Con la sentenza in esame, la Cassazione dichiara legittima l'istanza di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento del difensore inviata tramite PEC, in quanto l'elemento su cui va posta l'attenzione è la conoscenza dell'impedimento stesso.
L'odierno ricorrente si è rivolto alla Suprema Corte impugnando la sentenza con la quale la Corte d'Appello aveva confermato la sua condanna in relazione ai reati di lesioni e atti sessuali posti in essere nei confronti della moglie.
Tra i motivi di ricorso, egli lamenta il fatto che la Corte di merito non avesse valutato l'istanza di rinvio dell'udienza per...
Svolgimento del processo
1. M.P. ha proposto ricorso avverso la sentenza con cui la Corte d'Appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Pisa di condanna per i reati di cui agli artt. 609-bis e 582 c.p. in relazione a lesioni ed atti sessuali posti in essere nei confronti della moglie P.M..
2. Con un primo motivo ha lamentato l'inosservanza di norme di legge in relazione all'omessa valutazione, da parte della Corte territoriale, dell'istanza di rinvio dell'udienza del 03/03/2020 per legittimo impedimento del difensore, presentata a mezzo pec ben venti giorni prima dell'udienza e secondo modalità (quelle, appunto, di posta elettronica certificata) già in due precedenti occasioni accettate dalla cancelleria, dovendo del resto ritenersi, secondo il ricorrente, la piena assimilabilità di tale strumento rispetto a quello della presentazione a mezzo di lettera raccomandata, e pur dovendo restare a carico della parte, come statuito dalla giurisprudenza, l'onere di assicurarsi della tempestiva e completa ricezione dell'atto da parte dell'Ufficio, onere, nella specie, assolto mediante conferma, da parte del front office della cancelleria, che tutte le istanze inviate all'indirizzo pec della Corte (omissis) venissero regolarmente depositate ed inserite nel fascicolo processuale.
La mancata disamina dell'istanza di rinvio avrebbe dunque comportato la nullità assoluta della ordinanza di nomina di un difensore di ufficio e, conseguentemente, della sentenza impugnata.
3. Con un secondo motivo lamenta la violazione dell'art. 609-bis c.p., comma 3, e l'omessa motivazione in ordine all'eccepita incompatibilità tra le risultanze del certificato medico in atti e la ricostruzione dell'episodio delittuoso in termini di configurabilità dell'attenuante del fatto di minore gravità, essendosi la Corte limitata ad escluderla sulla base delle modalità violente, coercitive e invasive dell'intrusione delle dita in vagina, senza confrontarsi con l'esito del certificato riferito alla mera abrasione delle piccole labbra; ciò tanto più considerando la minore ricaduta psicologica di un fatto comunque subito non da parte di uno sconosciuto.
Motivi della decisione
1. Il primo, pregiudiziale, motivo di ricorso, inerente il mancato rinvio del processo pur a fronte di comunicato legittimo impedimento del difensore, è fondato.
Va anzitutto precisato che, nella presente fattispecie, relativa a periodo anteriore, non potrebbero venire in rilievo le disposizioni di cui al D.L. n. 137 del 2020, art. 24, comma 4, convertito nella L. n. 176 del 2020, che hanno consentito, in ogni caso, nella vigenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, il deposito con valore legale mediante utilizzo, a determinati presupposti, della posta elettronica certificata, di "atti, documenti ed istanze comunque denominati".
Ciò posto, va ricordato che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, con riguardo, in generale, alla trasmissione di istanze, richieste e memorie, per i privati e i difensori non vi sarebbe alternativa alla adozione delle forme espressamente previste dalla normativa processuale, costituita dall'art. 121 c.p.p., che stabilisce che "le memorie e le richieste delle parti devono essere presentate al giudice per iscritto mediante deposito in cancelleria" (tra le altre, Sez. 5, n. 6696 del 12/12/2005 dep. 2006, Pellegrino, Rv. 233999), diversa non essendo la soluzione neppure quando la trasmissione avvenga attraverso il mezzo della posta elettronica certificata, perchè l'utilizzo di tale mezzo informatico - ai sensi del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 16, comma 4, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 - sarebbe riservato alla sola cancelleria per le comunicazioni richieste dal Pubblico ministero ex art. 151 c.p.p. e per le notificazioni ai difensori disposte dall'autorità giudiziaria" (Sez. 4, n. 21056 del 23/01/2018, D'Angelo, Rv. 272741, nonchè, propriò in tema di istanza di rinvio per legittimò impedimento, Sez. 1; n. 26877 del 20/03/2019, Antille, Rv. 276915, secondo cui "l'utilizzo della posta elettronica certificata nel processo penale non è consentito alle parti private. per effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze").
Con riguardo, tuttavia, specificamente alla fattispecie oggetto del presente giudizio, ovvero la comunicazione della richiesta di rinvio del giudizio per legittimo impedimento, deve darsi atto di un diverso orientamento che è giunto a ritenere legittimamente utilizzabile il mezzo della posta elettronica certificata specificamente valorizzandosi l'espresso dettato dell'art. 420-ter c.p.p., aspetto, questo, che, non solo non appare espressamente considerato in senso contrario da altre, ma che, anzi, appare significativamente valorizzato in senso favorevole anche dalle Sezioni Unite n. 40187 del 27/03/2014, Lattanzio, pur non massimata in proposito.
Si è infatti anzitutto affermato che la norma appena citata secondo cui il giudice deve rinviare l'udienza "nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purchè prontamente comunicato (...)", prescinda del tutto dalle concrete modalità attraverso cui l'informazione sia giunta al giudice, ed anzi, proprio la parte della disposizione normativa circa il fatto che l'impedimento debba essere "prontamente comunicato", concorre nel rafforzare il precedente precetto che fa leva unicamente sulla conoscenza dell'impedimento (da ultimo, Sez. 1, n. 21981 del 17/07/2020, Lungu, Rv. 279664 e Sez. 6, n. 54427 del 16/10/2018, Badoer, Rv. 274314).
Quanto poi alla pronuncia delle Sezioni Unite sopra rammentata, la stessa, sia pure con specifico riguardo al diverso mezzo tecnico del telefax, ha letto il disposto dell'art. 420-ter c.p.p., laddove questo si limita a richiedere che l'impedimento debba essere "prontamente comunicato", esattamente nel senso della previsione di una comunicazione per la quale non sarebbero previste speciali formalità (mentre, "quando siano richieste forme vincolate, il legislatore lo ha previsto espressamente"), tanto più in ragione anche della necessità di "una interpretazione adeguatrice (perchè maggiormente conforme ai principi costituzionali del diritto di difesa e del contraddittorio), e comunque di una interpretazione sistematica meno legata a risalenti schemi formalistici e più rispondente alla evoluzione del sistema delle comunicazioni e notifiche...nonchè alle esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo".
Sicchè, in definitiva, può concludersi nel senso che la richiesta di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento dell'imputato, anche qualora inviata in cancelleria mediante posta certificata, determina comunque l'onere del giudice di valutare l'impedimento dedotto.
Va, allo stesso tempo, aggiunto, però, che, la correlata mancanza di unò regolare deposito in cancelleria ex art. 121 c.p.p. della richiesta di rinvio per impedimento non può non imporre al difensore, come già affermato da questa Corte, l'onere di sincerarsi che la comunicazione sia giunta nella sfera del giudice (v. la già citata Sez. 6, n. 54427 del 2018).
2. Tanto premesso, va osservato che, nella specie, risulta dagli atti allegati al ricorso che il Difensore di fiducia dell'imputato ebbe, in vista dell'udienza del 03/03/2020, ad inviare, all'indirizzo di posta elettronica (omissis), istanza di rinvio della stessa adducendo legittimo impedimento a comparire per contestuale impegno defensionale e che, ciononostante, la Corte territoriale ebbe a constatare la mancata presenza del predetto Difensore, provvedendo a nominare un difensore di ufficio immediatamente reperibile ai sensi dell'art. 97 c.p.p., comma 4, procedendo poi alla discussione.
Risulta anche, dagli atti del fascicolo, che, in due precedenti occasioni, ovvero per le pregresse udienze rispettivamente del 12/03/2019 e 25/10/2019, il medesimo Difensore di fiducia aveva richiesto, sempre con il medesimo mezzo (ovvero l'inoltro a mezzo pec all'indirizzo di posta elettronica sopra menzionato) il rinvio ad altra data, una prima volta sempre per contestuale impegno professionale e una seconda volta per adesione all'astensione dalle udienze, in entrambe le occasioni venendo le istanze accolte e l'udienza effettivamente rinviata.
Ne consegue che il dato, enunciato in ricorso, della conferma telefonica, da parte della cancelleria penale della Corte di Firenze, secondo, del resto, i protocolli presenti nel sito della stessa Corte, della ricezione della istanza di rinvio per l'udienza 03/03/2020 e del suo regolare deposito e conseguente inserimento nel fascicolo, trova una significativa conferma nella duplice evenienza, già creatasi in precedenza, menzionata sopra, di una regolare accettazione delle istanze e di una loro valutazione da parte della Corte territoriale sicuramente idonee a costituire, in capo al Difensore, un legittimo affidamento in ordine al fatto che l'ulteriore istanza sarebbe stata anch'essa esaminata.
Di qui, dunque, nel rispetto del principio sopra enunciato e per effetto, invece, della mancata disamina dell'istanza di rinvio, la nullità generale a regime intermedio, tempestivamente eccepita con il ricorso, dell'udienza di discussione prodottasi per effetto della mancata partecipazione del Difensore di fiducia e il suo riverberarsi sulla sentenza qui impugnata.
Detta sentenza va dunque annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.