Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
13 settembre 2021
L’avvocato deve essere remunerato anche in caso di revoca del mandato

Nessun patto di quota lite se viene revocato il mandato; tuttavia, la Cassazione ha stabilito che l'attività del legale deve essere remunerata anche in caso di risoluzione del rapporto prima della definizione del giudizio.

La Redazione

Un avvocato, in proprio e quale legale rappresentante dello studio professionale, esponeva al Tribunale di Treviso di aver svolo attività giudiziale e su incarico di una società e che i compensi maturati sino alla revoca del mandato erano rimasti insoluti.
Contro l'ingiunzione pronunciata dai Giudici trevigiani, la società proponeva opposizione, sostenendo che la stessa non aveva conferito alcun mandato al ricorrente avendo avuto contatti solo con l'altro membro dello studio, e pertanto il professionista era privo di legittimazione. La società esponeva inoltre che l'accordo pattuito con l'avvocato prevedeva, alla stregua del patto di quota lite siglato ad hoc, i criteri di quantificazione del compenso e ne stabiliva la corresponsione a conclusione dell'attività giudiziale.

Il Tribunale di Treviso respingeva l'opposizione sostenendo che dalla documentazione allegata si evinceva il rapporto d'opera professionale intercorso tra il professionista e la società nonché il conferimento della procura alle liti ad entrambi gli avvocati; pertanto, il professionista ricorrente, quale creditore in solido, era legittimato ad agire per il pagamento dell'intero credito.

La società propone ricorso per cassazione, affermando che, come pattuito in sede di accordo, il compenso per l'attività professionale era ragguagliato in misura percentuale all'esito della lite da intraprendere, quindi l'avvocato non poteva pretendere nessun compenso prima che fosse concluso il giudizio.

Nelle sue argomentazioni, la Cassazione sostiene che, sul piano ermeneutico, « non c'è nessun elemento che depone nel senso che si fosse pattuito che la prestazione di attività fosse destinata in assoluto a rimaner priva di remunerazione antecedentemente alla definizione del giudizio. Con la scrittura privata le parti aveva prefigurato esclusivamente talune ben precise modalità di liquidazione, la cui operatività unicamente - e non anche il diritto al compenso – era condizionata al verificarsi di taluni determinati eventi »

Pertanto, con la sentenza n. 24523 del 10 settembre 2021, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Il tuo sistema integrato di aggiornamento professionale
Non sei ancora abbonato?
Non sei ancora abbonato?