
Nessun patto di quota lite se viene revocato il mandato; tuttavia, la Cassazione ha stabilito che l'attività del legale deve essere remunerata anche in caso di risoluzione del rapporto prima della definizione del giudizio.
Un avvocato, in proprio e quale legale rappresentante dello studio professionale, esponeva al Tribunale di Treviso di aver svolo attività giudiziale e su incarico di una società e che i compensi maturati sino alla revoca del mandato erano rimasti insoluti.
Contro l'ingiunzione pronunciata dai Giudici trevigiani, la società proponeva opposizione, sostenendo che la stessa non aveva conferito alcun mandato al ricorrente avendo avuto contatti solo con l'altro membro dello studio, e pertanto il professionista era privo di legittimazione. La società esponeva inoltre che l'accordo pattuito con l'avvocato prevedeva, alla stregua del patto di quota lite siglato ad hoc, i criteri di quantificazione del compenso e ne stabiliva la corresponsione a conclusione dell'attività giudiziale.
Il Tribunale di Treviso respingeva l'opposizione sostenendo che dalla documentazione allegata si evinceva il rapporto d'opera professionale intercorso tra il professionista e la società nonché il conferimento della procura alle liti ad entrambi gli avvocati; pertanto, il professionista ricorrente, quale creditore in solido, era legittimato ad agire per il pagamento dell'intero credito.
La società propone ricorso per cassazione, affermando che, come pattuito in sede di accordo, il compenso per l'attività professionale era ragguagliato in misura percentuale all'esito della lite da intraprendere, quindi l'avvocato non poteva pretendere nessun compenso prima che fosse concluso il giudizio.
Nelle sue argomentazioni, la Cassazione sostiene che, sul piano ermeneutico, « non c'è nessun elemento che depone nel senso che si fosse pattuito che la prestazione di attività fosse destinata in assoluto a rimaner priva di remunerazione antecedentemente alla definizione del giudizio. Con la scrittura privata le parti aveva prefigurato esclusivamente talune ben precise modalità di liquidazione, la cui operatività unicamente - e non anche il diritto al compenso – era condizionata al verificarsi di taluni determinati eventi »
Pertanto, con la sentenza n. 24523 del 10 settembre 2021, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
1. Con ricorso in data 14.12.2017 al Tribunale di Treviso l'avvocato A.M., in proprio e quale legale rappresentante dello "Studio Legale A. - Associazione Professionale", esponeva che aveva svolto attività giudiziale su incarico e per conto della "Axia" s.r.l.; che i compensi maturati sino alla revoca del mandato, pari ad Euro 15.822,51, erano rimasti insoluti.
Chiedeva ingiungersene il pagamento a controparte con interessi e spese.
2. Con decreto n. 62/2017 l'adito tribunale pronunciava l'ingiunzione.
3. Con citazione notificata il 4.4.2017 l'"Axia" s.r.l. proponeva opposizione. Esponeva che non aveva conferito alcun mandato all'avvocato A.M.; che aveva avuto contatti e siglato accordi unicamente con l'avvocato A.A.; che dunque il ricorrente era privo di legittimazione.
Esponeva che l'accordo stipulato con l'avvocato A.A. contemplava, alla stregua del patto di quota lite all'uopo siglato, i criteri di quantificazione del compenso e ne prevedeva la corresponsione a conclusione dell'attività giudiziale.
Instava per la revoca dell'ingiunzione.
4. Resisteva l'"Axia" s.r.l.
5. Con sentenza n. 1689/2019 il Tribunale di Treviso, in composizione collegiale, rigettava l'opposizione e condannava l'opponente alle spese di lite.
Evidenziava, tra l'altro, il tribunale che la documentazione allegata dava conto del rapporto d'opera professionale intercorso tra l'avvocato A.M. e l'"Axia" nonchè del conferimento della procura alle liti sia all'avvocato A.M. sia all'avvocato A.M.; che, quale creditore in solido, l'avvocato A.M. era legittimato ad agire per il pagamento dell'intero credito.
6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'"Axia" s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.
L'avvocato A.M., in proprio e quale legale rappresentante dello "Studio Legale A. - Associazione Professionale", ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l'avverso ricorso con il favore delle spese.
7. Il relatore ha formulato ex art. 375, n. 5), c.p.c. proposta di manifesta infondatezza dei motivi di ricorso; il presidente ai sensi dell'art. 380 bis, 1 co., c.p.c. ha fissato l'adunanza in camera di consiglio.
8. La ricorrente ha depositato memoria.
9. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1 co., n. 3, c.p.c. la nullità della sentenza per violazione di legge.
Deduce che il rapporto d'opera professionale è intercorso unicamente con l'avvocato A.M..
Deduce che in tal senso depone la scrittura in data 27.11.2014, con cui ha conferito mandato all'avvocato A.M. ed ha pattuito il compenso dovuto; che siffatta risultanza istruttoria deve reputarsi prevalente sul conferimento anche all'avvocato A.M. della procura a margine della citazione introduttiva del giudizio nei confronti del "M.P.S.".
10. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360, 1 co., n. 4 e n. 5, c.p.c. la nullità della sentenza ai sensi degli artt. 132 e 156 c.p.c. per omessa ovvero per "apparente" motivazione.
11. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 1322, 1362, 2233 e 2237 c.c. e del D.M. n. 55 del 2014, artt. 1 e 7.
Deduce che il tribunale per nulla ha esplicitato le ragioni per le quali, in dipendenza del recesso dal contratto d'opera professionale, l'accordo sul compenso di cui alla scrittura del 27.11.2014 è destinato a rimaner inoperante, sì che debbano applicarsi le tariffe forensi.
Deduce che del resto ai sensi dell'art. 2233 c.c. l'applicabilità delle tariffe è subordinata alla mancanza di un accordo tra le parti.
Deduce che in virtù del siglato accordo il compenso per l'attività professionale era ragguagliato in misura percentuale all'esito della lite da intraprendere nei confronti di "M.P.S.", sicchè nessun compenso l'avvocato A.M. poteva pretendere antecedentemente alla conclusione del giudizio con "M.P.S.".
12. Si premette che il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede.
D'altronde le argomentazioni di cui alla memoria che la ricorrente, a seguito della notificazione del decreto presidenziale e della proposta, ha provveduto a depositare, non sono - si dirà - da condividere.
13. Il primo motivo è dunque privo di fondamento e da respingere.
14. Con il primo motivo - propriamente - la s.r.l. ricorrente censura il riconoscimento in capo all'avvocato A.M. non già della legittimazione bensì, propriamente, della veste di parte del contratto d'opera professionale e quindi di titolare del credito azionato in via monitoria.
Su tale scorta il mezzo di impugnazione si risolve evidentemente in una censura di merito, del giudizio "di fatto" operato in parte qua dal tribunale.
15. In questi termini, nel solco della previsione del n. 5 del 1 co. dell'art. 360 c.p.c., alla cui stregua il motivo si qualifica (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054), nessuna delle figure di "anomalia motivazionale" destinate ad acquisire significato alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, si scorge nelle motivazioni, in parte qua, dell'impugnato dictum.
In particolare, il tribunale ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo, ancorando il proprio assunto, oltre che alla "corrispondenza che, relativamente al contenzioso in oggetto, Axia s.r.l. ha scambiato con l'avv. A.M." (così sentenza impugnata, pagg. 4 - 5), al conferimento - indice più che pregnante - della procura alle liti sia all'avvocato A.M. sia all'avvocato A.M..
16. In questo quadro la ricorrente non può limitarsi ad addurre che "la presunzione conseguente al rilascio della procura a margine della citazione viene vinta dall'elemento contrario e determinante costituito dalla scrittura 27.11.2014 (...)" (così ricorso, pag. 8), che l'avvocato A.M. era "stato aggiunto solo perchè componente dello studio associato" (così ricorso, pag. 8), che "sulla questione era intervenuto "un chiarimento" in corso di causa" (così ricorso, pag. 8).
Evidentemente non solo sovviene l'insegnamento secondo cui il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che - per il tramite dell'art. 132 c.p.c., n. 4 - dà rilievo unicamente all'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).
Ma sovviene per giunta - anche in ordine alla prospettazione di cui in memoria (cfr. pag. 4), secondo cui "il Tribunale ha totalmente pretermesso nella valutazione della prova del conferimento del mandato, la scrittura 27.11.2014" - l'insegnamento di questo Giudice, del tempo in cui vigeva l'abrogato testo dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, a tenor del quale la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferiva al giudice di legittimità la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. 9.8.2007, n. 17477).
17. Il secondo ed il terzo motivo, da disaminare congiuntamente siccome "attengono alla stessa questione" (così ricorso, pag. 10), sono del pari privi di fondamento e da respingere.
18. Del tutto ingiustificata è la denuncia di motivazione omessa o "apparente": la motivazione vi è ed esplicita, pur in parte qua, l'iter argomentativo del Tribunale di Treviso.
Il giudice a quo ha chiarito che per nulla risultava pregiudicato il diritto al compenso per l'opera prestata sino al momento del recesso dal contratto, che risultavano "irrilevanti le deduzioni relative al contenuto del patto di quota lite" (così sentenza impugnata, pag. 5), cioè che il patto di quota lite era destinato a rimaner inoperante.
19. Siffatti assunti sono appieno da condividere, sicchè non si configura l'error in iudicando veicolato, segnatamente, dal terzo mezzo di impugnazione.
Evidentemente al riguardo vanno reiterati i rilievi formulati in proposta, ovvero i rilievi secondo cui la pattuizione in data 27.11.2014 prefigura una modalità di remunerazione rigorosamente correlata alla somma eventualmente recuperata ovvero all'esito negativo dell'allora proponendo giudizio nei confronti di "M.P.S." ("per tale attività Axia s.r.l. riconoscerà all'avv. A.M. il 25% (venticinque) della somma che verrà recuperata; (...) nel caso di esito negativo della causa (...)": così ricorso, pag. 11, ove è riprodotto II testo della scrittura), modalità di remunerazione che senza dubbio era ed è destinata a rimanere inoperante con riferimento all'evenienza - è il caso di specie - dell'anticipato recesso del cliente/committente dal contratto d'opera.
Si badi che è la medesima ricorrente a dar ragione dell'esercizio del recesso in un momento antecedente a quello che avrebbe potuto giustificare l'operatività del meccanismo convenzionale di liquidazione del compenso ("in corso di causa, (...) Axia decideva di revocare l'incarico e di affidarsi ad altro legale (...)": così ricorso, pagg. 3 - 4).
20. In questi termini - ossia a motivo dell'impossibile operatività della pattuizione - non può che rimarcarsi quanto segue.
Per un verso, si svelano del tutto ingiustificate le deduzioni della ricorrente secondo cui "ricondurre il compenso nell'ambito delle tariffe costituirebbe una violazione dell'autonomia contrattuale (...) e delle regole sull'interpretazione della volontà delle parti" (così ricorso, pag. 14) e secondo cui "si tratterà solo di rapportare tale parziale compenso al complessivo pattuito e alle altre condizioni stabilite in contratto" (così ricorso, pag. 14).
Per altro verso, si svelano del tutto inconferenti nel caso de quo sia l'elaborazione giurisprudenziale che "Axia" ha richiamato in memoria (cfr. pagg. 1 e 2, ove, tra l'altro, è riferimento a Cass. 29.12.2020, n. 29745) sia il postulato che la medesima società ne ha inteso trarre, ossia che si sarebbe dovuto, appunto, far luogo alla proporzionale riduzione del compenso.
21. Una notazione ulteriore si impone.
L'assunto finale della ricorrente, secondo cui "nessun compenso poteva esigere l'avv. A. prima della fine della causa intentata contro la Banca; proprio perchè tale compenso era legato all'esito della detta causa" (così ricorso, pag. 15), sembra volto a caratterizzare la prestazione professionale come insuscettibile tout court di qualsivoglia remunerazione antecedentemente alla definizione della lite per cui era stato conferito incarico.
Innegabilmente siffatto finale assunto prospetta, con riferimento alla scrittura del 27.11.2014, una quaestio ermeneutica, che, come tale, non rinviene riflesso nella decisione impugnata ed appare estranea al contraddittorio sviluppatosi nella sede di merito.
22. In ogni caso, pur a prescindere dall'inevitabile riscontro di novità, in questa sede, della quaestio de qua, nessun elemento, sul piano ermeneutico, alla luce del tenore letterale e logico della scrittura del 27.11.2014, depone nel senso che si fosse pattuito che la prestazione di attività professionale fosse destinata in assoluto a rimaner priva di remunerazione antecedentemente alla definizione del giudizio con "M.P.S.".
Con la scrittura le parti avevano prefigurato esclusivamente talune ben precise modalità di liquidazione, la cui operatività unicamente - e non anche il diritto al compenso - era condizionata al verificarsi di taluni determinati eventi (somma recuperata; esito negativo della causa).
23. In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di legittimità; la liquidazione segue come da dispositivo.
24. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R., art. 13, comma 1- bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente, "Axia" s.r.l., a rimborsare al controricorrente, avvocato A.M., in proprio e quale legale rappresentante dello "Studio Legale A. - Associazione Professionale", le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.900,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R., art. 13, comma 1-bis, se dovuto.