
La Corte di Cassazione fa chiarezza sull'obbligo della polizia giudiziaria di avvisare il conducente circa la facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia durante l'espletamento presso una struttura sanitaria degli esami funzionali ad accertare il suo stato alcolemico.
La Corte d'Appello di Brescia confermava la sentenza con la quale il GUP, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato l'imputato per il reato di guida in stato di ebbrezza con le aggravanti per avere provocato un sinistro stradale e per avere commesso il fatto tra
Contro tale decisione, l'imputato propone ricorso per cassazione deducendo, tra i diversi motivi, l'inutilizzabilità degli esiti dell'accertamento dello stato di ebbrezza, ravvisato dopo avere eseguito dei prelievi ematici in ospedale senza il suo consenso e senza essere stato avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.
Con la sentenza n. 34328 del 16 settembre 2021, la Corte di Cassazione dichiara infondato il suddetto motivo di ricorso, ritenendo opportuno fornire alcune precisazioni in materia.
Innanzitutto, gli Ermellini osservano come, in base a consolidata giurisprudenza, gli organi di polizia giudiziaria che vogliano far eseguire un prelievo ematico allo scopo di accertare il tasso alcolemico dell'automobilista che sia stato condotto presso una struttura sanitaria a causa del coinvolgimento in un sinistro stradale, devono previamente dare avviso allo stesso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.
Ciò posto, la Corte rileva che «La condizione apposta dalla giurisprudenza è che l'esecuzione di tale prelievo non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia autonomamente richiesto dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 186, comma 5, C.d.S.». A tal proposito, gli Ermellini precisano che «Quando l'accertamento del tasso alcolemico avviene nel contesto delle cure approntate dal personale sanitario della struttura, presso la quale il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro venga condotto, seguendo un protocollo avente fini ben più ampi di quello esclusivo dell'accertamento del tasso di concentrazione alcolica, non essendo tale attività finalizzata alla ricerca delle prove di un reato, ma alla cura della persona e non avendo nulla a che vedere con l'esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto sottoposto a quel trattamento o a quelle cure, non sussiste nessun obbligo di avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia».
Qualora, invece, l'esecuzione del prelievo da parte del personale medico non avvenga nell'ambito dei protocolli sanitari ordinari ma sia espressamente richiesta dalla polizia giudiziaria con l'obiettivo di acquisire la prova del reato, il personale richiesto agisce come una vera e propria longa manus della polizia giudiziaria, dunque scatteranno le garanzie difensive di cui all'
Tirando le fila, non occorre dare l'avviso solo qualora gli stessi sanitari abbiano ritenuto di procedere agli esami per l'accertamento del tasso alcolemico e gli organi di polizia giudiziaria rivolgano una richiesta sostanzialmente inutile ovvero si limitino ad acquisire la documentazione che ne deriva.
La Corte di Cassazione aggiunge, poi, che «la violazione dell'obbligo di dare avviso della facoltà di fari assistere da un difensore di fiducia al conducente da sottoporre al prelievo ematico presso una struttura sanitaria, finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico esclusivamente su richiesta della polizia giudiziaria, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del G.U.P. del Tribunale di Bergamo del 23 maggio 2019, emessa a seguito di giudizio abbreviato, con cui C.B. era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi sei di arresto e di Euro tremila di ammenda in relazione al reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), commi 2-bis e 2-sexies, (guida di auto Nissan in stato di ebbrezza conseguente all'uso di bevande alcoliche, con tasso alcolemico pari ad 1,83 g/l - con le aggravanti di cui agli artt. 186 C.d.S., commi 2-bis, 2-sexies e 2-septies, per aver provocato un sinistro stradale e per aver commesso il reato dopo le ore 22.00 e prima delle ore 7.00 - in (omissis)).
1.1. In ordine alla ricostruzione della vicenda criminosa, secondo quanto esposto dal Tribunale, in data (omissis), alle ore 4.53, il personale di polizia giudiziaria sottoponeva a controllo il conducente di un'auto Nissan, identificato in C.B. che, sulla Strada Provinciale di (omissis), aveva perso il controllo del veicolo, andando a sbattere contro il guard rail della carreggiata destra.
Il C. aveva subito trauma cranico commotivo ed ulteriori conseguenze lesive, per cui era trasportato in ospedale, dove gli erano riscontrati "trauma cranico commotivo, FLC al volto, trauma contusivo all'emitorace destro ed etilismo" (vedi documentazione allegata al ricorso). Ivi era sottoposto ad esami ematici, dai quali risultava avere un tasso alcolico pari ad 1,83 g/l. L'alcoltest dava esito positivo.
Il C. formulava richiesta di giudizio abbreviato, eccependo con lo stesso atto introduttivo la nullità dei prelievi ematici effettuati senza il suo consenso, la nullità dell'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia e, in ogni caso, l'inutilizzabilità dei relativi risultati.
Il Tribunale ha ritenuto che la violazione dell'obbligo di dare avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia costituisse una nullità di ordine generale a regime intermedio, da ritenere sanata nel caso di formulazione di richiesta di giudizio abbreviato.
Il Tribunale effettuava il seguente calcolo di pena:
- pena base di mesi sei di arresto ed Euro millecinquecento di ammenda;
- aumentata la pena pecuniaria per la violazione di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2-sexies, ad Euro tremila di ammenda;
- aumentata per la violazione di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2-bis, ad anni uno di arresto ed Euro seimila di ammenda;
- ridotta della metà per il rito abbreviato alla pena suindicata.
1.2. Anche ad avviso della Corte di appello non ricorreva l'ipotesi di obbligo di avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore, in quanto l'accertamento clinico era stato espletato nell'ambito del protocollo sanitario seguito ai fini della cura alla persona. Nella fattispecie, l'imputato era stato soccorso dal personale del 118 e trasportato in ospedale per i controlli del caso. Al Pronto Soccorso, il C. era sottoposto ai rilievi terapeutici necessari, essendo stati riscontrate le plurime conseguenze lesive suindicate, per cui era poi dimesso con prognosi di giorni sette.
Si trattava, pertanto, di un paziente soccorso direttamente dal personale sanitario e sottoposto ai controlli terapeutici resisi necessari per la sua cura; del resto, gli operanti non potevano dare avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore all'interessato, nel frattempo ricoverato in ospedale. Ciò era dimostrato dalla circostanza che, nelle dichiarazioni rese alle ore 6.30 in ospedale l'imputato sosteneva di non ricordare nulla.
Nè erano emersi indizi di reità, in quanto l'accertamento alcolemico doveva ancora essere espletato e l'alito alcolico e lo stato di etilismo acuto non erano ancora sufficienti ad evidenziare la sussistenza di un reato.
Peraltro, l'utilizzabilità dell'accertamento del tasso alcolemico compiuto presso una struttura sanitaria, anche se esclusivamente su richiesta degli organi di polizia giudiziaria, e non per motivi di carattere medico-terapeutico, non richiede, in presenza dei presupposti di cui all'art. 186 C.d.S., comma 5, uno specifico consenso dell'interessato oltre quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento. In caso di incidente stradale, infatti, ai sensi di tale disposizione, che delinea un'oggettiva condizione di affidamento della persona al personale medico per l'apprestamento di cure, si realizza il presupposto sufficiente perchè la polizia giudiziaria possa avanzare la richiesta di accertamento alcolemico.
In tal caso, è indifferente che il prelievo ematico sia stato già eseguito per rilevare parametri sulla base dei quali assumere decisioni terapeutiche o che venga effettuato unicamente per la necessità di accertamento del tasso alcolemico ai fini di prova giudiziaria; l'importante è che esso venga eseguito da personale attrezzato dalla necessaria competenza e in un contesto idoneo a fronteggiare ogni conseguente evenienza. L'art. 186 C.d.S., comma 5, non contiene riferimenti testuali al consenso dell'interessato, cosicchè, ai fini dell'applicazione di tale norma, la richiesta della polizia giudiziaria di accertamento di tasso alcolemico di conducenti coinvolti in incidenti stradali e sottoposti alle cure mediche può legittimamente essere l'unica causa di tale accertamento e non richiede uno specifico consenso dell'interessato, essendo sufficiente che non risulti manifestato nessun dissenso.
2. Il C., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo tre motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all'art. 186 C.d.S., art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p..
Si deduce che l'Ass. Capo L.E. e l'Ass. Capo S.G. erano arrivati sul luogo del sinistro dopo che il C. era stato soccorso da personale medico del 118 e trasportato presso il Pronto Soccorso, per cui non potevano aver osservato direttamente alcunchè, tantomeno le condizioni dell'imputato.
Alla luce dell'accertamento al quale il C. era stato sottoposto, dovevano essere applicate le garanzie difensive sottese all'art. 114 disp. att. c.p.p.. Con l'atto di opposizione a decreto penale era già stata eccepita l'inutilizzabilità dei risultati degli accertamenti, in quanto i prelievi ematici erano stati effettuati senza il suo consenso e senza previo avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.
Contrariamente a quanto riportato in sentenza, gli accertamenti sulla persona erano stati richiesti alle ore 5.20 a mezzo fax, ancor prima che il C. arrivasse al Pronto Soccorso (ore 5.33). Nella fattispecie, la decisione di eseguire il prelievo ematico era stata assunta dagli investigatori - e non dal personale sanitario - per cui occorreva l'avviso suindicato.
Tra l'altro era ben possibile dare il dovuto avviso all'interessato, in quanto nel verbale reso alle ore 6.30 l'imputato dichiarava di non ricordare nulla di quanto accaduto e il prelievo risultava effettuato alle ore 6.52.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'art. 186 c.p.p., comma 2-bis.
Si osserva che non era stato obiettivamente riscontrato un nesso di strumentalità-occasionalità tra lo stato di ebbrezza del reo e l'incidente dallo stesso provocato.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 186 C.d.S., comma 2-sexies, e art. 63 c.p., comma 4.
Si rileva che l'aumento per la seconda aggravante era stato apportato non sulla pena di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, ma sulla pena come risultante dall'aumento per la prima. Il percorso giuridico seguito non era corretto e la pena sostitutiva era stata determinata in misura non legale.
Poichè le circostanze di cui agli artt. 186 C.d.S., commi 2-bis e 2-sexies, sono ad effetto speciale, doveva trovare applicazione la disposizione di cui all'art. 63 c.p., comma 4. Il calcolo seguito non teneva conto di tali principi, per cui si perveniva all'irrogazione di una pena illegale ed alla determinazione di una pena sostitutiva ugualmente illegittima.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato quanto alle doglianze relative all'accertamento della responsabilità dell'imputato e alla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 186 c.p.p., comma 2-bis, è fondato in ordine al trattamento sanzionatorio.
2. Col primo motivo di ricorso, si deduce Vinutilizzabilità degli esiti dell'accertamento dello stato di ebbrezza riscontrato a seguito dei prelievi ematici effettuati nei confronti del C. in ospedale, senza il consenso del medesimo e senza il previo avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell'art. 186 C.d.S., art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p..
2.1. Va osservato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, gli organi di polizia giudiziaria che intendono far eseguire il prelievo ematico finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico su persona che, siccome conducente coinvolto in un incidente stradale, sia stata condotta presso una struttura sanitaria, devono dare previo avviso alla medesima che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi dell'art. 356 c.p.p. e art. 114 disp. att. c.p.p. (Sez. 4, n. 40807 del 04/07/2019, Pignataro, Rv. 277621; Sez. 4, n. 49371 del 25/09/2018, C, Rv. 274039).
La condizione apposta dalla giurisprudenza è che l'esecuzione di tale prelievo non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia autonomamente richiesta dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 5 (Sez. 4, n. 51284 del 10/10/2017, Lirussi, Rv. 271935); talora si specifica quella condizione indicandola nell'ipotesi in cui "l'esecuzione di tale prelievo non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari a fini di cura della persona, ma su richiesta dalla polizia giudiziaria esclusivamente per finalità di ricerca della prova della colpevolezza di soggetto indiziato" (Sez. 4, n. 6514 del 18/01/2018, Tognini, Rv. 272225).
Senonchè, l'esatto significato della locuzione "autonomamente richiesta" e come si coordini l'operato degli organi di polizia giudiziaria con le cure apprestate dai sanitari è aspetto che merita di essere ulteriormente puntualizzato.
Quando l'accertamento del tasso alcolemico avviene nel contesto delle cure approntate dal personale sanitario della struttura, presso la quale il conducente di un veicolo coinvolto in un sinistro venga condotto, seguendo un protocollo avente fini ben più ampi di quello esclusivo dell'accertamento del tasso di concentrazione alcolica, non essendo tale attività finalizzata alla ricerca delle prove di un reato, ma alla cura della persona e non avendo nulla a che vedere con l'esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto sottoposto a quel trattamento o a quelle cure, non sussiste nessun obbligo di avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia ai sensi dell'art. 114 disp. att. c.p.p. (Sez. 4, n. 51284 del 2017, cit.; Sez. 4, n. 53293 del 27/09/2016, Scuri, Rv. 268690; Sez. 6, n. 43894 del 13/09/2016, Virdis, Rv. 268505).
Al contrario, ove l'esecuzione del prelievo da parte di personale medico non avvenga nell'ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia espressamente richiesta dalla polizia giudiziaria al fine di acquisire la prova del reato nei confronti di soggetto già indiziato, il personale richiesto finisce per agire come vera e propria longa manus della polizia giudiziaria e, anche rispetto a tale accertamento, scatteranno le garanzie difensive sottese all'avviso di cui all'art. 114 cit. (Sez. 4, n. 3340 del 22/12/2016, dep. 2017, Tolazzi, Rv. 268885). In tale ipotesi, cioè, la polizia giudiziaria non farebbe altro che avvalersi di una facoltà espressamente attribuita dalla legge: l'art. 348 c.p.p., comma 4, prevede, per l'appunto, che "La polizia giudiziaria, quando, di propria iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero, compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee le quali non possono rifiutare la propria opera".
Al riguardo, si è precisato che il discrimine posto dalle sentenze sopra richiamate consiste nella provenienza, o se si vuole della titolarità, della decisione di eseguire il prelievo: se l'hanno adottata i sanitari non è richiesto l'avviso; se l'hanno assunta gli investigatori occorre dare l'avviso (Sez. 4, n. 11722 del 19/02/2019, Ellera, Rv. 275281).
Una simile ricostruzione, focalizzando l'attenzione sul solo atto del prelievo del campione biologico, soddisfa la necessità di chiarificazione solo parzialmente, perchè non indica la disciplina applicabile nei casi in cui i sanitari eseguono il prelievo ematico perchè sul liquido biologico devono essere eseguite analisi per l'accertamento di valori suscettibili di indirizzare la diagnosi e la cura, tra i quali non è ricompreso il tasso alcolemico; ed è su questa decisione che però si innesta, non già la richiesta di procedere all'atto invasivo ma, quella di eseguire le analisi del campione biologico estendendo la ricerca ai valori del tasso alcolemico.
Orbene, non v'è ragione di limitare l'obbligo di avviso al solo caso di richiesta di esecuzione del prelievo, perchè la ratio che è stata rinvenuta a giustificazione di quell'obbligo ("la necessità dell'avviso non è ricollegata alla tipologia dell'accertamento esperito - esame spirometrico o clinico - ma alla funzione dell'atto e alla sua esclusiva vocazione probatoria" - Sez. 4, n. 51284 del 2017, cit.) è comune all'ipotesi in cui il personale di polizia giudiziaria si limiti a richiedere l'esecuzione di una ulteriore analisi su campione biologico prelevato per fini di diagnosi e cura.
Sicchè non occorre dare l'avviso solo quando gli stessi sanitari abbiano ritenuto di procedere per l'accertamento del tasso alcolemico e gli organi di polizia giudiziaria rivolgano una richiesta sostanzialmente inutile o si limitino ad acquisire la documentazione dell'analisi.
A ciò va aggiunto che, in tema di guida in stato di ebbrezza alcolica, non è configurabile, a carico della polizia giudiziaria operante, l'obbligo di attendere che l'interessato sia in stato psicofisico tale da poter comprendere l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia nel compimento dell'alcoltest, trattandosi di atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile, il cui esito, essendo legato al decorso del tempo, può essere compromesso definitivamente dall'attesa suddetta (Sez. 4, n. 61 del 11/12/2019, dep. 2020, Maldarin, Rv. 277881; Sez. 4, n. 22081 del 21/02/2019, Turcu, Rv. 276266, in tema di non configurabilità dell'obbligo di traduzione all'indagato di lingua straniera dell'avviso della facoltà dell'interessato di farsi assistere da un difensore di fiducia nel compimento dell'alcoltest; Sez. 4, n. 265 del 19/11/2004, dep. 2005, Livadhi, Rv. 230497, in tema di non necessità di tradurre immediatamente all'indagato di lingua straniera dell'atto di perquisizione personale eseguito dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 352 c.p.p.). Stante l'identica ratio, tale principio ovviamente non può che valere anche in tema di prelievo ematico.
2.2. Tanto premesso in ordine agli orientamenti giurisprudenziali in materia, nella fattispecie in esame, dalla lettura della relazione di polizia giudiziaria è emerso che il C. versava in stato di incoscienza per etilismo acuto. Non v'era la concreta possibilità di chiedergli se accettava di sottoporsi al prelievo ematico o se intendeva avvalersi della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia. Si trattava, quindi, di esami di laboratorio e strumentali ritenuti necessari dal medico e i relativi risultati risultavano perciò pienamente utilizzabili.
Non rileva la circostanza che il C. avesse asserito di non ricordare nulla alle ore 6.30 e che il prelievo ematico fosse stato effettuato in seguito, alle ore 6.52. Tale sua dichiarazione, di per sè, non dimostra che egli, contrariamente a quanto attestato nella relazione di polizia giudiziaria, avesse acquisito uno stato di lucidità nelle ore immediatamente successive alla vicenda criminosa.
2.3. La doglianza difensiva va poi anche esaminata in rapporto alle regole del giudizio abbreviato, correttamente applicate dalla Corte di merito.
La decisione in esame, infatti, è conforme al costante orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, la violazione dell'obbligo di dare avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia al conducente da sottoporre al prelievo ematico presso una struttura sanitaria, finalizzato all'accertamento del tasso alcolemico esclusivamente su richiesta dalla polizia giudiziaria, determina una nullità di ordine generale a regime intermedio che può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto dell'art. 180 c.p.p. e art. 182 c.p.p., comma 2, fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado ma che deve ritenersi sanata, ai sensi dell'art. 183 c.p.p., qualora l'imputato formuli una richiesta di rito abbreviato (Sez. 4, n. 24087 del 28/02/2018, Massardi, Rv. 272959; Sez. 4, n. 16131 del 14/03/2017, Nucciarelli, Rv. 269609).
Tale regola costituisce una specificazione del generale principio affermato da questa Corte, in base al quale, nel giudizio abbreviato, sono rilevabili e deducibili solo le nullità di carattere assoluto e le inutilizzabilità c.d. patologiche, con la conseguenza che l'irritualità dell'acquisizione dell'atto probatorio è neutralizzata dalla scelta negoziale delle parti di tipo abdicativo, che fa assurgere a dignità di prova gli atti di indagine compiuti senza rispetto delle forme di rito (Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019, dep. 2020, Santini, Rv. 278032; Sez. 3, n. 23182 del 21/03/2018, D'Alessandro, Rv. 273345; Sez. 2, n. 13465 del 22/3/2016, Candita, Rv. 266748 relativamente all'invalidità della notifica del decreto di citazione a giudizio dell'imputato, conseguente alla sua effettuazione con modalità diverse da quelle previste; Sez. 3, n. 7336 del 31/01/2014, La Neve, Rv. 258813, e Sez. 2, n. 39474 del 03/07/2014, Acquavite, Rv. 260786, in relazione all'omesso espletamento dell'interrogatorio a seguito dell'avviso di cui all'art. 415 bis c.p.p., benchè sollecitato dall'imputato; Sez. 2, n. 19483 del 16/04/2013, Avallone, Rv. 256038, che ha ritenuto irrilevante l'omissione dell'avviso di deposito degli atti concernenti intercettazioni telefoniche in favore di uno dei difensori dell'imputato, non essendo compresa la disposizione che lo prescrive, cioè, l'art. 268 c.p.p., comma 4 tra le norme la cui violazione comporta il divieto di utilizzazione, posto dall'art. 271 c.p.p., comma 1; Sez. 5, n. 46046 del 06/06/2012, Paludi, Rv. 254081, in un caso di giudizio abbreviato in cui è stata ritenuta corretta l'utilizzazione di un'intercettazione telefonica non trascritta ritualmente, a seguito di consulenza tecnica ex art. 268 c.p.p., ma riprodotta su cosiddetto "brogliaccio"; Sez. 6, n. 44844 del 01/10/2007, Arosio, Rv. 238030, in relazione all'omessa notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza ad uno dei due difensori dell'imputato).
Non può pervenirsi a conclusioni diverse alla luce della recente pronunzia, secondo cui, in tema di guida in stato di ebbrezza, la violazione dell'obbligo di dare avviso al conducente da sottoporre all'esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia determina una nullità di ordine generale, deducibile nei termini di cui all'art. 180 c.p.p. e art. 182 c.p.p., comma 2, sicchè, in caso di giudizio abbreviato conseguente a decreto penale di condanna opposto, il momento ultimo entro il quale la nullità può essere dedotta va individuato nella deliberazione della sentenza di primo grado, e non nella presentazione dell'atto di opposizione al decreto stesso, non contenendo l'art. 180 c.p.p. alcun riferimento al decreto penale di condanna e al relativo atto di opposizione (Sez. 4, n. 8862 del 19/02/2020, Zanni, Rv. 278676).
Tale decisione, infatti, si è concentrata sul termine di deducibilità della nullità de qua nell'ipotesi di opposizione a decreto penale di condanna, senza, tuttavia, valutare in alcun modo l'incompatibilità dell'eccezione con la scelta del rito abbreviato e senza conseguentemente superare le argomentazioni addotte in tale senso dalla giurisprudenza di legittimità.
A conferma della ricostruzione consolidata, va richiamata anche la nuova disposizione di cui all'art. 438 c.p.p., comma 6 bis introdotto dalla L. n. 103 del 2017, ai sensi del quale la richiesta di giudizio abbreviato determina la sanatoria delle nullità, sempre che non siano assolute, e la non rilevabilità delle inutilizzabilità, salve quelle derivanti dalla violazione di un divieto probatorio. Tale disposizione, sebbene inapplicabile alla fattispecie ratione temporis, è ricognitiva di una regola già elaborata dalla giurisprudenza (Sez. 4, n. 16131 del 14/03/2017, Nucciarelli, Rv. 269609; Sez. 2, n. 13465 del 22/03/2016, Candita, Rv. 266748).
Nell'articolare il motivo di ricorso in esame, la difesa non si è confrontata col consolidato orientamento giurisprudenziale e col nuovo dato normativo, limitandosi a sostenere che la scelta del rito abbreviato non implica la rinuncia a far valere le eccezioni e le nullità relative agli atti presenti nel fascicolo del P.M., effetto che, al contrario, limitatamente alla nullità non assolute ed alle inutilizzabilità non patologiche è ormai previsto dalla legge ed è bilanciato dagli effetti premiali di cui all'art. 442 c.p.p.. Nè rileva che la difesa abbia reiterato la richiesta durante tutte le fasi processuali e contestualmente alla presentazione della richiesta di giudizio abbreviato.
3. Il secondo motivo di ricorso, con cui si censura l'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2-bis, è infondato.
Va premesso che, ai fini della configurabilità di tale aggravante, deve intendersi per incidente stradale qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione, possa provocare pericolo alla collettività, senza che assuma rilevanza l'avvenuto coinvolgimento di terzi o di altri veicoli (Sez. 4, n. 27211 del 21/05/2019, Granelli, Rv. 275872, in fattispecie in cui la Corte ha censurato la decisione che, omettendo di considerare il pericolo per la circolazione causato dalla condotta di guida del ricorrente, aveva escluso l'aggravante in un caso in cui il conducente di un motociclo aveva perso il controllo del mezzo ed era uscito di strada). La nozione di "incidente stradale", pertanto, è, pacificamente, quella di urto del veicolo contro un ostacolo o di sua fuoriuscita dalla sede stradale, non essendo, invece, necessari i danni alle persone nè alle cose, con la conseguenza che è sufficiente qualsiasi turbativa del traffico, purchè significativa, che sia potenzialmente idonea a determinare danni (Sez. 4, n. 36777 del 02/07/2015, Scudiero, Rv. 264419; Sez. 4, n. 42488 19/09/2012, Pititto, Rv. 253734).
In linea coi suesposti principi di diritto operanti in materia, la Corte bresciana ha correttamente riconosciuto la sussistenza della circostanza aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2-bis, avendo rilevato, con motivazione immune da censure, che il C. aveva causato un incidente stradale, perdendo il controllo del proprio veicolo e sbattendo contro il new-jersey in ragione del proprio comportamento negligente ed imprudente.
Il ricorrente non oppone che censure generiche, senza confrontarsi con l'esauriente e dettagliato apparato argomentativo sviluppato dalla Corte di merito.
4. Il terzo motivo di ricorso, con cui il ricorrente si duole delle modalità di calcolo dell'entità degli aumenti di pena per le circostanze aggravanti, è fondato.
In linea generale, la consolidata giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, in tema di guida in stato di ebbrezza, nel caso di concorso tra le circostanze aggravanti ad effetto speciale di aver provocato un incidente e di aver commesso il fatto in orario notturno, trova applicazione l'art. 63 c.p., comma 4, con la conseguenza che il giudice, una volta operato il raddoppio della pena detentiva e di quella pecuniaria ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2-bis dovrà motivare l'eventuale decisione di applicare l'ulteriore aumento fino a un terzo che dovrà investire anch'esso entrambe le pene, avendo poi cura di convertire il quantum di aumento relativo all'arresto nella corrispondente pena pecuniaria, secondo il criterio di ragguaglio stabilito dall'art. 135 c.p., in ossequio ai principi di legalità della pena e favor rei (Sez. 4, n. 42500 del 25/09/2018, Bray, Rv. 274348; Sez. 4, n. 17821 del 13/12/2013, dep. 2014, Seccia, Rv. 258897).
Il Tribunale ha effettuato un calcolo di pena in violazione di tale principio e la Corte territoriale ha confermato il trattamento sanzionatorio, senza rispondere al motivo di appello formulato al riguardo.
Le circostanze aggravanti di aver provocato un incidente stradale e di aver commesso il fatto in ora notturna, infatti, sono ad effetto speciale, in quanto impongono autonomi limiti edittali di entità superiore a quella ordinaria. Ne consegue che, in caso di concorso tra loro, va applicata la regola generale prevista dall'art. 63 c.p., comma 4, secondo cui la pena va aumentata per la circostanza più grave (nella fattispecie mediante raddoppio ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 2-bis, mentre, per l'altra, l'eventuale aumento di pena va calcolato nella misura ordinaria (fino ad un terzo) e sul punto il giudice deve fornire adeguata motivazione.
5. Per tali ragioni la sentenza va annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia e il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia sul punto alla Corte di appello di Brescia. Rigetta il ricorso nel resto.