Un avvocato veniva citato dinanzi al
Il giudice di secondo grado, ritenendo provato sia il conferimento del mandato professionale che la negligenza del professionista, accoglieva il gravame. Infatti, secondo il Tribunale, l'avvocato «non aveva posto in essere alcuna condotta di adempimento, sicché risultava evidente la sua negligenza», nonostante avesse rassicurato più volte le parti del corretto svolgimento del mandato. Considerato ciò, il Tribunale calcolava il danno da risarcire sulla base di un giudizio prognostico, tenendo conto di quanto la vittima avrebbe ottenuto quale ristoro dei danni subiti, quantificati in modo equitativo.
L'avvocato propone ricorso in Cassazione, lamentando la violazione degli
Con ordinanza n. 23434 del 25 agosto 2021, la Corte di Cassazione accoglie il motivo di ricorso richiamando l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la quantificazione del danno necessita di una adeguata motivazione, «rimanendo fermo il dovere del giudice del merito di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto al risultato finale della liquidazione, in ordine al quale egli deve considerare tutte le circostanze del caso concreto e, specificamente, quali elementi di riferimento pertinenti, l'attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato, la gravità delle lesioni e degli eventuali postumi permanenti».
Contrariamente, nel caso in esame, il Tribunale aveva motivato la sua decisione con un richiamo alla giurisprudenza in tema di responsabilità professionale dell'avvocato per mancato svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente. In questi casi, argomenta la Corte, «la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile" da applicarsi non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa».
Provata la corrispondenza tra il danno da risarcire e il probabile esito positivo della pretesa risarcitoria per l'incidente stradale di cui al mandato professionale, la Corte conclude affermando che «il Tribunale aveva l'obbligo di motivare la liquidazione equitativa, indicando i criteri adoperati e gli elementi di fatto valorizzati, criteri ed elementi rispetto ai quali doveva fornire la dimostrazione della loro attinenza alla liquidazione, pur senza essere tenuto a una dimostrazione minuziosa e particolareggiata degli elementi valorizzati».
Svolgimento del processo
1. M.G. e R.F. convenivano dinanzi il giudice di pace di Marano di Napoli l'avvocato C.A., chiedendone la condanna al risarcimento del danno per negligenza professionale in relazione ad un mandato avente ad oggetto un incidente stradale.
2. Il Giudice di pace rigettava la domanda.
3. Gli attori proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
4. Il Tribunale di Napoli Nord accoglieva l'impugnazione. In particolare, il giudice dell'appello riteneva sussistere la prova del conferimento di un mandato professionale. Inoltre, riteneva provata la negligenza nell'espletamento del suddetto mandato, in quanto dall'istruttoria risultava accertato che nel mese di (OMISSIS) R.F. alla guida di un ciclomotore di proprietà di M.G. era stata investita da un veicolo Piaggio e che la responsabilità del sinistro era da ascrivere all'esclusiva responsabilità del conducente del ciclomotore Piaggio. A seguito del sinistro R.F. riportava lesioni personali e il ciclomotore riportava danni. L'Avvocato C. investito del mandato professionale aveva rassicurato più volte le parti del corretto svolgimento del mandato in vista del conseguimento del risarcimento dei danni patiti. Egli, invece, non aveva posto in essere alcuna condotta di adempimento del suddetto mandato, sicchè risultava evidente la sua negligenza e, sulla base di un giudizio prognostico, il danno da risarcire doveva essere calcolato tenendo conto di quanto R.F. avrebbe ottenuto quale ristoro dei danni subiti, quantificati in modo equitativo in Euro 5500, e M.G. per i danni al ciclomotore in Euro 900.
5. C.A. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
6. M.G. e R.F. hanno resistito con controricorso e hanno presentato memoria fuori termine, insistendo nella richiesta di rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell'art. 112 c.p.c..
Il giudice dell'appello in accoglimento della domanda sarebbe andato ultra petita in quanto la richiesta di risarcimento del danno era stata quantificata in Euro 5000 e non poteva essere liquidato un danno maggiore. Risulterebbero violati il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all'art. 112 c.p.c..
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c..
La censura attiene alla mancanza di legittimazione attiva di M.G. nella veste di proprietario del ciclomotore danneggiato. Tale qualità non sarebbe stata dimostrata da alcun documento versato in atti. La mancanza di legittimazione sarebbe rilevabile d'ufficio e, dunque, risulterebbero violate le norme indicate in rubrica.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c..
La censura attiene alla quantificazione del danno fisico senza indicare la natura all'entità delle lesioni riportate e la sussistenza di postumi permanenti e con quale grado percentuale di invalidità permanente.
3.1 Il primo e il terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Il Tribunale, quale giudice dell'appello, è andato oltre la domanda, in quanto gli attori avevano agito dinanzi al giudice di pace competente per valore nei limiti di Euro 5.000 in relazione alla domanda di risarcimento che non aveva ad oggetto un danno prodotto dalla circolazione di veicoli, quanto piuttosto la responsabilità dell'avvocato C. nell'espletamento del mandato professionale. In tal caso, dunque, non è applicabile quella giurisprudenza secondo la quale non ricorre il vizio di ultrapetizione quando l'attore, con l'atto introduttivo del giudizio, rivendichi, per lo stesso titolo, l'attribuzione di una somma determinata ovvero dell'importo, non quantificato, eventualmente maggiore, che sarà accertato all'esito del giudizio (Sez. L, Ord. n. 20707 del 2018).
Infatti, l'aver agito dinanzi al giudice di pace impone di ritenere la domanda degli attori coincidente con il limite di valore delle cause attribuite al giudice adito. In tal senso deve richiamarsi il seguente principio di diritto: "In tema di determinazione della competenza per valore, nell'ipotesi in cui una domanda di risarcimento danni venga proposta avanti al giudice di pace con la richiesta della condanna della controparte al pagamento di un importo indicato in una somma inferiore (o pari) al limite della giurisdizione equitativa del giudice di pace ovvero della somma maggiore o minore che risulti dovuta all'esito del giudizio, la formulazione di questa seconda richiesta alternativa non può essere considerata - agli effetti dell'art. 112 c.p.c. - come meramente di stile, in quanto essa (come altre consimili), lungi dall'avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull'ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all'ammontare della somma determinata che venga indicata nelle conclusioni specifiche. Ne discende che la suddetta richiesta alternativa si risolve in una mancanza di indicazione della somma domandata, con la conseguenza che la domanda, ai sensi della seconda proposizione dell'art. 14 c.p.c., si deve presumere di valore eguale alla competenza del giudice adito e che, ai sensi del comma 3 della stessa norma, in difetto di contestazione da parte del convenuto del valore così presunto, quest'ultimo rimane "fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza del giudice adito", cioè nel massimo della competenza per valore del giudice di pace sulla tipologia di domande fra cui rientra quella proposta. (Sulla base di tale principio la Suprema Corte ha ritenuto che correttamente la sentenza di primo grado fosse stata appellata ed ha disatteso il motivo di ricorso che sosteneva il mancato rilievo da parte del giudice d'appello della pretesa inappellabilità" (Sez. 3, Sent. n. 15698 del 2006) Anche la censura proposta con il terzo motivo è fondata. Infatti, con riferimento al giudizio equitativo, la quantificazione del danno necessita di adeguata motivazione, rimanendo fermo il dovere del giudice del merito di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto al risultato finale della liquidazione, in ordine al quale egli deve considerare tutte le circostanze del caso concreto e, specificamente, quali elementi di riferimento pertinenti, l'attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato, la gravità delle lesioni e degli eventuali postumi permanenti. (Sez. 3, Sent. n. 20320 del 2005) Nella specie, la motivazione del Tribunale si esaurisce solo nel richiamo alla giurisprudenza in tema di responsabilità professionale dell'avvocato per omesso svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente. In tal caso, infatti, opera la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile" da applicarsi non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa (Sez. 3, Sent. n. 25112 del 2017).
Una volta stabilito che il danno da risarcire corrispondeva al probabile esito positivo della richiesta di risarcimento del danno per l'incidente stradale di cui al mandato professionale, il Tribunale aveva l'obbligo di motivare la liquidazione equitativa, indicando i criteri adoperati e gli elementi di fatto valorizzati, criteri ed elementi rispetto ai quali doveva fornire la dimostrazione della loro attinenza alla liquidazione, pur senza essere tenuto a una dimostrazione minuziosa e particolareggiata degli elementi valorizzati (Sez. 3, Sent. n. 3191 del 14/02/2006).
2.1 Il secondo motivo è infondato.
Nel giudizio di cassazione non è consentita la prospettazione di nuove questioni di diritto o contestazioni che modifichino il thema decidendum ed implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, anche ove si tratti di questioni rilevabili d'ufficio.
Nella specie la questione della mancanza di prova circa la legittimazione del M. nella sua qualità di proprietario del ciclomotore non risulta in alcun modo sollevata nel giudizio di merito e, dunque, non può essere sollevata per la prima volta nel giudizio di Cassazione, oltre al fatto che tratta di una circostanza non contestata, avendo il Tribunale affermato che alla luce dell'istruttoria espletata il ciclomotore era di proprietà di M.G..
5. In conclusione, la Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa e rinvia al Tribunale di Napoli Nord in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa e rinvia al Tribunale di Napoli nord in diversa composizione che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.