Secondo la Cassazione, ai fini della quantificazione dell'assegno divorzile, bisogna tener conto di una serie di fattori tra cui l'assegnazione della casa familiare, la durata del matrimonio e il contributo alla formazione dell'ingente patrimonio immobiliare.
L'ex moglie propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello con la quale aveva rideterminato l'assegno di divorzio ritenendo che la ricorrente, quale fisioterapista, potrebbe conseguire risorse economiche che, sommate a quelle dell'assegno divorzile diminuito, le consentirebbero di godere di un'esistenza dignitosa ed...
Svolgimento del processo
che:
1. Il Tribunale di Salerno, con sentenza del 18/07/2017, ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, contratto da A.G. e D.L., ha assegnato la casa coniugale sita in Salerno a quest'ultima ed ha posto a carico del coniuge A. l'obbligo di corrispondere direttamente ai figli maggiorenni non economicamente autosufficienti l'assegno di 1000,00 Euro ciascuno e, da ultimo, ha determinato in Euro 1400,00 l'assegno divorzile in favore dell'ex moglie.
2. Avverso la presente sentenza ha proposto appello A.G. chiedendo, in via principale, la revoca dell'assegno divorzile ed, in via subordinata, la riduzione del medesimo ad Euro 150,00, posto che la D. è in possesso della laurea in fisioterapia che la abilita a svolgere attività lavorativa come fisioterapista ed esercita l'attività di istruttrice di pilates con corsi presso la casa coniugale. Con riferimento al mantenimento dei figli maggiorenni ( E. e G.), ha chiesto la revoca del relativo assegno di mantenimento in ragione della loro autosufficienza economica, ovvero la riduzione dell'importo di mantenimento comprensivo delle spese straordinarie nella misura minima di modo che sia sostenibile dal vincolo di destinazione costituito sul proprio patrimonio immobiliare e sulla partecipazione alla società AGAR a favore dei figli.
3. Si è costituita in giudizio D.L., proponendo appello incidentale con il quale ha chiesto l'aumento dell'assegno divorzile ad Euro 4.000,00 ovvero, in subordine, ad Euro 2200,00 e la conferma delle statuizioni relative al mantenimento dei figli, con obbligo per il padre di provvedere alle spese straordinarie necessarie a far fronte alle esigenze dei figli.
4. La Corte di Appello di Salerno, con sentenza del 29/03/2018 (pubblicata il 24/04/2018), ha revocato l'assegno di mantenimento previsto per il figlio A.E., poichè ritenuto economicamente autosufficiente, ed ha confermato l'assegno mantenimento di Euro 1000,00 per il figlio A.G.. In ragione della dipendenza economica del figlio G., il quale frequenta l'Università a Milano ma ha sempre fatto ritorno nella casa coniugale di (OMISSIS) durante le festività ed i periodi di sospensione delle attività universitarie, è stata confermata la statuizione di primo grado relativa all'assegnazione della casa familiare alla D..
4.1. Quanto all'assegno di divorzio, il giudice di appello, riconosciuta la sua natura assistenziale e la necessità di tenere in considerazione tutti i criteri indicati dal disposto normativo per la quantificazione dell'assegno, ha diminuito la somma dell'assegno in Euro 900,00, rilevando che la D. non ha assolto all'onere probatorio relativo alla mancanza di sufficienti risorse economiche e dell'impossibilità di procurarsele ed evidenziando che la stessa è laureata in fisioterapia, gode di un buono stato di salute e, nonostante l'età raggiunta di 61 anni, può svolgere attività di fisioterapista anche privatamente avendone conseguito la professionalità (per avere esercitato la predetta attività lavorativa in passato presso la Asl di (OMISSIS)). In sostanza, la D., quale fisioterapista, potrebbe in concreto conseguire risorse economiche che, sommate a quelle dell'assegno divorzile di Euro 900.00, le consentirebbero di godere di un'esistenza dignitosa ed adeguata, tenuto conto della lunga durata del matrimonio, della contribuzione della stessa al successo professionale del marito ed alla formazione del cospicuo patrimonio immobiliare, nonchè dell'agiato tenore di vita vissuto dalla famiglia nel suo complesso durante la convivenza matrimoniale ed avuto riguardo alla posizione economica del marito come emergente dagli atti di causa e come evidenziata nella sentenza di primo grado.
5. Avverso la sentenza della Corte di Appello ha proposto ricorso per cassazione D.L. limitatamente al capo relativo alla quantificazione dell'assegno divorzile. A.G. ha depositato controricorso e memorie difensive ex art. 380-bis c.p.c..
Motivi della decisione
che:
6. Con il primo ed unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, in combinato disposto con gli artt. 2, 3, 29 Cost., e con l'art. 143 c.c., atteso che la Corte di Appello ha erroneamente attribuito all'assegno divorzile una mera funzione assistenziale e non anche perequativo-compensativa, riducendone impropriamente il quantum rispetto a quanto statuito dal primo giudice. Lamenta la ricorrente che la quantificazione dell'assegno divorzile non ha tenuto conto dei compiti e dei ruoli svolti da entrambi i coniugi durante la pregressa vita matrimoniale e della solidarietà esistente tra i medesimi sia nella fase coniugale sia in quella post-coniugale. Precisamente, la Corte di Appello avrebbe dovuto verificare se l'inadeguatezza dei mezzi e l'incapacità oggettiva di procurarseli, per la ricorrente, fosse dovuta alle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio (sacrificio delle aspettative professionali e reddituali in funzione dell'assunzione del ruolo endofamiliare), in relazione alla durata del vincolo, al contributo fornito da ciascun coniuge alla creazione del patrimonio sia comune che dell'altro coniuge, alle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili, alla cessazione della relazione anche in riferimento all'età del coniuge richiedente. La valutazione di tali elementi ha avuto nella sentenza impugnata un ruolo sussidiario e riduttivo.
6.1. Il motivo è manifestamente infondato avendo la Corte di Appello applicato correttamente i principi stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 18278/2018, secondo la quale il riconoscimento dell'assegno di divorzio in favore dell'ex coniuge - cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, - richiede l'accertamento dell'inadeguatezza dei mezzi dell'ex coniuge istante e dell'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell'assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonchè di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all'età dell'avente diritto.
6.2. Invero, il giudice di appello ha espressamente riconosciuto la necessità di integrare il criterio dell'autosufficienza economica con i criteri previsti dalla L. cit., art. 5, dei quali ha pienamente tenuto conto alla luce delle risultanze istruttorie e della documentazione presente in atti. Precisamente, il provvedimento impugnato si è fondato, non su una mera equiparazione economica dei patrimoni dei due coniugi, bensì su una pluralità di fattori quali l'assegnazione alla D. della casa familiare (ed il conseguente esonero di spesa per la locazione e per la gestione della casa), la capacità della medesima di svolgere attività lavorativa quale fisioterapista, la lunga durata del matrimonio, la contribuzione della ricorrente al successo professionale del marito ed alla formazione del cospicuo patrimonio immobiliare, l'agiato tenore di vita vissuto dalla famiglia nel suo complesso durante la convivenza matrimoniale e la posizione economica e professionale del marito.
6.3. Deve, inoltre, osservarsi che il difetto probatorio rilevato nel giudizio di appello, concernente la mancata prova da parte della ricorrente della carenza di risorse economiche e dell'impossibilità di procurarsele, non può ritenersi superato dalla presente censura, ove si richiama una generica impossibilità di reinserimento nel mondo del lavoro ed un altrettanto generico apporto dato alla cura della casa e dei figli, nonchè alla crescita professionale del marito; circostanze, queste, non supportate da alcun elemento concreto atto a scalfire la ratio del provvedimento impugnato.
6.4. In conclusione, la Corte di Appello ha correttamente operato le sue valutazioni in relazione alla diminuzione dell'assegno divorzile, sicchè il ricorso deve essere rigettato con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore del controricorrente come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente che liquida in Euro 5.000,00 oltre 100,00, per esborsi, oltre rimborso forfettario al 15% oltre CA e IVA per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell'Amministrazione ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.