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1 settembre 2021
Anche la clausola ambigua che riguarda l’oggetto o il corrispettivo del contratto può essere dichiarata nulla

La mancanza di chiarezza sull'oggetto o sul corrispettivo del contratto determina uno squilibrio per la parte debole, pertanto vanno dichiarate nulle tali clausole contrattuali. Fondamentale anche il giudizio dell'Antitrust che ha valore di presunzione legale sul piano civile.

La Redazione
Con la sentenza n. 23655 del 31 agosto 2021, la Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: «in tema di contratti conclusi fra professionista e consumatore, le clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile possono essere qualificate vessatorie o abusive e pertanto affette da nullità, se determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e ciò anche ove esse concernano la stessa determinazione dell'oggetto del contratto o l'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, se tali elementi non sono individuati in modo chiaro e comprensibile».
 
La vicenda trae origine dal ricorso di due clienti di una banca, i quali deducevano l'invalidità delle clausole dei contratti di mutuo “prima casa” indicizzati al franco svizzero per difetto di chiarezza e comprensibilità.
Contrariamente a quanto stabilito dalla Cassazione, il giudice del gravame aveva limitato la nullità alle sole clausole vessatorie, prevedendo per quelle considerate “ambigue” un'interpretazione nel senso più favorevole alla parte debole. Tuttavia, trattasi di un'affermazione che contrasta con il diritto europeo, ed in particolare con il sistema di tutela del consumatore in materia di clausole contrattuali previsto dalla direttiva 93/13/CEE, fondato sul presupposto che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista quanto a potere nelle trattative e livello di informazione.
 
Nel caso in esame rileva inoltre il provvedimento del Garante del mercato e della concorrenza con cui si giudicano poco chiare e trasparenti le clausole dei mutui in euro della banca indicizzati in valuta estera. Sul punto, la Cassazione ha affermato che «in tema di contratti fra professionista e consumatore, allorchè si controverta in sede civile sulla chiarezza e comprensibilità delle clausole contrattuali, anche nella prospettiva dell'accertamento di un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto determinano a carico del consumatore, opera una presunzione legale, suscettibile di prova contraria, non sancita espressamente dalla legge e scaturente dalla funzione sistematica assegnata agli strumenti di public enforcement, che genera un dovere di motivazione e di specifica confutazione in capo al giudice ordinario adito ai sensi dell'art. 37-bis, comma 4 Codice del consumo e chiamato ad occuparsi dello stesso regolamento contrattuale oggetto del provvedimento amministrativo e giudicato non chiaro e comprensibile dall'Autorità Garante per la concorrenza e il mercato».
 
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