
Per gli Ermellini, non è sufficiente una riparazione parziale del danno ai fini del riconoscimento dell'attenuante anche se la persona offesa ha fornito una dichiarazione liberatoria, in quanto il pregiudizio patrimoniale subito dalla vittima deve essere integralmente riparato.
La Corte d'Appello di Palermo confermava la decisione del Giudice di primo grado di condannare un imputato per tentato furto aggravato di un'autovettura.
Contro tale decisione, il reo propone ricorso per cassazione eccependo il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno per la ritenuta irrisorietà della somma offerta, non satisfattiva del danno materiale e morale causato alla persona offesa, nonostante quest'ultima avesse rilasciato una quietanza.
Nelle sue argomentazioni, la Cassazione ricorda un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale il beneficio di detta attenuante è subordinato ad una riparazione integrale del danno, comprensiva, dunque, della totale riparazione di ogni effetto danno, e che «la valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può disattendere, con adeguata motivazione, ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa».
Per gli Ermellini, infatti, la natura del contenuto di tale attenuante ha carattere oggettivo e pertanto, ai fini della configurabilità della stessa, il pregiudizio patrimoniale subito dalla persona offesa deve essere pienamente riequilibrato, non essendo sufficiente né il solo ravvedimento del reo, né la dichiarazione liberatoria della persona offesa in caso di riparazione parziale o inadeguata, poiché non può fornire la prova di una riparazione effettiva ed integrale del danno.
Alla luce di quanto sopra esposto, con sentenza n. 33222 dell'8 settembre 2021, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Svolgimento del processo
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha confermato la decisione del Tribunale di quella stessa città, che aveva riconosciuto P.G. colpevole del tentato furto aggravato, in concorso, di un'autovettura, condannandolo alla pena di giustizia, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti della violenza sulle cose, dell'esposizione del bene alla pubblica fede e della recidiva reiterata specifica.
2. Propone ricorso per cassazione l'imputato, con il ministero del difensore di fiducia, che svolge due motivi denunciando violazione dell'art. 62 c.p., comma 1, n. 6 e correlato vizio della motivazione. Si duole del mancato riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno, per la ritenuta irrisorietà della somma offerta, Euro 100, non satisfattiva del danno materiale e morale prodotto alla persona offesa. Secondo la Difesa ricorrente, invece, in considerazione del danno materiale (forzatura della serratura di uno sportello dell'auto) e della quietanza rilasciata dalla persona offesa, la valutazione della Corte di appello è erronea, oltre che frutto del travisamento della prova, producendo una motivazione contraddittoria e illogica.
Motivi della decisione
Il ricorso non è fondato.
1.La decisione dei giudici di merito è allineata all'orientamento consolidato e condiviso di questa Corte in ordine alla natura della circostanza attenuante del risarcimento del danno.
1.1. Nella giurisprudenza di legittimità si afferma, in maniera univoca, che, per beneficiare di detta attenuante, deve esservi una riparazione integrale del danno, comprensiva, quindi, della totale riparazione di ogni effetto dannoso, e che la valutazione in ordine alla corrispondenza fra transazione e danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione, ogni dichiarazione satisfattiva resa dalla parte lesa (Sez. 2, n. 53023 del 23/11/2016, Rv. 268714). Si è chiarito che l'attenuante, trovando la sua causa giustificatrice non tanto nel soddisfacimento degli interessi economici della persona offesa quanto nel rilievo che il risarcimento del danno prima del giudizio rappresenta una prova tangibile dell'avvenuto ravvedimento del reo e, quindi, della sua minore pericolosità sociale, deve essere totale ed effettivo, non potendo ad esso supplire un ristoro soltanto parziale (Sez. 2 -, n. 51192 del 13/11/2019 Rv. 278368 - 02).
1.2. Si è precisato, altresì, quanto alla natura di detta circostanza, che essa è sì soggettiva, quanto agli effetti, ai sensi dell'art. 70 c.p., ma non anche ai fini del suo contenuto, per il quale deve qualificarsi come oggettiva, giacchè, ai fini della sua configurabilità, è necessario che il pregiudizio patrimoniale subito dalla persona offesa sia pienamente riequilibrato, non essendo sufficiente il solo ravvedimento del reo (Sez. 2, n. 21014 del 13/05/2010, Rv. 247121). Cosicchè nel conflitto di interessi tra reo e vittima del reato, la prevalenza dell'interesse di quest'ultima all'integralità della riparazione non lascia alcuno spazio a pur eloquenti manifestazioni di ravvedimento del reo (Sez. 1, n. 28554 del 09/06/2004, Rv. 228846; Sez. 1, n. 28554 del 09/06/2004 Rv. 228846 - 01).
1.3. Sulla base di tali premesse, si è, quindi, esclusa la rilevanza degli sforzi economici affrontati per effettuare la riparazione, non ritenendosi sufficiente, ai fini in discorso, un esborso adeguato alle possibilità economiche dell'imputato, ma non esaustivo dell'intero risarcimento del danno (Sez. 2, n. 12366 del 24/03/2010 Rv. 246673), e si è negato che possa giovare all'imputato, in caso di riparazione parziale o inadeguata, la dichiarazione liberatoria della persona offesa (Sez. 5, n. 13282 del 17/01/2013 Rv. 255187).
1.4. Alla luce delle indicate coordinate ermeneutiche, non può non osservarsi come, nel caso di specie, la Corte di appello ha ineccepibilmente escluso il carattere integrale del risarcimento, in considerazione del fatto che la somma offerta dall'imputato è parsa appena adeguata in relazione ai giorni di malattia patita dalla persona offesa, ma assolutamente insoddisfacente rispetto alle cure necessarie a mitigare i gravi postumi permanenti a questa residuati e, comunque, essendo rimasto del tutto obliterato il gravissimo danno morale e non patrimoniale subito. La motivazione della sentenza impugnata, in quanto priva di illogicità manifeste, anzi supportata da ragionevoli valutazioni, supera il vaglio di legittimità, mentre, per quanto si è già osservato, e qui ribadito, nessun giovamento può trarre l'imputato dalla dichiarazione liberatoria della persona offesa, posto che si tratta di dichiarazione che non può fornire la prova di una riparazione del danno effettiva, integrale e volontaria, anzi, in specie, congruamente esclusa dai giudici distrettuali.
Al rigetto del ricorso segue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.