuito da questa Corte, il vizio di incompetenza assoluta, che è causa di nullità del provvedimento, rilevabile d'ufficio dal giudice, "ricorre soltanto se l'atto emesso concerne una materia del tutto estranea alla sfera degli interessi pubblici attribuiti alla cura dell'amministrazione cui l'organo emittente appartiene" (Cass. 28108 del 2018; Cass. 12555 del 2012), ossia se "il provvedimento adottato da un certo organo riguardi una materia del tutto estranea all'ambito degli interessi pubblici attribuiti alla cura dell'amministrazione cui l'organo stesso appartiene", mentre si ha incompetenza relativa nel rapporto tra organi od enti nelle cui attribuzioni rientri, sia pure a fini ed in casi diversi, una determinata materia (Cass. 4924 del 1992; Cass. 8987 del 1990; Cass. 6308 del 1990).
Posto invece che, nel caso di specie, l'autorità che ha emesso il provvedimento (la Provincia di Genova) non solo era l'ente deputato al rilascio delle autorizzazioni in materia di scarichi idrici ai sensi del D.Lgs. n. 152 del 2006, ma, per ciò che concerne la Regione Liguria, era proposto anche alla tutela delle acque (cfr., L.R. n. 43 del 1995, art. 3), sarebbe stato in concreto configurabile al più un vizio di incompetenza relativa che, non determinando la nullità assoluta delle ordinanze, non era rilevabile d'ufficio, ma doveva esser dedotto con l'atto di opposizione (Cass. n. 23383 del 2018; Cass. n. 28108 del 2018; Cass. n. 27909 del 2018).
In ogni caso, l'eccezione è infondata anche nel merito.
1.2. Il D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 56, comma 1, nella sua formulazione originaria, disponeva testualmente, che "fatte salve le altre disposizioni della L. 24 novembre 1981, n. 689, in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'art. 54, commi 8 e 9, per le quali è competente il comune, salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità".
La norma è stata successivamente modificata dalla L. n. 258 del 2000, art. 22, facendo salve, quanto all'attribuzione della potestà sanzionatoria, anche "le diverse disposizioni delle regioni o delle province autonome".
Il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135, sopprimendo tale inciso, ha adottato una formulazione sostanzialmente analoga al testo originario del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 56, prevedendo che "in materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 18 e ss., la regione o la provincia autonoma nel cui territorio è stata commessa la violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'art. 133, comma 8, per le quali è competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità".
Occorre dunque ricordare che, con riferimento al testo originario del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 56 (anteriore alle modifiche di cui alla L. n. 258 del 2000), questa Corte ha già stabilito che la norma non ha comportato l'abrogazione delle precedenti previsioni della legge regionale prevedenti l'attribuzione - in capo alle Province - delle funzioni di accertamento e di applicazione delle sanzioni in tema di scarichi.
L'art. 56, non esprime - difatti - un "principio fondamentale" della legislazione dello Stato, tale da spiegare, in caso di sopravvenuta adozione di leggi statali modificative di detti principi fondamentali, l'efficacia abrogativa delle leggi regionali preesistenti incompatibili prevista dalla L. n. 62 del 1953, art. 10, non essendo diretta a realizzare in tale ambito - un interesse "unitario" cui dare piena attuazione su tutto il territorio nazionale, con effetti di vincolo assoluto e generalizzato all'esplicazione della potestà legislativa delle Regioni (Cass. 24 febbraio 2004, n. 3620), o tale da impedire che, nelle singole legislazioni regionali, possano intervenire "altre pubbliche autorità", di competenza territoriale più circoscritta, diverse da quelle previste e regolate nell'ordinamento generale (Cass. 3176/2004; Cass. 8511/2005).
A tali principi deve darsi continuità anche nel vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135, non potendo ritenersi - alla luce del tenore testuale della disposizione e della ravvisata continuità di disciplina rispetto alla formula originaria del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 56, - che la soppressione del riferimento alle diverse disposizioni della legge regionale (o delle province autonome) abbia introdotto un più penetrante vincolo al legislatore regionale, sì da impedire la delega delle potestà sanzionatorie in materia di scarichi.
La norma ha - anzi - espressamente preservato "le attribuzioni affidate dalla legge ad altre pubbliche autorità", rendendo del tutto legittima una diversa regolazione mediante legge regionale, in mancanza di una riserva in favore di quella statuale.
Deve inoltre porsi in rilievo che il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 170, comma 11, ha espressamente fatto salvi gli effetti degli atti e dei provvedimenti adottati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'art. 175 (tra cui il D.Lgs. n. 152 del 1999), fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte terza del suddetto decreto, conseguendone che nessuna illegittimità potrebbe comunque ravvisarsi nei provvedimenti addottati dalla Provincia di Genova in base alla disciplina regionale anteriore all'adozione, da parte della Regione Liguria, della L. n. 41 del 2014, tanto più quest'ultima ha riconfermato, con riferimento al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 135, il disposto della L.R. n. 43 del 1995, art. 42, comma 2, lett. b), che già attribuiva alle Province il potere di accertamento e di irrogazione delle sanzioni.
1.3. Nessun divieto di delega mediante legge regionale può farsi discendere dal disposto dell'art. 117 Cost., comma 2, lett. s).
Il testo novellato dell'art. 117 Cost., comma 2, lett. s) - che riserva allo Stato la potestà legislativa esclusiva sulla " tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e dei beni culturali " - configura una competenza sovente connessa ed intrecciata inestricabilmente con altri interessi e competenze regionali concorrenti.
La tutela dell'ambiente - inteso come valore costituzionalmente protetto - delinea, infatti, una di competenza trasversale in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali, che devono esplicarsi nel rispetto degli standard di tutela uniformi stabiliti sull'intero territorio nazionale da parte dello Stato.
Il limite dell'intervento legislativo regionale in materia è - quindi costituito dal rispetto dei principi regolatori stabiliti dal legislatore statale in tema di soglie minime di tutela dell'ambiente (cfr. Corte Cost. 246 del 2006; Corte Cost. 378 del 2007; Corte Cost. 244 del 2012).
Come chiarito dalla Corte costituzionale, non sussiste - dunque - la violazione dell'art. 117 Cost., comma 2, lett. s), nè dell'art. 118 Cost., commi 1 e 2 - allorquando la Regione deleghi alle Province il relativo potere autorizzatorio, in quanto detta delega non risulta lesiva di alcun principio costituzionale ed anzi è coerente con il principio di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, posto dall'art. 118 Cost. e dal D.Lgs. n. 112 del 1998, art. 3, secondo il quale ciascuna regione determina, in conformità al proprio ordinamento, le funzioni amministrative che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale, provvedendo contestualmente a conferire le altre agli enti locali (Corte Cost. 380/2007).
2. Il secondo motivo denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, e del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 133, comma 2, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per aver la sentenza escluso l'illegittimità dei verbali di contestazione benchè non fossero stati allegati i verbali di sopralluogo, e per aver ritenuto sufficiente l'indicazione degli atti di accertamento presupposti e della data e del luogo dei sopralluoghi e dei campionamenti, occorrendo la puntuale indicazione del numero identificativo del detto verbale e del numero di protocollo.
Il motivo è infondato.
Come ha chiarito la sentenza, in tema di procedimento amministrativo, ai fini del rispetto del precetto posto dalla L. n. 241 del 1990, art. 3, comma 3, è sufficiente che l'atto indicato in motivazione sia reso disponibile per l'interessato, non avendo tale norma (a differenza di quanto stabilito dalla L. n. 212 del 2002, art. 7, comma 1, cd. Statuto dei diritti del contribuente), posto a carico dell'amministrazione anche un obbligo di allegazione.
La legittimità del provvedimento che applica la sanzione amministrativa (che può essere motivato anche per relationem: Cass. n. 18469 del 2014; Cass. n. 10757 del 2008; Cass. n. 12320 del 2004; Cass. n. 16608 del 2003; Cass. n. 9357 del 2003), richiede che l'interessato possa averne visione ed estrarre copia nelle forme che disciplinano il diritto di accesso (Cass. n. 389 del 2006; Cass. n. 12320 del 2004).
Il fatto che il verbale di contestazione non indicasse i dati identificativi dei verbali di sopralluogo non poteva avere rilevanza, in mancanza della stessa deduzione che tale omissione avesse impedito ai ricorrenti di acquisirne conoscenza tramite l'esercizio del diritto di accesso.
3. Il terzo secondo motivo denuncia la violazione e/o la falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14, e del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 133, comma 2, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per aver la Corte di merito erroneamente respinto l'eccezione di carenza di legittimazione passiva, trascurando che:
- gli impianti di cui si discute erano rimasti in proprietà del Comune;
- a partire dal 1999 la gestione del servizio era stata affidata alla Genova Acque s.p.a (poi Mediterranea delle acque s.p.a.) controllata dalla AMGA;
a seguito della riorganizzazione del servizio idrico integrato, la programmazione degli investimenti era stata affidata all'Autorità di ambito, tenuta ad elaborare il relativo piano e i programmi di intervento;
la Conferenza dei sindaci del territorio, con Del. n. 4 del 2003 e Del. n. 5 del 2003, aveva salvaguardato le gestioni facenti capo alla AMGA (oggi Iren gas e acqua spa) e che, con successive delibere nn. 8/2003 e 16/2003, era stata riservata a detta società la gestione transitoria del servizio, relativamente all'ambito territoriale ottimale, ed il coordinamento delle gestioni salvaguardate;
- che, per individuare le singole competenze dei gestori, occorreva tener conto della Convenzione del 16.4.2004 e della successiva convenzione aggiuntiva del 5.10.2009, il cui art. 3, comma 2, aveva prorogato della prima convenzione, art. 4, comma 1, il quale aveva conferito al gestore operativo la responsabilità per il buon funzionamento dei servizi e all'AMGA i compiti di manutenzione degli impianti e delle reti e la progettazione e realizzazione degli interventi di miglioramento del servizio sulla base delle decisioni assunte dall'Autorità d'ambito, secondo le priorità stabilite dal programma di interventi;
- che l'assenza di autonomia decisionale e la circostanza che la ricorrente non fosse a conoscenza - al momento della consegna degli impianti- delle loro condizioni di funzionalità impedivano di configurare a suo carico una responsabilità -anche solo concorrente - per le violazioni contestate, mancando l'elemento soggettivo della colpa;
che la Mediterranea acque s.p.a aveva - difatti - effettuato la ricognizione della rete, mentre il gestore unico, proprio sulla base delle informazioni raccolte, aveva sollecitato l'inserimento nel piano d'ambito del progetto di realizzazione o di adeguamento dei sistemi di depurazione del Comune di (omissis) e la creazione di 22 nuovi impianti;
- che l'autorità di ambito aveva tuttavia proposto, esclusivamente uno stanziamento di Euro 2.450.0000 per la costruzione di reti fognarie e del depuratore nel solo capoluogo;
- che non era lecito disattendere i contenuti della convenzione nè trascurare che l'obbligo di richiedere l'autorizzazione allo scarico competeva al gestore d'ambito, ai sensi del D.Lgs. n. 205 del 2006, art. 124, comma 2;
- che, in ogni caso, non era stata contestata una responsabilità concorrente ai singoli enti interessati, il che rendeva illegittimo il provvedimento impugnato.
Il motivo è infondato.
Come evidenziato dalla sentenza gravata, è decisivo rilevare che l'ipotesi regolata dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 133, comma 2, è perfettamente assimilabile alla previgente disposizione del D.Lgs. n. 152 del 1999, art. 54, comma 2, che già puniva "chiunque avesse effettuato scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie... senza l'autorizzazione".
Entrambe le previsioni non configurano illeciti propri, la cui consumazione presupponga una particolare qualità del soggetto attivo, per cui il responsabile della violazione non si identifica solo con il titolare dell'autorizzazione all'esercizio dell'impianto (che apra nuove vie di scarico), restando assoggettato alla sanzione qualsiasi soggetto che gestisca o comunque detenga di fatto la condotta di scarico non autorizzata (Cass. n. 3176/2006; Cass. 8364/2020; Cass. 1740/2020).
Ciò rendeva irrilevante il contenuto delle convenzioni richiamate in ricorso, posto che il riparto di competenze fissato in seno alla Conferenza dei Sindaci e poi trasfuso nelle predette convenzioni non consentiva di escludere la responsabilità del gestore operativo dell'impianto per l'effettuazione degli scarichi non autorizzati.
La tesi dei ricorrenti, circa il rilievo del contenuto delle convenzioni del 16.4.2004 e 5.10.2009, non inficia inoltre l'accertamento in fatto svolto dalla Corte di merito riguardo alla circostanza che la prima di tali convenzioni non era applicabile alla gestione salvaguardata affidata alla Mediterranea Acque (conseguendone l'impossibilità di invocare anche il contenuto della convenzione modificativa del 2009) e che, anzi, dal piano d'ambito relativo agli anni 2004/2008, risultava che ai titolari delle gestioni salvaguardate era stato attribuito un ruolo attivo nella realizzazione del piano stesso, dando atto inoltre che la Mediterranea delle acque era tenuta a fornire al gestore unico il supporto specialistico per la progettazione, essendo dotata di una struttura operativa in grado di affrontare il piano operativo ed in possesso di comprovata esperienza in tema di costruzione e gestione degli impianti (cfr. sentenza, pag. 13).
In questo quadro - logicamente e motivatamente definito dal giudice distrettuale - l'accertamento di una sfera di piena autonomia gestionale in capo alla ricorrente escludeva - a fortiori - la sussistenza di esimenti, consentendo semmai di configurare un'ulteriore responsabilità a titolo di concorso in capo alla società tenuta alla gestione del Servizio Idrico Integrato o l'esistenza di un ruolo più o meno penetrante di coordinamento o controllo da parte di altra società.
Non era dunque configurabile una responsabilità esclusiva del Gestore d'Ambito posto che, anche a voler riconoscere in capo a quest'ultimo il potere di compiere le scelte riguardanti il completamento degli impianti, non era consentito - ai ricorrenti contravvenire alla prescrizione che imponeva il previo rilascio dell'autorizzazione per lo scarico.
Il ricorso è respinto con aggravio di spese secondo soccombenza.
Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti - in solido - al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compenso, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.