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31 agosto 2021
Necessaria l’indicazione dei criteri nella liquidazione equitativa del danno subito dal cliente per inerzia dell’avvocato
In tema di responsabilità professionale, il giudice deve fornire un'adeguata motivazione in relazione alla quantificazione del danno che l'avvocato inerte ha provocato al suo assistito.
La Redazione

Un avvocato veniva citato dinanzi al giudice di pace di Marano di Napoli per negligenza professionale in relazione ad un mandato avente ad oggetto un incidente stradale in cui erano stati coinvolti gli attori, suoi assistiti. Quest'ultimi, rigettata la domanda risarcitoria, proponevano appello davanti al Tribunale di Napoli Nord.
Il giudice di secondo grado, ritenendo provato sia il conferimento del mandato professionale che la negligenza del professionista, accoglieva il gravame. Infatti, secondo il Tribunale, l'avvocato «non aveva posto in essere alcuna condotta di adempimento, sicché risultava evidente la sua negligenza», nonostante avesse rassicurato più volte le parti del corretto svolgimento del mandato. Considerato ciò, il Tribunale calcolava il danno da risarcire sulla base di un giudizio prognostico, tenendo conto di quanto la vittima avrebbe ottenuto quale ristoro dei danni subiti, quantificati in modo equitativo.

L'avvocato propone ricorso in Cassazione, lamentando la violazione degli artt. 115 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione alla quantificazione del danno fisico, poiché non era stata indicata «la natura e l'entità delle lesioni riportate e la sussistenza di postumi permanenti e con quale grado percentuale di invalidità permanente».

Con ordinanza n. 23434 del 25 agosto 2021, la Corte di Cassazione accoglie il motivo di ricorso richiamando l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la quantificazione del danno necessita di una adeguata motivazione, «rimanendo fermo il dovere del giudice del merito di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto al risultato finale della liquidazione, in ordine al quale egli deve considerare tutte le circostanze del caso concreto e, specificamente, quali elementi di riferimento pertinenti, l'attività espletata, le condizioni sociali e familiari del danneggiato, la gravità delle lesioni e degli eventuali postumi permanenti».
Contrariamente, nel caso in esame, il Tribunale aveva motivato la sua decisione con un richiamo alla giurisprudenza in tema di responsabilità professionale dell'avvocato per mancato svolgimento di un'attività da cui sarebbe potuto derivare un vantaggio personale o patrimoniale per il cliente. In questi casi, argomenta la Corte, «la regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile" da applicarsi non solo all'accertamento del nesso di causalità fra l'omissione e l'evento di danno, ma anche all'accertamento del nesso tra quest'ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, atteso che, trattandosi di evento non verificatosi proprio a causa dell'omissione, lo stesso può essere indagato solo mediante un giudizio prognostico sull'esito che avrebbe potuto avere l'attività professionale omessa».
Provata la corrispondenza tra il danno da risarcire e il probabile esito positivo della pretesa risarcitoria per l'incidente stradale di cui al mandato professionale, la Corte conclude affermando che «il Tribunale aveva l'obbligo di motivare la liquidazione equitativa, indicando i criteri adoperati e gli elementi di fatto valorizzati, criteri ed elementi rispetto ai quali doveva fornire la dimostrazione della loro attinenza alla liquidazione, pur senza essere tenuto a una dimostrazione minuziosa e particolareggiata degli elementi valorizzati».

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