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10 settembre 2021
La somma di denaro costituita in pegno irregolare non può essere sottoposta a sequestro preventivo

Non può essere disposto il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente di somme di denaro che siano state costituite in pegno irregolare a garanzia di un'obbligazione dell'imputato, considerando l'immediata acquisizione da parte del creditore della proprietà delle stesse.

La Redazione

Il Tribunale di Genova respingeva la richiesta di riesame proposta dalla Banca che, nelle vesti di terza interessata, aveva impugnato il decreto di sequestro preventivo emesso in funzione della confisca per equivalente di una somma di denaro depositata su un conto corrente riconducibile all'imputato ma intestato ad una società fiduciaria, somma che non rientrerebbe nella disponibilità dell'intestato ma della Banca stessa, in quanto conferita in pegno irregolare.
Contro la suddetta decisione, la Banca propone ricorso per cassazione, deducendo il fatto che il Giudice avrebbe affermato illegittimamente che la somma oggetto di sequestro doveva ritenersi costituita in pegno regolare, anziché irregolare.

Con la sentenza n. 33435 del 9 settembre 2021, la Corte di Cassazione evidenzia preliminarmente che la facoltà di sottoporre i beni costituiti in pegno a sequestro penale è possibile quando si tratti di pegno regolare, poiché attraverso il pegno irregolare si determina il trasferimento della proprietà del bene in capo ad un altro creditore.
Ciò posto, la Corte rileva che quando l'oggetto della garanzia sia costituito da somme di denaro, non può essere disposto il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente laddove le stesse (depositate su un conto corrente) siano state costituite in pegno irregolare a garanzia di un'obbligazione dell'imputato, considerando l'immediata acquisizione da parte del creditore della proprietà delle medesime.

Venendo al caso di specie, gli Ermellini osservano come il contratto oggetto di causa prevedesse indistintamente la dazione in pegno di denaro o titoli, senza specificare la natura del pegno. In tal senso, l'ordinanza impugnata aveva qualificato il pegno come regolare, avuto riguardo a quanto previsto all'art. 6.1. dell'accordo. Tenendo conto che in sede di legittimità non è censurabile l'interpretazione del contratto data dal giudice cautelare, la Suprema Corte riconosce legittima la decisione oggetto di gravame, ribadendo il principio in base al quale in tema di pegno irregolare, «in caso di inadempimento del debitore, il creditore è tenuto soltanto a restituire l'eventuale eccedenza dei titoli rispetto alle somme garantite, mentre nel pegno regolare egli ha diritto a soddisfarsi disponendo dei titoli ricevuti in pegno». Inoltre, «in tema di pegno, la disciplina dettata dall'art. 2797 cod. civ. è derogabile consensualmente, non solo mediante la previsione di forme di vendita diverse da quelle prescritte dal secondo comma, ma anche mediante la dispensa dall'intimazione al debitore ed al terzo garante e dal rispetto del termine per l'opposizione».

Segue il rigetto del ricorso e la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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