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2 settembre 2021
Inammissibile la richiesta di riesame proposta via PEC

La Cassazione illustra, attraverso l'analisi del quadro normativo vigente, i passaggi che hanno portato a dichiarare inammissibile la richiesta di riesame proposta mediante PEC.

La Redazione

Il Tribunale di Milano dichiarava inammissibile la richiesta di riesame contro il decreto di sequestro preventivo presentata dalla società ricorrente, ritenendo illegittima l'impugnazione perché trasmessa via PEC.
La società propone ricorso per cassazione lamentando, tra i diversi motivi, la violazione dell'art. 24, commi 4 e 5, D.L. n. 137/2020, nonché del comma 6-quinquies, inserito con la legge di conversione n. 176/2020.

Con la sentenza n. 32620 del 1° settembre 2021, la Suprema Corte rigetta il ricorso, osservando come il suddetto art. 24, nella sua stesura originaria, al fine di contenere l'emergenza epidemiologica da Covid-19, abbia previsto la possibilità di depositare gli atti attraverso l'invio tramite PEC. Ora, la Corte ha ritenuto che in assenza di una specifica previsione, la norma non possa ritenersi riferita anche agli atti di impugnazione, per i quali vige il principio di tassatività.
Tuttavia, gli Ermellini evidenziano che il comma 6-quinquies ha previsto che il deposito via PEC si applichi a tutti gli atti di impugnazione, ma solo quando ricorrono le condizioni di cui ai commi 6-bis, 6-ter e 6-quater dello stesso articolo.
Preso atto del problema interpretativo sul tema, il legislatore della conversione ne ha chiarito l'ambito di applicazione, anche temporale, stabilendo al comma 6-decies che «le disposizioni di cui ai commi da 6-bis a 6-novies si applicano agli atti di impugnazione di qualsiasi tipo, agli atti di opposizione e i reclami giurisdizionali proposti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Fino alla suddetta data conservano efficacia gli atti d'impugnazione di qualsiasi tipo, gli atti di opposizione e i reclami giurisdizionali in formato elettronico, sottoscritti digitalmente, trasmessi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto alla casella di posta elettronica certificata del giudice competente, ai sensi del comma 4».

Così facendo, la disposizione distingue 2 fasi temporali: quella per le impugnazioni proposte dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione e quella per gli atti precedentemente trasmessi, tra i quali rientra l'istanza di riesame oggetto di causa. Tenendo conto che per questi ultimi la legge ne ammette l'efficacia a condizione che l'atto sia stato trasmesso alla casella di posta elettronica certificata del giudice competente, come prevista dal comma 4 dell'art. 24 stesso, e che sia stato sottoscritto digitalmente, gli Ermellini riscontrano che l'atto in questione non soddisfa nessuno dei 2 requisiti. Segue, dunque, il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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