Nell'esercizio del suo potere discrezionale in sede di sostituzione delle pene detentive brevi, il giudice non può prescindere dai criteri indicati nell'art. 133 c.p..
La Corte d'Appello di Campobasso confermava la sentenza emessa dal Giudice di prime cure, condannando l'imputato per il reato di ricettazione. Nello specifico, la condotta contestata a quest'ultimo consisteva nell'avere acquistato (o ricevuto) un bancomat che era stato sottratto al legittimo proprietario qualche giorno prima attraverso un furto denunciato ai Carabinieri. ...
Svolgimento del processo
1. La CORTE di APPELLO di CAMPOBASSO, con sentenza in data 19/11/2019-dep. 4/12/2019, confermava la sentenza con la quale il TRIBUNALE di CAMPOBASSO in composizione monocratica in data 23/01/2018 aveva condannato D.A. a pena di giustizia per il reato, commesso in luogo imprecisato in data anteriore al 6/11/2015, di ricettazione, ritenuta l'ipotesi di cui all'art. 648 c.p., comma 2 e riconosciute le attenuanti generiche e la sospensione della pena alle condizioni di legge. La condotta contestata è consistita nell'avere acquistato, o comunque ricevuto, la carta bancomat della Banca Unicredit di proprietà di tale Z.M. e parte della carta di identità di costei, a lei sottratte qualche giorno prima, il 28/10/2015, attraverso un furto che la donna aveva poi denunciato ai Carabinieri.
2. D. propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, e deduce i seguenti motivi:
- come primo, la manifesta illogicità della motivazione per non essere stato applicato nella specie l'art. 49 c.p.. Censura che mentre in genere le condanne per ricettazione aventi per oggetto carte di pagamento elettroniche presuppongono che le stesse siano attive, cioè tali da permettere, anche attraverso la conoscenza del PIN, il prelievo di somme in denaro o l'acquisto di beni, nella specie è certo che la titolare della carta, subito dopo il furto, avesse bloccato la possibilità del suo utilizzo, sì che il bancomat di cui l'imputato era stato trovato in possesso consisteva soltanto in un pezzo di plastica privo di valore;
- come secondo, la manifesta illogicità della motivazione quanto alla ricettazione della parte di carta di identità di Z. perchè, a differenza del bancomat, che la polizia giudiziaria aveva rinvenuto nella tasca dei pantaloni dell'imputato, questa parte di documento era appoggiatq sul tavolo del garage all'interno del quale vi era una pluralità di giovani, e nulla la riconduceva alla persona di D.;
- come terzo, la manifesta illogicità della motivazione quanto alla mancata sostituzione della pena detentiva con l'equivalente sanzione pecuniaria, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 53 e art. 135 c.p.. Con analogo motivo di appello il ricorrente aveva formulato tale istanza, chiedendo anche che fosse revocata la sospensione della pena disposta dal primo Giudice, ma la CORTE territoriale ha disatteso la richiesta spiegando che la sanzione pecuniaria corrispondente alla pena detentiva inflitta non avrebbe avuto efficacia deterrente, trascurando tuttavia che essa era stata sospesa alle condizioni di legge, e pertanto non avrebbe avuto esecuzione, a differenza della sollecitata sostituzione con l'importo equivalente in denaro.
3. Con conclusioni scritte il PROCURATORE GENERALE di questa S.C. chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile, poichè la CORTE territoriale ha dato conto della sussistenza di gli elementi costitutivi della ricettazione, e quanto alla sanzione sostitutiva ha richiamato le circostanze del caso concreto e la personalità dell'imputato.
Motivi della decisione
Il ricorso merita di essere accolto quanto al terzo motivo, mentre i primi due sono manifestante infondati.
1. Sul primo motivo la CORTE territoriale, con valutazione conforme al TRIBUNALE, ha ravvisato la sussistenza della ricettazione per la carta di debito elettronica, sottolineando la provenienza di essa dal furto consumato pochi giorni prima in danno della titolare, e il suo rinvenimento sulla persona dell'imputato, il quale, sulla base della comune esperienza, doveva essere ben consapevole che l'uso e il possesso di essa fossero riservati esclusivamente alla proprietaria. Ha quindi ritenuto che per la configurabilità del reato non fosse necessario l'effettivo conseguimento del fine di profitto derivante dal possesso della carta, e con ciò ha replicato alla richiesta difensiva di qualificare il reato come impossibile.
Il condiviso orientamento di questa Sezione della S.C. è nel senso della non rilevanza, ai fini della configurabilità del delitto in questione, della percezione del vantaggio cui mira il possesso del bene ricettato, quando siano necessari codici di accesso al fine di ottenere il denaro. Cf. in proposito sentenza n. 37369 del 12/11/2020 dep. 23/12/2020 Rv. 280463, imputato Moushsne Souaq, secondo cui "integra il delitto di ricettazione la ricezione di una chiavetta utilizzabile per l'accesso "online" su conto corrente (c.d. "token") provento di furto, nella consapevolezza della sua illecita provenienza, a nulla rilevando, trattandosi di reato a dolo specifico, l'effettivo conseguimento del profitto per l'impossibilità di operare sul conto. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso la configurabilità del reato impossibile in una fattispecie in cui l'imputato non aveva avuto conoscenza di tutti i codici di accesso e per essere stato il conto corrente medio-tempore bloccato dal titolare, non potendosi escludere "ex ante" la circostanza che fosse in grado di conseguire in altro modo, anche avvalendosi di altri canali e complici, l'accesso al conto corrente)".
2. Il riferimento all'istituto del reato impossibile non è pertinente proprio in relazione al reato di cui all'art. 648 c.p.. Essendo certo che la carta bancomat fosse provento di furto, e che l'imputato l'aveva ricevuta consapevole della sua provenienza delittuosa - il motivo di appello sul punto, disatteso dalla Corte territoriale, non è stato ripreso nel ricorso -, non può essere seguita la tesi difensiva secondo cui la mancata disponibilità del PIN da parte dell'imputato e il blocco della carta bancomat disposto dalla titolare avessero precluso a D. di trarre profitto dal suo possesso: poichè la ricettazione è delitto con dolo specifico, non è richiesto il raggiungimento dello scopo perseguito per ritenerlo integrato. Rileva che al momento della ricezione della carta elettronica l'imputato fosse animato dal fine di profitto, confidando di poterla utilizzare in qualche modo, e così ricavarne un vantaggio patrimoniale.
3. Manifestamente infondato è altresì il secondo motivo, alla stregua della motivazione della CORTE di APPELLO quanto al rinvenimento della parte del documento di identità della medesima titolare della carta bancomat nelle immediate vicinanze del luogo in cui, all'interno del garage, l'imputato era stato sottoposto a perquisizione, e quindi della riferibilità anche a lui del documento medesimo.
4. Va invece accolto il terzo motivo, che riguarda la mancata conversione della pena detentiva: la CORTE ha giustificato il rigetto per l-adeguata efficacia deterrente" della pena da irrogare all'imputato, tenuto conto delle "circostanze del caso concreto" e della sua personalità, "gravato da precedenti penali anche in materia di armi". Si tratta di una motivazione manifestamente illogica, alla stregua del condiviso orientamento di questa S.C. (cf. Sez. 2 sentenza n. 21459 del 07/03/2019 dep. 16/05/2019 Rv. 276064 imputato Diouf Papa Malick).
Deve ricordarsi che la conversione delle pene detentive brevi è condizionata a requisiti di natura soggettiva, indicati dalla L. n. 689 del 1981, art. 59 e alla misura della pena che si ritiene di irrogare, secondo quanto dispone L. n. 689 del 1981, art. 53: al Giudice compete la valutazione "dei criteri indicati dall'art. 133 c.p." per operare la sostituzione, attraverso la scelta della sanzione "più idonea per il reinserimento sociale del condannato", ex art. 58 cit..
Posto che il TRIBUNALE ha nella specie riconosciuto - e la CORTE ha confermato - al ricorrente il beneficio della sospensione della pena, evidentemente ravvisandone i presupposti, va altresì ricordato che le Sez. U. di questa S.C. (n. 24476 del 22/04/2010, Gagliardi, Rv. 247274) hanno sancito che la ratio delle pene sostitutive ha natura premiale e che il Giudice, nell'esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi, deve tenere conto dei criteri indicati nell'art. 133 c.p., tra i quali quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell'imputato. La valutazione discrezionale rimessa al giudice di merito ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 58, va pertanto sorretta da una congrua e adeguata motivazione, che dovrà avere in particolare considerazione, tra gli altri criteri, le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato, nell'ottica di valutare se sia prevedibile che non vi sia per il futuro una ricaduta nel reato (cf. Sez. 4, n. 46432 del 21/09/2018, A, Rv. 273932).
5. La conclusione coerente coi presupposti indicati dalla menzionata pronuncia delle Sez. U - idoneità della sostituzione al fine del reinserimento sociale del condannato e prognosi positiva circa l'adempimento delle prescrizioni applicabili -, ha fatto ravvisare viziata la motivazione di diniego della conversione in ragione della natura del reato (Sez. 3, n. 37814 del 06/06/2013, Zicaro Romenelli, Rv. 256979). E' ben vero che sentenze di questa S.C. affermano il rilievo della concreta efficacia afflittiva della pena, che potrebbe essere pregiudicata dalla sostituzione L. n. 689 del 1981, ex art. 53: esse però attengono a fattispecie in cui i giudici di merito avevano segnalato la gravità della condotta, le conseguenze dell'offesa arrecata, la specifica soggettiva inclinazione a delinquere, quali indici dell'inadeguatezza della sanzione sostitutiva (v. Sez. 5, n. 10941 del 26/01/2011, Orabona, Rv. 249717). Cenni in tal senso vi sono anche nella sentenza della CORTE territoriale, che rinvia, pur in modo generico, come prima ricordato, alle" circostanze del caso concreto" e alla sua personalità, poichè "gravato da precedenti penali anche in materia di armi".
Tuttavia, come rimarcato dal ricorso, non può trascurarsi che il Giudice di primo grado aveva riconosciuto all'imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena, e questo rappresenta un dato contraddittorio, non rilevato dalla sentenza di appello, sul piano della argomentazione. Il Giudice di legittimità ha affermato che "configura una motivazione illegittima negare la sostituzione della pena detentiva irrogata, e condizionalmente sospesa, con l'argomento che "per conferire efficacia preventiva alla sospensione condizionale necessita una remora valida e questa è rappresentata dal timore della pena carceraria-: Sez. 3, n. 2655 del 12/10/1994, dep. 1995, Ranieri, Rv. 201572; nello stesso senso v. successivamente Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015-dep. 11/05/2015, Pritoni, Rv. 263558. Quest'ultima ha valutato manifestamente illogica la scelta del giudice di merito il quale, pur concedendo all'imputato la sospensione condizionale della pena, aveva rigettato la richiesta di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria in ragione della pericolosità dell'imputato e della sua "proclività alla violazione della legge penale".
E' un orientamento seguito anche da questa Seconda sezione della S.C. (cf. sentenza n. 21459 del 07/03/2019 dep. 16/05/2019 Rv. 276064 imputato Diouf Papa Malick), secondo cui "in tema di sostituzione di pene detentive brevi, è manifestamente illogica la motivazione con la quale il giudice di merito, pur concedendo all'imputato la sospensione condizionale della pena, rigetti la richiesta di sostituzione della pena detentiva irrogata per la necessità di assicurare "un minimo di efficacia afflittiva e rieducativa" alla stessa, senza osservare i criteri indicati dall'art. 133 c.p., prendendo in esame le modalità del fatto, la personalità del condannato e le sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale al fine di valutare l'idoneità della sostituzione al reinserimento sociale dello stesso e di formulare una prognosi circa l'adempimento delle prescrizioni applicabili".
6. Va, pertanto, disposto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata alla CORTE d'APPELLO di SALERNO, per nuovo giudizio in ordine alla richiesta sostituzione della pena irrogata. Ai sensi dell'art. 624 c.p.p., comma 2, va dichiarata l'irrevocabilità dell'affermazione di responsabilità dell'imputato in ordine al delitto di ricettazione a lui ascritto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla CORTE di APPELLO di SALERNO. Dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità.