Gli Ermellini hanno specificato che «quando la pena per il reato più grave può comunque essere sostituita, a prescindere dal rito prescelto, gli aumenti applicati a titolo di continuazione, anche se con sentenze successive, devono essere sempre effettuati aumentando la pena pecuniaria nella corrispondente misura».
La Corte d'Appello di Milano confermava la condanna inflitta all'imputato dal GUP del Tribunale di Pavia all'esito di giudizio abbreviato, connessa al reato di cui all'
L'imputato impugna la suddetta pronuncia mediante ricorso per cassazione, denunciando, tra i...
Svolgimento del processo
1.Il sig. P. E. Z. ricorre per l'annullamento della sentenza del 18/09/2020 della Corte di appello di Milano che ha confermato la condanna alla pena (ridotta per il rito) di due mesi di reclusione irrogata con sentenza del 15/01/2019 del GUP del Tribunale di Pavia, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato e da lui impugnata, per il reato di cui all'art. 2, comma, l,. d.lgs. n. 74 del 2000, commesso in Pavia il 21/09/2012. La pena era stata applicata in aumento, per la continuazione, a quella di 45.000,00 euro di multa che era stata definitivamente irrogata, a seguito di conversione della pena detentiva di sei mesi di reclusione, con precedente sentenza di patteggiamento del 21/09/2017 del GUP del medesimo tribunale (irr. 1'11/11/2017); di conseguenza, la sentenza del 15/01/2019, confermata sul punto dalla Corte di appello di Milano, aveva complessivamente rideterminato la pena per tutti i reati nella misura di otto mesi di reclusione, revocando la sostituzione della pena detentiva effettuata in sede di patteggiamento.
1.1. Con il primo motivo deduce l'inosservanza dell'art. 53, u. c., legge n. 689 del 1981, perché il giudice di merito ha erroneamente negato la sostituzione della pena detentiva applicata a titolo di aumento per la continuazione avendo tenuto conto della pena come complessivamente rideterminata invece che quella stabilita per il solo reato più grave.
1.2. Con il secondo motivo deduce l'inosservanza dell'art. 648 cod. proc. pen. perché è stata rideterminata la pena complessiva irrogandone una di specie diversa rispetto a quella applicata con precedente sentenza irrevocabile.
1.3. Con il terzo motivo deduce l'omessa e contraddittoria motivazione in relazione alla conferma della pena applicata a titolo di continuazione siccome immotivatamente ritenuta congrua e sul rilievo della sistematicità delle violazioni contraddittoriamente ricondotte ad un'unica disegno criminoso.
Motivi della decisione
1. E' fondato il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; è infondato nel resto il ricorso.
2. Con sentenza di patteggiamento del 21/09/2017 (irr. 1'11/11/2017), il GUP del Tribunale di Pavia aveva applicato al ricorrente la pena, ridotta per il rito, di 45.000,00 euro di multa per il reato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 2, commi 1 e 3, e 11, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, commesso in Pavia dal 20/09/2010 al 18/03/2014.
La pena era stata così determinata: pena base, un anno e sei mesi di reclusione; ridotta a nove mesi di reclusione ai sensi e per gli effetti dell'art. i3- bis, d.lgs. n. 74 del 2000; ulteriormente ridotta a sei mesi di reclusione in conseguenza dell'applicazione delle circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62-bis cod. pen.; aumentata a nove mesi di reclusione a titolo di continuazione; ridotta per la scelta del rito alla pena finale di sei mesi di reclusione; la pena è stata convertita, ai sensi dell'art. 53, legge n. 689 del 1981, nella corrispondente pena pecuniaria di 45.000,00 euro di multa.
Con sentenza del 15/01/2019, pronunciata a seguito di giudizio abbreviato e confermata dalla Corte di appello con sentenza in questa sede impugnata, il GUP del medesimo Tribunale ha applicato al ricorrente la pena di due mesi di reclusione per il reato di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 74 del 2000, pena applicata in aumento, a titolo di continuazione, di quella precedentemente irrogata con sentenza di patteggiamento, ed ha contestualmente rideterminato la pena complessiva in quella di otto mesi di reclusione revocando la sostituzione operata con la prima sentenza.
3. Tanto premesso, quanto ai primi due motivi, osserva il Collegio:
3.1. ai sensi dell'art. 53, u.c., legge n. 689 del 1981, «nei casi previsti dal/' articolo 81 del codice penale, quando per ciascun reato è consentita la sostituzione della pena detentiva, si tiene conto dei limiti indicati nel primo comma soltanto per la pena che dovrebbe infliggersi per il reato più grave»;
3.2. secondo l'insegnamento di questa Corte (fatto proprio e applicato, nel caso di specie, dalla Corte di appello di Milano), quando si procede nelle forme del rito abbreviato ovvero in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudizio sulla concedibilità della pena sostitutiva alla pena detentiva breve di cui all'art. 53 della legge n. 689 del 1981 deve essere fatto, nel caso di più reati uniti dal vincolo della continuazione, con riferimento alla quantificazione della sanzione risultante all'esito della diminuzione di un terzo di quella da irrogare in concreto e perciò dopo l'aumento determinato dalla continuazione, in deroga al principio stabilito dall'ultimo comma dell'art. 53 cit. che prevede come riferimento la pena per il reato più grave prima dell'aumento per la continuazione (Sez. 3, n. 45450 del 18/07/2014, Rv. 260866 - 01; Sez. 3, n. 2070 del 02/06/1999; Sez. 3, n. 3837 del 12/11/1996, dep. 1997, Rv. 206533 - 01; Sez. U, n. 295 del 12/10/1993, dep. 1994, Rv. 195618 - 01, secondo cui in tema di patteggiamento, la riduzione premiale fino ad un terzo prevista dall'art. 444 cod. proc. pen. non riguarda le sanzioni sostitutive, le quali anche nel procedimento speciale in parola vanno individuate e, se lo si ritiene, applicate in relazione alla pena detentiva da infliggere in concreto (determinata considerando anche la riduzione "premiale") e tenuto conto dei limiti oggettivi e soggettivi stabiliti in materia dalla legge n. 689 del 1981);
3.3. è necessario precisare che, in tutti i casi scrutinati dalle sentenze sopra indicate, la pena base stabilita per il reato più grave era superiore al limite di sei mesi di reclusione (precedentemente di tre) stabilito dall'art. 53, comma 1, legge n. 689, cit., per sostituire la pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria (dieci mesi di reclusione nella sentenza n. 45450/2014; quattro mesi di reclusione nella sentenza n. 2070/1999; sei mesi di reclusione nella sentenza n. 3837/1997);
3.4. l'automatica applicazione del principio di diritto sopra indicato anche ai casi in cui, come questo, la pena base per il reato più grave, al netto delle riduzioni per le circostanze attenuanti, consentiva comunque la sostituzione della pena detentiva anche in caso di giudizio ordinario, porta all'aberrante conseguenza di penalizzare proprio chi accede al rito alternativo producendo l'effetto esattamente contrario al principio di favore al quale si ispira l'insegnamento della Corte di cassazione, oltre a generare disparità di trattamento difficilmente conciliabili con l'art. 3, Cost.;
3.5. deve dunque essere precisato che il principio di diritto sopra riportato trova applicazione solo quando la persona condannata a seguito di giudizio abbreviato o alla quale sia stata applicata la pena su richiesta non avrebbe avuto diritto alla sostituzione della pena per essere quella per il reato più grave superiore ai limiti edittali stabiliti dall'art. 53, comma 1, legge n. 689 del 1981; diversamente, quando la pena per il reato più grave può comunque essere sostituita, a prescindere dal rito prescelto, gli aumenti applicati a titolo di continuazione, anche se con sentenze successive, devono essere sempre effettuati aumentando la pena pecuniaria nella corrispondente misura;
3.6. nel caso di specie, applicato il ragguaglio di cui all'art. 135 cod. pen. (applicato in sede di patteggiamento), l'aumento a titolo di continuazione avrebbe dovuto essere quantificato nella misura di€ 15.000,00 (€ 250,00 x 60);
3.7. il secondo motivo è assorbito dal primo;
4. Il terzo motivo è infondato.
4.1. L'invocato termine di paragone (22 giorni di reclusione applicati per ciascun reato satellite con la sentenza di patteggiamento, a fronte dei due mesi applicati e confermati con la sentenza impugnata per solo reato in aumento) non regge di fronte alle convincenti argomentazioni del giudice territoriale relative: a) alla maggiore gravità oggettiva del fatto oggetto di odierna regiudicanda; b) alla fruizione, nel precedente processo; di circostanze attenuanti non applicate nel caso di specie; c) al diverso giudizio di congruità della pena espresso in sede di patteggiamento rispetto a quello del giudice della "piena cognitio" (è noto che la motivazione della sentenza che applica la pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 comma secondo cod. proc. pen. si esaurisce. in una delibazione ad un tempo positiva quanto all'accertamento della congruità della pena patteggiata, ai fini e nei limiti di cui all'art. 27, terzo comma, Cast.; cfr., Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, D. B., Rv. 191135 - 01).
4.2. Ne consegue che, in accoglimento dei primi due motivi, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio che va rideterminato nella misura definitiva di € 60.000,00 di multa, così rideterminata la pena complessiva per tutti i reati ascritti al ricorrente (€ 45.000,00 + € 15.000,00); nel resto (terzo motivo) il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena nella misura complessiva di sessantamila euro di multa.
Rigetta il ricorso nel resto.