Altrimenti pregiudica il diritto di difesa dell'interessato.
Il GIP convalidava il provvedimento del Questore di Lecce nei confronti dell'attuale ricorrente, limitatamente all'obbligo di presentazione all'autorità di pubblica sicurezza.
Il ricorrente lamenta il fatto che il suddetto provvedimento era stato notificato il 1° luglio 2020, mentre la richiesta del P.M. era stata depositata presso la cancelleria del GIP il 3 luglio 2020, dopo le 48 ore previste per legge a tal fine, e la convalida del medesimo era pervenuta lo stesso 3 luglio. In tal senso, il ricorrente sostiene che egli avrebbe voluto presentare la memoria difensiva entro i termini previsti, tuttavia il Giudice non era stato individuato in mancanza della richiesta di convalida del P.M..
Con la sentenza n. 35979 del 4 ottobre 2021, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso fondato, evidenziando che il nodo interpretativo inerente all'
In risposta a tale questione, la Corte di Cassazione evidenzia che l'art. 6 cit. impone il rispetto di ciascun termine indicato, dunque sia quello di 48 ore del P.M., sia quello di 48 ore del giudice.
Quest'ultimo, quindi, ha a disposizione 96 ore complessive dalla notifica del provvedimento all'interessato per provvedere sulla richiesta di convalida. Di conseguenza, qualora non provveda entro tale lasso di tempo, la misura di prevenzione perde efficacia, ma se provvede prima della scadenza del termine di 48 ore pregiudica l'esercizio effettivo del diritto di difesa dell'interessato, andando incontro alla nullità generale sancita dall'
Concludendo, gli Ermellini richiamano il principio di diritto secondo il quale «anche il pubblico ministero deve rispettare il termine di quarantottore per la richiesta della convalida, pena l'inefficacia della misura, alla stessa stregua della convalida dell'arresto o del fermo, in funzione di tutela del diritto di difesa del soggetto che subisce la limitazione della libertà personale».
Segue l'annullamento senza rinvio della pronuncia impugnata e la declaratoria di inefficacia del provvedimento del Questore limitatamente all'obbligo di presentazione.
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza depositata in cancelleria in data 4 luglio 2020 il Giudice per le indagini preliminari di Lecce ha convalidato il provvedimento del Questore di Lecce notificato a S. V. il 30 giugno 2020, limitatamente all'obbligo di presentazione all'autorità di pubblica sicurezza.
2. Il ricorrente presenta due doglianze.
Con la prima deduce la violazione di legge perché il provvedimento del Questore era stato notificato il 1° luglio 2020 alle ore 10,30, la richiesta del Pubblico ministero era stata depositata presso la cancelleria del Giudice per le indagini preliminari il 3 luglio 2020 alle ore 11,45, dopo le quarantotto ore, mentre la convalida era intervenuta il 3 luglio (senza indicazione di orario). Espone che avrebbe voluto presentare la memoria difensiva nei termini di legge ma il Giudice non era stato individuato in difetto di richiesta di convalida del Pubblico ministero. Con la seconda denuncia il vizio di motivazione in ordine al fumus della condotta, alla durata del provvedimento e alla necessità e urgenza della misura. Precisa che il Giudice nulla aveva spiegato sulla condotta ascritta, limitandosi a richiamare per relationem l'episodio come ricostruito storicamente; non aveva verificato l'attribuibilità a lui delle condotte; non aveva motivato in ordine alla durata della misura fissata in anni tre anziché nel minimo di anni uno; non aveva evidenziato le ragioni di necessità e urgenza che avevano indotto il Questore a
limitare la sua libertà personale.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è fondato con riferimento al primo motivo.
L'art. 6, comma 3, I. n. 401 del 1989 stabilisce che "Il pubblico ministero, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, entro quarantotto ore dalla notifica del provvedimento ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari. Le prescrizioni imposte cessano di avere efficacia se il pubblico ministero con decreto motivato non avanza la richiesta di convalida entro il termine predetto e se il giudice non dispone la convalida nelle quarantotto ore successive. Nel giudizio di convalida, il giudice per le indagini preliminari puo' modificare le prescrizioni di cui al comma 2".
Ciò significa che, se sussistono i presupposti, il pubblico ministero "chiede", cioè "deve chiedere", la convalida nelle quarantotto ore dalla notifica del provvedimento all'interessato, e il gip "convalida", cioè "deve convalidare", nelle successive quarantotto ore. In assenza di tali atti, la misura è inefficace.
Nel caso in esame, il Pubblico ministero ha chiesto la convalida della misura oltre il termine di quarantotto ore dalla notifica del provvedimento del Questore.
Rispetto alla censura sollevata, il nodo interpretativo della norma riguarda l'uso della congiunzione "e": se le ipotesi d'inefficacia della misura, previste dalla norma, siano cumulative, con efficacia "sanante" del termine complessivo di novantasei ore, o alternative, richiedendo il rispetto di ciascun termine a pena d'inefficacia.
4. Secondo il Collegio l'art, 6, comma 3, I. n. 401 del 1989 impone il rispetto di ciascun termine, sia quello di quarantotto ore del pubblico ministero sia quello di quarantotto ore del giudice. Tale interpretazione è convalidata da Cass., Sez. U, n. 4442 del 27/11/2005, dep. 2006, L'O. non massimata, secondo cui se la motivazione della richiesta di convalida del pubblico ministero è di scarso rilievo, poiché si tratta di un mero atto di impulso, inteso a innescare, con le scansioni perentorie prescritte, il pronto e completo controllo del giudice sulla sussistenza dei presupposti per la limitazione della libertà personale del destinatario del provvedimento del questore, il rispetto del termine è invece determinante. Si legge nella sentenza: "Ad avviso del Collegio, in questa materia non viene in rilievo l'applicabilità in senso proprio del principio del "favor rei", né la tematica in tema di puntualità e tempestività delle eccezioni procedurali. È la legge a stabilire l'automatica decadenza della prescrizione a comparire all'ufficio di polizia della quale non venga richiesta o disposta la convalida nei termini stabiliti. Il tempestivo
intervento di entrambi tali atti si pone dunque come presupposto per la persistenza in vita, nella nuova veste giurisdizionale prevista, della misura restrittiva, nata per sé precaria. L'incertezza, non risolvibile alla stregua degli atti, sulla tempestività anche di uno solo di tali interventi non può che tradursi nel mancato riscontro del detto presupposto essenziale, con conseguente caducazione della misura medesima; dovendosi certamente escludere, in tema di libertà personale e in presenza di una disciplina così rigorosa, la possibilità di ricorrere a presunzioni di sorta riguardo alla legittimità e regolarità formale degli atti giudiziari". In senso conforme, si evidenzia Cass., Sez. 3, n. 15503 del 16/02/2011, S., Rv. 249857-01, che richiama il precedente della Sezione n. 6224 del 06/11/2008, dep. 2009, T., Rv. 242730-01, che afferma espressamente che il provvedimento restrittivo della libertà perde efficacia se il pubblico ministero non avanza richiesta di convalida nel termine previsto o se il giudice non dispone la convalida entro le quarantotto ore successive. Questo perché, mentre il divieto di accesso è una misura di prevenzione tipicamente amministrativa, che può essere impugnata davanti al giudice amministrativo, l'obbligo di presentazione, invece, rientra nel novero delle misure di prevenzione, cosiddette giurisdizionalizzate, perché adottate direttamente dal giudice o soggette al controllo giurisdizionale successivo. Nella sentenza n. 512 del 2002 la Corte costituzionale ha precisato che l'obbligo di presentazione configura una restrizione, seppur minima, della libertà personale e pertanto è soggetta alle garanzie previste dall'art. 13 Cost. Tali garanzie, com'è noto, impongono che le restrizioni alla libertà personale siano ammesse solo per atto motivato dell'autorità giudiziaria nei casi e modi previsti dalla legge, ovvero, in casi eccezionali di necessità e urgenza, possano essere adottate in via provvisoria dall'autorità di pubblica sicurezza, che però deve provvedere alla notifica all'interessato e alla comunicazione al Procuratore della Repubblica che ha quarantotto ore di tempo per chiedere la convalida all'autorità giudiziaria, la quale, a sua volta, deve procedere alla convalida entro le quarantotto ore successive sotto pena di decadenza delle stesse misure restrittive.
Con sentenza n. 144 del 1997, la Corte costituzionale aveva affermato che, proprio per la limitata portata della restrizione della libertà personale, causata dall'obbligo di presentazione all'autorità di polizia, non era necessario che il procedimento giurisdizionale di convalida fosse governato dalle medesime garanzie caratterizzanti il procedimento di convalida delle misure pre-cautelari del fermo e dell'arresto in flagranza (di cui tuttavia ripeteva a grosse linee lo schema della scansione temporale), con la conseguenza che erano costituzionalmente consentite forme semplificate di contraddittorio cartolare, che potevano coniugare la necessità di garantire all'interessato un'adeguata difesa con l'esigenza di celerità nell'applicazione della misura di prevenzione. Per rispettare il principio di cui all'art. 24 Cast., comma 2, era comunque necessario che il destinatario della misura di prevenzione fosse messo a conoscenza della facoltà a lui concessa di esercitare la sua difesa.
In ossequio a questa pronuncia, l'art. 1, comma 1, lett. b) del d.l. 20 agosto 2001, n. 336, convertito con modificazioni nella I. 19 ottobre 2001, n. 377, ha introdotto nell'art. 6, il comma 2 bis, secondo cui la notifica del provvedimento questorile deve contenere l'avviso all'interessato che egli ha la facoltà di presentare, personalmente o per mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida. Il legislatore non ha però quantificato il termine concesso all'interessato per esercitare il suo diritto di difesa, costringendo così il giudice a colmare la lacuna sulla base dei criteri offerti dalla interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata. Per questo motivo, la giurisprudenza, a partire dall'art. 111, secondo comma, Cast., secondo cui ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità davanti a un giudice terzo e imparziale, considerato che il pubblico ministero ha un termine di quarantotto ore dalla notifica all'interessato della misura di prevenzione per decidere se richiedere o meno la convalida della misura, ha attribuito lo stesso termine per la produzione di memorie al destinatario della misura provvisoria (così con ampia motivazione Cass., Sez. 3, n. 2471 del 11/12/2007, dep. 2008, C., Rv. 238537, in applicazione delle Sez. U L., n. 44273 del 27/10/2004, Rv. 229110-12).
Il giudice, quindi, ha a disposizione altre quarantotto ore, e perciò complessivamente novantasei ore dalla notifica del provvedimento all'interessato, per provvedere sulla richiesta di convalida. Ne deriva che, se non provvede nel termine complessivo della novantasei ore, la misura di prevenzione perde efficacia, ma se provvede prima della scadenza del termine di quarantotto ore, pregiudica l'esercizio effettivo del diritto di difesa dell'interessato, così incorrendo nella nullità generale prevista dall'art. 178, lett. c), cod. proc. civ. D'altra parte, per garantire al giudice di esercitare con piena cognizione il suo controllo di legalità, ma anche per permettere all'interessato di esaminare la documentazione al fine di esercitare il suo diritto effettivo alle controdeduzioni, resta il dovere che incombe al pubblico ministero di trasmettere al giudice, assieme alla richiesta di convalida, la documentazione sulla quale si fonda il provvedimento questorile, nel termine ritenuto ragionevole di ventiquattro ore a decorrere dal deposito presso il giudice della richiesta di convalida e della annessa documentazione questorile (su tale ulteriore termine, si vedano tuttavia le precisazioni di Cass., Sez. 3, n. 12806 del 06/11/2015, dep. 2016, D., Rv. 266480-01). La sentenza T. ha affermato, pertanto, il seguente principio, che quando il giudice competente convalidi il provvedimento questorile prima che sia trascorso il termine dilatorio di quarantotto ore dalla notifica all'interessato del provvedimento stesso, e quello di ventiquattro ore dal deposito in cancelleria della richiesta di convalida e della annessa documentazione amministrativa, si verifica una lesione del diritto all'intervento e all'assistenza difensiva e l'ordinanza di convalida deve essere annullata per violazione di norma processuale stabilita a pena di nullità ai sensi dell'art. 178, lett. c), cod. proc. pen.
Anche la successiva sentenza n. 377 del 16/12/2008, dep. 2009, D. D., Rv. 242166-01 ribadisce l'obbligo del pubblico ministero di chiedere la convalida della misura nelle quarantotto ore, pena la decadenza.
5. Il Collegio non condivide l'orientamento espresso con sentenza di qualche mese successiva alla sentenza S., la n. 44431 del 09/11/2011, T., Rv. 251598, secondo cui non è prevista un'autonoma sanzione per la mancata formulazione da parte del pubblico ministero al giudice, nel termine di quarantotto ore, dell'istanza di convalida. "L'inefficacia del provvedimento del questore consegue, al contrario, per ogni sua parte, unicamente se il pubblico ministero con decreto motivato non avanza la richiesta o se il giudice nelle successive quarantotto ossia non provvede nelle novantasei ore dalla notifica all'interessato. Secondo l'opinione prevalente presso questa Sezione trattasi di un termine complessivo di novantasei ore decorrenti dalla notifica all'interessato e non di due termini ciascuno di quarantotto ore, l'ultimo dei quali a pena di inefficacia".
Tale sentenza, non solo non si confronta con le Sezioni Unite L'O. (che non menziona affatto), ma non esamina neanche i precedenti contrari per confutarli, asserendo invece che si era formato un orientamento maggioritario sulla base di quattro precedenti, specificamente citati: Sez. 1, n. 20654 del 26/03/2003, B., Rv. 227141-01; n. 21834 del 26/03/2004, G., Rv.
228211; Sez. 3, n. 5326 del 20/12/2006, dep. 2007, P., Rv. 235872-01;
Sez. 3, n. 35515 del 06/07/2007, L., Rv. 237396-01. Nell'ambito di queste quattro sentenze, solo la P. spiega che non è usata la disgiuntiva "o", ma la copulativa "e", per giustificare l'interpretazione che aggancia la decadenza al mancato rispetto del termine di novantasei ore, concludendo con l'argomento "a contrario", secondo cui se il legislatore avesse voluto sanzionare con la decadenza anche il mancato rispetto del termine del pubblico ministero, avrebbe usato la disgiuntiva "o". Le altre pronunce si limitano ad affermare che non è stata prevista la sanzione per l'omesso rispetto del primo termine per il pubblico ministero.
E' interessante ulteriormente osservare che la T. coltiva la sua soluzione con un argomento "ad inconveniens" laddove afferma che " Siffatta interpretazione diventa inevitabile a seguito dell'orientamento espresso da questa sezione a partire dal 2008, in base al quale, per parificare la posizione dell'interessato a quella del pubblico ministero, deve essere concesso alla parte privata un termine a difesa non inferiore quarantotto ore, pari cioè a quello attribuito al pubblico ministero per avanzare la sua richiesta (cfr. per tutte Cass nn. 2471 e 27727 del 2008). Orbene poiché il pubblico ministero deve avanzare la sua richiesta entro quarantotto ore dalla notifica all'interessato, ma non è obbligato a presentarla proprio allo scadere del termine a lui assegnato, nell'ipotesi in cui avanzi la sua richiesta subito dopo la notifica all'interessato, il giudice, dovendo assegnare alla parte un termine per le sue difese pari a quarantotto ore, si troverebbe nell'impossibilità di convalidare il provvedimento entro le quarantotto ore dalla richiesta del pubblico ministero. È pertanto chiaro che solo il mancato rispetto del termine di novantasei ore previsto dall'art. 13 Cost. determina l'inefficacia del provvedimento".
In realtà, a differenza di quanto affermato dalla T., non v'è alcun motivo per sostenere che il destinatario presenti la memoria difensiva solo dopo la richiesta di convalida del pubblico ministero. Ed invero, la memoria difensiva non costituisce una replica alle deduzioni del pubblico ministero, il quale si limita a richiedere la convalida solo sulla base della ricorrenza dei presupposti di legge e senza necessità di motivare estensivamente sugli stessi. Pertanto, non c'è dubbio che dalla notifica della misura decorre lo stesso termine di quarantotto ore per il pubblico ministero e per il destinatario, per l'esercizio delle rispettive facoltà, senza che ciò rallenti il contraddittorio cartolare e pregiudichi una ponderata valutazione degli elementi rappresentati da parte del giudice (in tali sensi si vedano più diffusamente le Sezioni Unite L.). Ed anzi, è pacifico in giurisprudenza che il termine a difesa non è prorogabile, qualora al suo interno siano inclusi uno o più giorni festivi, in quanto, alla eventuale chiusura al pubblico della segreteria del pubblico ministero e della cancelleria del giudice per le indagini preliminari, l'interessato può ovviare accedendo agli atti che lo riguardano presso la Questura, ove ne esiste copia (Cass., Sez. 3, n. 28240 del 07/04/2016, M., Rv. 267197-01).
Né è plausibile che il pubblico ministero comunichi espressamente l'intenzione di non chiedere la convalida della misura, per rendere operativa la decadenza, ché in questo modo si finisce per avallare un'interpretazione riduttiva della norma, non giustificabile alla luce della giurisprudenza costituzionale. L'ipotesi in esame, sia pure con i distinguo evidenziati dalla giurisprudenza costituzionale, è sovrapponibile a quella della richiesta di convalida del fermo o dell'arresto in flagranza da effettuarsi a cura del pubblico ministero entro quarantotto ore (Cass., Sez. 6, n. 21 del n. 21 del 26/11/2013, dep. 2014, D. Rv. 258555 - 01 e n. 3741 del 26/11/2013, dep. 2014, C., Rv. 258770 -
01).
6. Più di recente questa Sezione con la sentenza n. 36957 del 09/04/2019, I., Rv. 276829, nel ribadire l'efficacia "sanante" del termine di novantasei ore, non compie un approfondimento sul termine "intermedio" del pubblico ministero, ma si limita a richiamare due sentenze che comunque hanno sostenuto la cessazione dell'efficacia della misura per mancato rispetto del termine di quarantotto ore da parte del pubblico ministero: Cass., Sez. 3, n. 27727 del 06/05/2008, M., Rv. 240816-01, secondo cui "Il provvedimento restrittivo della libertà perde efficacia se il pubblico ministero non avanza richiesta di convalida nel termine previsto o se il giudice non dispone la convalida entro le quarantotto ore successive. In altri termini, conformemente al dettato costituzionale dell'art. 13, il provvedimento amministrativo perde efficacia se la convalida giurisdizionale non interviene entro il termine complessivo di novantasei ore dalla notifica al destinatario del provvedimento medesimo (v. sul punto Cass. Sez. 3, n. 2472 dell'll.12.2007, V., rv. 238538; Cass. Sez. 3, n. 35515 del 6.7.2007, L., rv. 237396; Cass. Sez. 3, n. 5326 del 20.12.2006, P., rv. 235872)" e Cass., Sez. 3, n. 8678 del 04/02/2016, L., Rv. 266769, relativa alla diversa ipotesi di una convalida intervenuta prima delle quarantottore dalla notifica del provvedimento. La sentenza L. non è pertinente rispetto al caso in esame, mentre la sentenza M., da una parte non dubita dell'autonomia dei due termini e dall'altra considera il termine di novantasei ore come un'ipotesi di chiusura.
7. In definitiva, ritiene il Collegio che vada recuperato il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite L'O., per cui anche il pubblico ministero deve rispettare il termine di quarantottore per la richiesta della convalida, pena l'inefficacia della misura, alla stessa stregua della convalida dell'arresto o del fermo, in funzione di tutela del diritto di difesa del soggetto che subisce la limitazione della libertà personale.
Il provvedimento impugnato va annullato senza rinvio perché si tratta di un'inefficacia non altrimenti rimediabile, a differenza di quella connessa a vizi propri del provvedimento questorile, in quanto collegata al mancato rispetto dei termini da parte dell'autorità giudiziaria (sul tema amplius, la sentenza D. D., citata). Infatti, il giudice di merito non potrà più convalidare una misura che ha ormai perso la sua efficacia, fermo restando al questore il potere di emettere un'altra misura da sottoporre a nuova convalida giurisdizionale.
Le conclusioni rassegnate nell'esame del primo motivo sollevano questo Collegio dall'esame del secondo motivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dichiara l'inefficacia del provvedimento del Questore di Lecce del 26/6/2020, limitatamente all'obbligo di presentazione. Manda alla Cancelleria di comunicare il presente dispositivo al Questore di Lecce.