Ricorso o atto di citazione? La Cassazione fa chiarezza sul regime introduttivo dell'opposizione al decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti all'avvocato per le prestazioni professionali svolte.
Il Tribunale di Bari emetteva decreto ingiuntivo su richiesta di un avvocato volto ad ottenere il pagamento di una certa somma a titolo di compenso per l'attività professionale svolta in favore di una società. Quest'ultima proponeva opposizione a decreto ingiuntivo, a seguito della quale il G.U. disponeva il mutamento di rito ai sensi dell'
Svolgimento del processo
L'avv. S.A. otteneva decreto ingiuntivo n. 2828/2015, emesso in data 26.6.2015 dal Tribunale di Bari, con il quale era intimato alla OLEARIA PEGASO dei F.lli D.T. & C. s.r.l. il pagamento della somma di Euro 23.772,21 per compensi professionali, oltre interessi e spese della procedura monitoria.
Avverso il detto d.i. la Olearia Pegaso s.r.l. proponeva opposizione per le seguenti ragioni: a) sull'onorario dell'attività stragiudiziale, in quanto le competenze risultavano coperte da prescrizione; b) per errata determinazione dei compensi in giudizio di valore indeterminabile; c) per illegittima richiesta della maggiorazione dell'onorario del 50% del D.M. n. 55 del 2014, ex art. 4, comma 1; d) sulla fase istruttoria in quanto era stata documentata solo la sua fase iniziale, per effetto della rinuncia al mandato del 5.8.2014 da parte del professionista; e) non debenza delle spese del parere di congruità e di quelle liquidate nel decreto ingiuntivo, unitamente all'onorario.
Si costituiva l'avv. S., il quale eccepiva l'assoluta infondatezza e pretestuosità dell'opposizione.
Con ordinanza del 28.4.2016, il G.U., considerato che la Olearia Pegaso aveva proposto l'opposizione al decreto ingiuntivo nelle forme ordinarie, disponeva il mutamento del rito D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 4, rimettendo le parti dinanzi al Tribunale in composizione collegiale per l'udienza dell'8.7.2016. Alla suddetta udienza collegiale l'avv. S., considerato che l'opposizione a d.i. andava proposta con ricorso e non con citazione, eccepiva l'inammissibilità di detta opposizione per essere stata iscritta a ruolo oltre il termine di 40 giorni dalla notificazione del provvedimento monitorio impugnato, per cui dalla declaratoria di inammissibilità dell'opposizione discendeva la definitività del decreto ingiuntivo.
Con decreto n. 9122/2016, depositato in data 8.7.2016, il Tribunale di Bari, in composizione collegiale, rilevato che la causa era stata iscritta a ruolo oltre il termine di 40 giorni prescritto dal codice di rito e che pertanto l'opposizione era inammissibile, confermava il decreto ingiuntivo, dichiarandolo esecutivo.
Avverso il decreto propone ricorso per cassazione la Olearia Pegaso s.r.l. sulla base di due motivi. Resiste l'Avv. S. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato rispettive memorie.
Motivi della decisione
1.1. - Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la "Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto: art. 113 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, comma 1, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5". Secondo la ricorrente dalla corretta lettura e interpretazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, comma 1, si comprende come l'opposizione a d.i. vada inquadrata come azione bifasica, caratterizzata dalla fase introduttiva dell'azione (opposizione nelle forme e modi di cui all'art. 645 c.p.c. - citazione, notifica e iscrizione a ruolo) e dalla prosecuzione del giudizio (mutamento di rito da parte del Giudice in procedimento sommario di cognizione per regolare l'istruttoria e la decisione). Osserva la ricorrente che se il legislatore avesse ritenuto di imporre l'introduzione dell'opposizione con ricorso non avrebbe avuto motivo di richiamare l'art. 645 c.p.c.; di conseguenza, sarebbe corretto il provvedimento che ha disposto il mutamento di rito, mentre non sarebbe condivisibile e dovrebbe essere cassato il decreto del Tribunale che considera l'opposizione a d.i. per la liquidazione di compensi di avvocato errata nel rito ove promossa con citazione. In sostanza, non vi sarebbe alcun obbligo di introdurre l'opposizione con ricorso, per cui si intende rispettato il termine a proporre opposizione quando la notifica dell'atto di citazione in opposizione a d.i. avvenga entro il 40 giorno dalla notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo.
1.2. - Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la "Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto: artt. 101 e 113 c.p.c., artt. 24 e 111 Cost. e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, commi 1 e 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5". Osserva la ricorrente che l'eccezione di tardività dell'opposizione a d.i. era stata proposta solo all'udienza collegiale dell'8.7.2016 e, nonostante la richiesta di concessione di un differimento di udienza per controdedurre alla nuova eccezione, la suddetta richiesta era rigettata dal Collegio, con violazione del diritto di difesa e di integrità del contraddittorio. Il Tribunale con il provvedimento del 28.4.2016 disponeva il mutamento del rito richiamando del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4; ma ne negava la sua completa applicazione, giacchè il Tribunale ometteva di dichiarare inammissibile l'eccezione di tardività dell'opposizione introdotta con citazione e depositata oltre 40 giorni dalla notifica del d.i. per effetto del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 5, secondo il quale gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguite prima del mutamento. Nella fattispecie, l'atto di citazione era stato notificato a distanza di 37 giorni dalla notifica del d.i., per cui erano rispettati i termini processuali relativi alla procedura adottata prima del mutamento di rito.
2. - Data la stretta connessione dei motivi, gli stessi vanno esaminati e decisi congiuntamente; gli stessi non sono ammissibili.
2.1. - Questa Corte ha affermato che, "in tema di liquidazione degli onorari di avvocato, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, comma 4, dichiarando inappellabile l'ordinanza che definisce la procedura della L. n. 794 del 1942, ex art. 28, richiama i presupposti operativi di questa procedura speciale, sicchè l'ordinanza che statuisca sull'an del compenso e non solo sul quantum è impugnabile con l'appello e non col ricorso per cassazione" (Cass. n. 19873 del 2015; Cass. n. 12248 del 2016; Cass. n. 12796 del 2019).
Il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, prevede che le controversie di cui alla L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 28 e l'opposizione proposta a norma dell'art. 645 c.p.c., avverso il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. Le Sezioni Unite, con la nota sentenza del 23.2.2018 n. 4485, hanno stabilito che, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14, la controversia per la liquidazione delle prestazioni professionali può essere introdotta con un ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario "speciale", disciplinato dal D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 3, 4 e 14, oppure con ricorso per decreto ingiuntivo.
E', invece, esclusa la possibilità di introdurre l'azione sia con il rito ordinario di cognizione sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico disciplinato esclusivamente dagli artt. 702 bis c.p.c. e segg..
Quanto al regime dell'opposizione, nonostante la disposizione parli di opposizione "proposta a norma dell'art. 645 c.p.c.", le Sezioni Unite hanno ritenuto che l'opposizione non debba introdursi con citazione, ma con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. e così pure l'attività di costituzione dell'opposto. Tuttavia, nel caso di introduzione dell'opposizione con la citazione, come nel caso di specie, la congiunta applicazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, prevede espressamente che il giudice debba disporre il mutamento del rito. In tal caso, gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono secondo le norme del rito seguito prima del mutamento e restano ferme le decadenze e le preclusioni maturate secondo le norme del rito seguito prima del mutamento (Cass. sez. un. 4485 del 2018, cit.).
2.2. - La norma, dunque, pur escludendo che l'erronea adozione dei due modelli di atto introduttivo sia di per sè motivo di nullità irrimediabile o comunque di definizione del processo in mero rito, pone un'importante ed incisiva limitazione allorchè l'instaurazione del giudizio sia soggetta ad un termine di decadenza.
In tali ipotesi si afferma che la tempestività dell'atto introduttivo deve essere valutata, non già alla luce del modello erroneamente utilizzato, bensì secondo quello che avrebbe dovuto impiegarsi, nel senso cioè che: a) ove il processo debba promuoversi con ricorso, la domanda proposta con citazione può tenere luogo del ricorso, ma non dal giorno della notifica al convenuto, bensì solo dal momento in cui la citazione medesima sia depositata nella cancelleria del giudice adito, ciò che normalmente avviene con la costituzione dell'attore; b) se, invece, sia stato utilizzato un ricorso in sostituzione della prescritta citazione, il giudizio si ha per iniziato non già dal giorno del deposito dell'atto introduttivo in cancelleria, bensì dal momento in cui esso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, sia notificato al convenuto.
Pertanto, alla stregua di questo inquadramento generale, l'effetto impeditivo della decadenza processuale si produce in un momento successivo all'instaurazione del giudizio, col verificarsi di un evento che in qualche modo sanerebbe l'iniziale difetto di forma e renderebbe la citazione equipollente al ricorso e viceversa. L'equipollenza tra citazione e ricorso è giustificata dall'applicazione del principio di convalidazione per raggiungimento dello scopo di cui all'art. 156 c.p.c., comma 3, oppure facendo richiamo al principio di conservazione degli atti processuali, talora ricollegato all'art. 159 c.p.c., salvo le disposizioni previste nel rito del lavoro (Cass. n. 12796 del 2019, cit.).
2.3. - La sanatoria di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, è stata dettata proprio con riguardo al decreto di semplificazione dei riti, in cui numerosi riti speciali precedentemente contemplati sono stati riformati e ricondotti alle tipologie del giudizio di cognizione ordinaria, del giudizio del lavoro e del giudizio di cognizione sommaria previsto dagli artt. 702-bis c.p.c. e segg.. Al riguardo, la riforma di numerosi riti speciali avrebbe potuto ingenerare plurime incertezze interpretative nella scelta del rito da utilizzare e delle modalità di introduzione, sicchè il legislatore ha deciso di prevedere una speciale ipotesi di sanatoria in ragione delle peculiarità della disciplina di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011.
Rispetto alle tipologie di controversie espressamente indicate dal decreto sulla semplificazione dei riti, cui rispettivamente si applicano il rito del lavoro, il rito sommario di cognizione e il rito ordinario di cognizione, il legislatore ha dettato una regola derogatoria del principio generale secondo cui, nel caso di mutamento del rito, si ha riguardo, ai fini della litispendenza, alla "forma ipotetica" e non alla "forma concreta" dell'atto introduttivo. Al riguardo, dell'art. 4, il comma 5, sancisce che gli effetti processuali e sostanziali della domanda giudiziale si producono secondo le norme del rito applicato prima del mutamento. Nel caso di specie, dall'esame degli atti processuali, consentita a questa Corte in ragione della natura di error in procedendo dell'errore dedotto dalla controricorrente in via incidentale, il termine di giorni quaranta dalla notifica del ricorso per decreto ingiuntivo va calcolato considerando la data di iscrizione a ruolo dell'atto di opposizione.
Essa è pertanto tardiva, giacchè il decreto ingiuntivo è stato notificato il 18.12.2013 ed il termine di quaranta giorni per l'opposizione scadeva il 27 gennaio 2014, mentre il deposito del ricorso è tardivamente avvenuto l'11.2.2014.
3. - Conseguentemente, il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza del condominio e vanno liquidate in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la società ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge ella misura del 15%, Iva e cap come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.