Sulla scorta delle indicazioni fornite dall'ufficio giudiziario, il ricorrente propone ricorso per cassazione via posta elettronica certificata. Per la Corte, non è possibile invocare che la situazione di errore sia stata indotta dalle fallaci informazioni impartite dalla cancelleria in quanto non inquadrabili nelle categorie del caso fortuito o della forza maggiore.
La Corte d'Appello di Lecce dichiarava inammissibile il gravame proposto dall'appellante in quanto l'atto di impugnazione era stato inviato a mezzo posta elettronica certificata.
Contro tale decisione, l'appellante propone ricorso per cassazione sostenendo che la dichiarazione di inammissibilità delle sentenza impugnata aveva inciso sul diritto di difesa del ricorrente poiché aveva omesso di considerare che l'eventuale errore nella modalità di trasmissione dell'impugnazione era da ricondurre «ad un'incolpevole ignoranza delle norme processuali da applicare al momento della proposizione dell'impugnazione, considerate le indicazioni fornite dall'ufficio giudiziario cui si era rivolto il difensore dell'appellante», situazione che legittimerebbe la rimessione in termini della parte per la riproposizione dell'impugnazione
Il ricorrente precisa inoltre che le disposizioni dettate nel periodo emergenziale consentivano alle parti private di depositare qualsiasi atto via PEC, compresi quelli relativi all'impugnazione delle sentenze penali.
Con sentenza n. 35556 del 27 settembre 2021, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.
Sulla possibilità di depositare via PEC il ricorso, la Corte ribadisce il principio secondo cui la trasmissione attraverso il predetto strumento informatico è riservato alle sole comunicazioni degli atti del giudice, in quanto nessuna norma adottata durante l'emergenza epidemiologica da Covid-19 prevede deroghe a tale principio.
In tema di rimessione in termini, la Cassazione esclude che si possa invocare la situazione di errore indotta dalle false informazioni fornite dagli uffici giudiziari sull'esercizio delle attività difensive in quanto concernente un profilo di diritto e come tale non collocabile nelle categorie del caso fortuito o della forza maggiore. Statuizione peraltro confermata da un recente orientamento, secondo cui è escluso «che l'errata informazione impartita dalla cancelleria in senso contrario, possa, in quanto contra legem, integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore ai fini della restituzione del termine».
Svolgimento del processo
1. La Corte d'appello di Lecce, con l'ordinanza impugnata in questa sede, ha dichiarato inammissibile l'appello proposto dal difensore di G.A., avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Taranto il 12 dicembre 2019 nei confronti del G., avendo il difensore inviato l'atto di impugnazione a mezzo posta elettronica certificata.
2. Ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza il difensore del G. deducendo, con il primo motivo, violazione della legge penale, in relazione all'art. 583 c.p.p.; secondo il ricorrente, le disposizioni dettate nel periodo emergenziale, conseguenti alla diffusione della malattia pandemica da Covid 19, consentivano alle parti private di depositare qualsiasi atto, compresi quindi quelli relativi all'impugnazione delle sentenze penali, utilizzando lo strumento della posta elettronica certificata, come del resto confermato dalle indicazioni che erano state fornite al ricorrente dall'ufficio giudiziario presso il quale doveva esser depositata l'impugnazione (ossia, la cancelleria del Tribunale di Taranto).
2.1. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge, in riferimento agli artt. 24 e 111 Cost., art. 5 c.p.; il provvedimento impugnato, nel dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione proposta, di fatto aveva inciso sul diritto di difesa del ricorrente, omettendo di considerare che l'eventuale errore nella modalità di trasmissione dell'impugnazione - peraltro da escludere, per le considerazioni esposte con il primo motivo di ricorso - era da attribuire ad un'incolpevole ignoranza delle norme processuali da applicare al momento della proposizione dell'impugnazione, considerate le indicazioni fornite dall'ufficio giudiziario cui si era rivolto il difensore dell'appellante, situazione che legittimerebbe la rimessione in termini della parte, ai sensi dell'art. 175 c.p.p., per la proposizione dell'impugnazione.
3. La Corte ha proceduto all'esame del ricorso con le forme previste dal D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 9.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente intende proporre una lettura delle disposizioni processuali, introdotte a partire dal D.L. 8 marzo 2020, n. 11, e successivamente con il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito nella L. 24 aprile 2020, n. 27, mettendo in risalto i poteri dei capi degli uffici giudiziari nella riorganizzazione delle attività da svolgere, poteri che nel caso concreto si sarebbero tradotti nelle indicazioni che la cancelleria del giudice del provvedimento impugnando ha fornito al difensore (riferendo della possibilità di presentare l'impugnazione attraverso l'invio con posta elettronica certificata).
Una siffatta lettura è stata esclusa dalla giurisprudenza della Corte, che ha statuito il principio - già più volte ribadito prima del sopravvenire del periodo emergenziale (Sez. 6, n. 55444 del 05/12/2017, C., Rv. 271677, relativo alla proposizione del ricorso per cassazione; Sez. 1, n. 2020 del 15/11/2019, dep. 2020, Turturo, Rv. 278163, in tema di motivi aggiunti al ricorso per cassazione; Sez. 5, n. 12949 del 05/03/2020, Torti, Rv. 279072, relativa ai motivi aggiunti in sede di appello; Sez. 3, n. 38411 del 13/04/2018, B., Rv. 276698, in tema di impugnazioni cautelari) e che la Corte ritiene di condividere - secondo il quale gli atti di impugnazione non possono essere presentati mediante la trasmissione con posta elettronica certificata, "in quanto l'uso di tale mezzo informatico è riservato alle sole comunicazioni degli atti del giudice, nè alcuna deroga a tale disposizione è stata introdotta dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 11, contenente disposizioni per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, conv. nella L. 24 aprile 2020, n. 27, che ha limitato tale possibilità ai soli ricorsi civili" (Sez. 1, n. 28540 del 15/09/2020, Santapaola, Rv. 279644, riguardante la proposizione del ricorso per cassazione; nello stesso senso, Sez. 1, n. 28541 del 15/09/2020, Cocimano, non massimata; Sez. 1, n. 21907 del 18/5/2021, Adam, non massimata Sez. 1, n. 20950 del 12 febbraio 2021, Abbate, non massimata). Del resto, è decisivo nel sostenere l'interpretazione indicata l'argomento testuale che si trae dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 24, comma 6 quinquies, introdotto con la legge di conversione 18 dicembre 2020 n. 176; solo con l'emanazione di tale disposizione è stata ammessa la proposizione di ogni impugnazione facendo ricorso allo strumento della posta elettronica certificata, con espressa indicazione (al comma 6 decies dello stesso articolo) dell'operatività della nuova modalità di presentazione per gli atti proposti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione (e, quindi, della necessaria applicazione del principio tempus regit actum proprio delle disposizioni processuali).
1.2. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La situazione di fatto documentata dal ricorrente, quanto alle errate indicazioni fornite dalla cancelleria del Tribunale circa le modalità con cui il difensore avrebbe potuto inoltrare l'atto di impugnazione, non può essere posta a fondamento dell'ipotizzata istanza di restituzione del termine. Come puntualmente osservato dal Procuratore generale nelle proprie conclusioni, è stato più volte affermato dalla Corte il principio secondo il quale, riguardo alla decadenza dell'imputato dal termine per proporre appello, la stessa "non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto ascrivibile al difensore, atteso che all'imputato personalmente spetta la facoltà di impugnare, in via autonoma e concorrente rispetto al difensore" (Sez. 2, n. 13803 del 10/03/2021, Pinna, Rv. 281033, riguardante la fattispecie dell'erroneo computo del periodo di sospensione feriale nel calcolo dei termini per impugnare la sentenza), dovendosi altresì escludere che ricorra alcuna ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, legittimante la restituzione nel termine, poichè l'errore del difensore "consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione, e perchè non può essere escluso, in via presuntiva, un onere dell'assistito di vigilare sull'esatta osservanza dell'incarico conferito, nei casi in cui il controllo sull'adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo" (Sez. 4, n. 55106 del 18/10/2017, Hudorovic, Rv. 271660; Sez. 6, n. 18716 del 31/03/2016, Saracinelli, Rv. 266926; Sez. 2, n. 16066 del 02/04/2015, Costica, Rv. 263761).
Neppure può invocarsi, quale caso fortuito, la situazione di errore indotta dalle fallaci informazioni fornite dagli uffici giudiziari circa l'esercizio di attività difensive: i precedenti di legittimità che hanno ravvisato i presupposti ex art. 175 c.p.p. in riferimento a tali contingenze riguardavano sempre errori concernenti dati di fatto (come per l'indicazione della data di deposito del provvedimento da impugnare: Sez. 2, n. 44509 del 07/07/2015, Floccari, Rv. 264965; Sez. 6, n. 21901 del 03/04/2014, G., Rv. 259699; Sez. 5, n. 10796 del 03/02/2010, Giacobazzi, Rv. 246368; Sez. 2, n. 22161 del 24/05/2007, Bois, Rv. 236805), mentre, nel caso in esame, l'informazione che avrebbe indotto in errore il difensore concerneva un profilo di diritto, come tale non inquadrabile nelle categorie del caso fortuito o della forza maggiore. A identiche conclusioni è giunto un recente arresto, relativo ad una fattispecie riguardante l'opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo PEC, in cui è stato escluso "che l'errata informazione impartita dalla cancelleria in senso contrario, possa, in quanto "contra legem", integrare gli estremi del caso fortuito o della forza maggiore ai fini della restituzione nel termine" (Sez. 3, n. 12456 del 12/01/2021, Frangipane, Rv. 281068).
2. inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.