Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
1 settembre 2021
Contestazione del compenso: fino a quando l’avvocato può produrre documenti?

In caso di contestazione del compenso professionale, l'avvocato può legittimamente produrre la necessaria documentazione fino alla prima udienza di comparizione delle parti dinanzi al Tribunale in composizione collegiale.

La Redazione

L'avvocato chiedeva al Tribunale di Busto Arsizio la condanna della società cliente al pagamento della somma di circa 72mila euro a titolo di compenso per l'attività professionale svolta. A seguito della conversione del rito e della riassunzione del giudizio dinanzi alla Corte d'Appello di Milano, quest'ultima accoglieva parzialmente il ricorso del legale.
Contro tale ordinanza, l'avvocato propone ricorso per cassazione lamentando, tra i diversi motivi, il fatto che il Giudice avesse dichiarato tardiva la produzione di alcuni documenti effettuata durante la prima ed unica udienza di comparizione delle parti, avvenuta a seguito della conversione del rito.

Con l'ordinanza n. 23677 del 31 agosto 2021, la Corte di Cassazione ha dichiarato fondato il motivo prospettato dal ricorrente. In tal senso, la Corte ha osservato come il Giudice avesse ritenuto che l'avvocato non avrebbe prodotto tempestivamente tutta la documentazione riguardante l'attività effettivamente da lui svolta, non liquidando di conseguenza alcun compenso. In questo modo, però, il Giudice non aveva tenuto conto che l'udienza svoltasi a seguito della conversione del rito nelle forme previste dall'art. 14 D. lgs. n. 150/2011 doveva considerarsi quale unica udienza, potendo in tale sede essere legittimamente prodotti documenti.
A tal proposito, la Corte ha ribadito che «Al pari che nel rito ordinario, ove non è prevista nessuna immediata decadenza per la mancata indicazione dei mezzi di prova negli atti introduttivi del giudizio, stante le ulteriori facoltà di deduzioni istruttorie consentite nella fase della trattazione, nemmeno l'art. 702-bis c.p.c. sancisce, infatti, alcuna preclusione istruttoria, dovendosi al più argomentare sul piano logico che una compiuta articolazione probatoria, operata già in sede di ricorso e di comparsa di risposta, occorra perché il giudice possa consapevolmente adoperare in udienza l'eventuale potere di conversione del rito e di fissazione dell'udienza ex art. 183 c.p.c.».
Ciò posto, è allora la pronuncia della relativa ordinanza a costituire «la barriera processuale che impedisce alle parti la formulazione di nuove richieste istruttorie».

Alla luce di quanto affermato, le produzioni effettuate dall'avvocato dovevano ritenersi ammissibili, dunque la Suprema Corte accoglie la doglianza sopra illustrata, cassa la decisione in relazione alla stessa e rinvia la causa al Tribunale di Busto Arsizio.

Documenti correlati
Il tuo sistema integrato di aggiornamento professionale
Non sei ancora abbonato?
Non sei ancora abbonato?