In materia di provvedimenti de potestate, il rapporto tra il tribunale ordinario e quello minorile è regolato dal principio di prevenzione, il quale opera nei termini di seguito indicati.
Il Giudice monocratico del Tribunale di Pavia richiedeva d'ufficio il regolamento di competenza al fine di ottenere la dichiarazione di competenza del Tribunale per i minorenni di Milano a provvedere sulla domanda proposta da una madre tesa a ricevere un contributo mensile di mantenimento della figlia da parte del padre.
Con l'ordinanza n. 26385 del 29...
Svolgimento del processo
Il Pubblico Ministero presso il Tribunale per i minorenni di Milano in data 18 giugno 2019 ha proposto ricorso ex art. 333 c.c. con il quale ha chiesto la limitazione della responsabilità genitoriale di C.C. e T.S., genitori di C.A.V., nata il 27 ottobre 2017. Il T.M. con decreto provvisorio immediatamente efficace ha limitato la responsabilità genitoriale incaricando i servizi sociali del Comune di Voghera cui ha affidato la piccola A.V. di prendere in carico la situazione disponendo gli interventi necessari e mantenendo la residenza della minore presso la madre.
In data 14 gennaio 2020 la sig.ra T. ha chiesto con istanza al T.M. di imporre a carico del padre un contributo al mantenimento della figlia da corrispondere alla madre nella misura di 350 Euro mensili.
Il giudice relatore ha pronunciato decreto in data 16 gennaio 2020 con il quale ha dichiarato non luogo a provvedere sull'istanza essendo competente per materia il tribunale ordinario.
T.S. ha ribadito tale richiesta proponendo ricorso ex art. 316 c.c., comma 4 e art. 337 bis c.c. al Tribunale di Pavia.
Il giudice monocratico del tribunale pavese ha invitato le parti a prendere posizione sulla questione della competenza. Il sig. C. ha chiesto dichiararsi la incompetenza per materia e/o funzionale del Tribunale di Pavia in relazione alla domanda della ricorrente di contributo al mantenimento della figlia, in considerazione della pendenza del procedimento instaurato precedentemente ex art. 333 c.c. dal PM presso il tribunale minorile. La sig.ra T. si è rimessa alla decisione del Tribunale.
Con provvedimento emesso il 9 luglio 2020 il giudice monocratico del Tribunale di Pavia ha richiesto d'ufficio il regolamento di competenza affinchè questa Corte dichiari la competenza del Tribunale per i minorenni di Milano a provvedere sulla domanda proposta dalla sig.ra T. intesa a ottenere l'imposizione al sig. C. di un contributo mensile al mantenimento della figlia.
Motivi della decisione
Con giurisprudenza ormai consolidata questa Corte (cfr. ex multis Cass. civ. sez. VI-1 n. 21633 del 14 ottobre 2014, n. 1349 del 26 gennaio 2015, n. 3490 dell'11 febbraio 2021) ha stabilito che il rapporto tra il tribunale ordinario e quello minorile in materia di provvedimenti de potestate - così come statuito dall'art. 38 disp. att. c.c. attualmente vigente - deve intendersi regolato dal principio di prevenzione, nel senso che la competenza funzionale del tribunale minorile a provvedere sui ricorsi ex art. 333 c.c. subisce una deroga esclusivamente nei casi in cui sia già in corso un giudizio di separazione o divorzio fra le stesse parti o un giudizio ex art. 316 c.c.. Tale deroga non opera invece se i giudizi testè menzionati vengono introdotti davanti al tribunale ordinario successivamente alla proposizione del ricorso ex art. 333 c.c. davanti al tribunale minorile. Nessuna disposizione normativa prevede invece che questa speciale vis attractiva operi a favore del tribunale minorile per le domande di mantenimento del minore che siano proposte, come nel caso in esame, davanti al tribunale ordinario qualora sia già pendente tra le stesse parti un procedimento davanti al tribunale minorile ex art. 333 c.c.. Al di là di questo incontestabile dato testuale deve ritenersi che non vi siano ragioni sistematiche a favore di una interpretazione difforme dell'art. 38, come ritenuto invece dal giudice monocratico del Tribunale di Pavia, che la considera l'unica interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente compatibile e coerente con il criterio della concentrazione delle tutele e con il principio fondamentale del preminente interesse del minore nei procedimenti che lo riguardano.
In primo luogo non è condivisibile estendere la portata dei provvedimenti emanabili ex art. 333 c.c. - norma che trova il suo perimetro contenutistico e applicativo nella sua natura di norma regolatrice del provvedimento de potestate di limitazione della responsabilità genitoriale - sino a ricomprendervi anche la competenza a decidere sul mantenimento del minore.
In secondo luogo l'affermazione secondo cui con la riforma del 2012-2013 sulla filiazione sarebbe ormai attivo il favor legislationis per il principio di unicità della tutela minorile, destinato quindi a operare anche a favore del tribunale minorile nelle ipotesi di attivazione delle competenze funzionali del T.M. rimaste ferme dopo la novellazione dell'art. 38, trova una evidente smentita proprio nel testo dell'art. 38 che ha inteso limitare tassativamente le competenze funzionali del T.M. ("sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria") e superare il pregresso riparto di competenze fra controversie relative ai figli nati nel o fuori del matrimonio. Non può dunque ritenersi che solo ragioni di ordine testuale ma non di ordine sistematico giustifichino l'interpretazione che questa Corte intende ribadire. La affermazione, nell'art. 38, della competenza generale del tribunale ordinario a emettere i provvedimenti relativi ai minori è funzionale al principio dell'unicità dello status di figlio, che è il principio fondante della riforma del 2012-2013, da cui deriva l'attrazione delle competenze del T.M. a favore del tribunale ordinario sulla base della prevenzione e da cui deriva al contrario la limitazione delle competenze funzionali del T.M. ai soli procedimenti de potestate. Il legislatore ha voluto che la regolazione dei diritti e degli interessi dei minori avvenisse davanti al giudice competente a conoscere dei rapporti familiari a prescindere dallo statuto normativo applicabile alla famiglia in cui si svolge la vita del minore. Ciò spiega l'asimmetria adottata dal legislatore nel dare rilievo al principio della prevenzione una scelta che, per altro verso, non è affatto smentita dall'applicazione del principio generale della tutela del miglior l'interesse del minore. La configurazione di una vis attractiva dei procedimenti de potestate instaurati preventivamente davanti ai tribunali minorili non avrebbe, a giudizio di questa Corte, altro effetto che quello di vanificare la scelta appena descritta del legislatore per una generale competenza del giudice ordinario, funzionale all'unicità dello status filiationis e alla concentrazione delle tutele dei diritti e degli interessi dei minori davanti ad esso.
Argomenti contrari o contraddittori non sono rinvenibili neanche nella limitazione della operatività del criterio della prevenzione, e quindi della vis attractiva in favore del tribunale ordinario, nei soli casi in cui è già in corso un giudizio di separazione o divorzio o ex art. 316 c.c. e non anche nel caso in cui uno di tali giudizi sia introdotto successivamente al procedimento già in corso davanti al T.M. ex art. 333 c.c.. Tale interpretazione recepita dalla giurisprudenza di legittimità (si veda da ultimo Cass. n. 3490/2021 cit.)- che va comunque ribadita in quanto basata sul dato testuale dell'art. 38 - trova una chiara ragion d'essere nella volontà del legislatore di non consentire che, mediante la proposizione di azioni strumentali, venga vanificata quella che è stata ribadita come una competenza funzionale del T.M. Nello stesso tempo essa risponde a un principio di economia processuale diretto a salvaguardare l'attività istruttoria già compiuta dal T.M. su situazioni di particolare delicatezza e che richiedono un intervento urgente sulla responsabilità genitoriale quali sono quelle su cui incidono i procedimenti de potestate.
Anche i riferimenti giurisprudenziali contenuti nel ricorso non appaiono coerenti all'interpretazione auspicata dal Tribunale di Pavia. La pronuncia n. 8362 del 3 aprile 2007 si riferisce a un contesto normativo tutt'affatto diverso in cui la Corte di Cassazione rilevava la volontà del legislatore del 2006 (L. 8 febbraio 2006, n. 54) di conservare la competenza generale dei tribunali minorili ad adottare, nella crisi dell'unione di fatto, i provvedimenti nell'interesse dei figli incidenti sulla potestà genitoriale e l'affidamento e affermava, in funzione dell'obiettivo della concentrazione delle tutele, l'attribuzione ai tribunali minorili anche della competenza a decidere sulla misura e sul modo con cui ciascuno dei genitori naturali doveva contribuire al mantenimento del figlio. Proprio a questa ratio, nel quadro normativo attuale, cui si è pervenuti dopo un lungo percorso normativo, giurisprudenziale e dottrinale, che ha finalmente configurato, in coerenza con la Carta costituzionale, un unico status filiationis, destinato ad operare anche sul piano processuale, va dunque ricondotta l'esigenza di non alterare la generale competenza del giudice ordinario ad emettere i provvedimenti relativi ai minori e a circoscrivere le residue competenze speciali del tribunale minorile e in particolare quella concernente i provvedimenti de potestate.
Anche il riferimento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE n. 479 del 16 luglio 2015) compiuto dal Tribunale ricorrente non appare, per le stesse ragioni, convincente, dato che proprio al criterio della concentrazione delle tutele si è ispirato, come si è detto, il legislatore del 2012-2013 mentre la Corte di Giustizia, nella pronuncia cui fa riferimento il giudice monocratico del Tribunale di Pavia, ha affermato che l'art. 3, lett. c) e d), del regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, dev'essere interpretato nel senso che, qualora un giudice di uno Stato membro sia investito di un'azione relativa alla separazione o allo scioglimento del vincolo coniugale tra i genitori di un figlio minore e un giudice di un altro Stato membro sia chiamato a pronunciarsi su un'azione per responsabilità genitoriale riguardante detto figlio, una domanda relativa a un'obbligazione alimentare nei confronti di quello stesso figlio è unicamente accessoria all'azione relativa alla responsabilità genitoriale, ai sensi dell'art. 3, lett. d), di tale regolamento. La pronuncia però va letta nel contesto processuale in cui è destinata a incidere e cioè quello dei conflitti di competenza fra giudici di diversi ordinamenti nazionali. In questa prospettiva l'affermazione della Corte di Giustizia trova un chiaro referente nel principio di prossimità e di prevalenza della residenza abituale del minore.
Se un riflesso, sia pure indiretto, si vuole attribuire a questa pronuncia, sulla questione in discussione nel presente giudizio, non può che trattarsi di una ulteriore conferma nell'ordinamento dell'Unione Europea del favor per la concentrazione delle tutele del minore che si realizza, nel nostro ordinamento, con la competenza generale del giudice ordinario chiamato a pronunciarsi sui diritti e gli interessi del minore nel contesto dei suoi rapporti familiari.
E' vero che in questa prospettiva il legislatore, con la riforma del 2012-2013, avrebbe potuto stabilire una operatività della vis attractiva a favore del tribunale ordinario ancora più estesa e quindi attiva anche nelle ipotesi di proposizione, successiva al giudizio de potestate, in corso davanti al T.M., delle domande di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c.. Tuttavia la scelta è stata diversa, perchè ritenuta dal legislatore coerente con la attribuzione ai tribunali minorili della competenza relativa ai procedimenti de potestate, per le ragioni sopra ricordate che non inficiano il principio della unicità delle tutele se - come si ritiene - si attribuisce ai giudizi de potestate la funzione di un intervento immediato e puntuale, nel quale è centrale il ruolo del pubblico ministero, quale portatore dell'interesse del minore, e che quindi assicuri una tutela specifica e immediata in situazioni di esercizio gravemente inappropriato della responsabilità genitoriale, ferma restando la riconduzione della competenza generale in materia di affidamento e mantenimento del minore ai tribunali ordinari. Questa Corte non ritiene superabile questa scelta del legislatore in via interpretativa in quanto essa si basa su una chiara espressione testuale e su una impostazione sistematica, costituzionalmente compatibile, seguita dal legislatore nel delineare i confini di competenza fra le due istanze giurisdizionali che presidiano i diritti e gli interessi dei minori.
Va pertanto respinto il ricorso e dichiarata la competenza del Tribunale di Pavia a decidere sulle domande proposte dalla sig.ra T.S. con il ricorso in data 3 febbraio 2020 ex art. 316 cc.c, comma 4 e art. 317 bis c.c..
P.Q.M.
La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Pavia.
Dispone che, nella pubblicazione e diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.