In sede di ricorso, la ricorrente censura il convincimento della Corte territoriale nella parte in cui ritiene che l'estraneità della controversia alla cognizione arbitrale integri un difetto di potestas iudicandi in capo all'arbitro e non, invece, un difetto di competenza. La stessa lamenta inoltre che tale ragionamento aveva portato la Corte d'Appello a non applicare l'
In merito alla traslatio iudicii, la Cassazione ricorda che essa è applicabile anche nel caso in cui sia l'arbitro a dichiarare la propria incompetenza.
Svolgimento del processo
1. Con il ricorso in atti la IEG Company s.r.l. già socia della M.A.C.
DUE Energy s.r.l., impugna l'epigrafata sentenza con la quale la Corte d'Appello di Trento - avanti la quale la M.A.C. aveva impugnato il lodo arbitrale di nullità delle deliberazioni sociali di approvazione del bilancio 2016 e di riduzione e ricostituzione del capitale, segnatamente perché la prima di esse recava l'appostazione al passivo di una voce artificiosamente creata al fine di far constare la totale perdita del capitale e di escludere i soci che non avessero partecipato alla sua ricostituzione - ha dichiarato la nullità del citato lodo per difetto di potestas iudicandi in capo al decidente ed ha negato in ragione di ciò che fosse applicabile l'art. 50 cod. proc. civ. astenendosi dall'assegnare perciò il termine per la riassunzione della controversia.
Il mezzo proposto si vale di due motivi, ai quali resiste l'intimata con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
2. Il ricorso - alla cui trattazione non fanno scudo le pregiudiziali che vi oppone la controricorrente in punto di autosufficienza e di rilevanza, dato che la Corte territoriale escludendo l'applicabilità dell'art. 50 cod. proc. civ. sull'assunto che la pronuncia arbitrale sarebbe affetta da un v1z10 di potestas iudicandi, ha enunciato un'autonoma ratio decidendi che identifica la quaestio iuris oggetto di giudizio, in tal modo rendendo il ricorso autosufficiente e non privo di "rilevanza" - con il primo motivo - anch'esso sottratto alla preclusione fatta valere dalla controricorrente con riferimento all'art. 360-bis cod. proc. civ., posto che la decisione, circa la questione di merito, non si allinea ad un conforme e duraturo insegnamento di questa Corte - lamenta l'erroneità del convincimento espresso dal decidente d'appello circa il fatto che l'estraneità della controversia alla cognizione arbitrale - per il noto carattere di indisponibilità che contrassegna le norme in materia di bilancio e di operazione sul capitale - integrerebbe un difetto di postestas iudicandi in capo all'arbitro e non già un difetto di competenza e, di conseguenza, l'erroneità, denunciata con il secondo motivo di ricorso, pure del convincimento che non risulterebbe per questo applicabile l'art. 50 cod. proc. civ., malgrado nella specie dovesse ravvisarsi l'incompetenza del pronunciante.
3. I motivi, esaminabili congiuntamente in quanto illustranti la medesima questione - sono fondati e vanno accolti.
E' affermazione consolidata nella giurisprudenza di questa Corte, a seguito di SS.UU. 24153/2013, che «l'attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5 gennaio 1994, n. 25 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione».
Erra, dunque, il decidente d'appello nel ritenere che nella specie s1 porrebbe «una questione non già di "competenza" ... bensì di carenza (in capo all'arbitro) di potestas iudicandi ».
In ragione di ciò, essendo venuta meno per effetto di Corte Cost. 223/2013 la preclusione rampollante dall'art. 819-ter, comma 2, cod. proc. civ., di guisa che, configurandosi il lodo emesso all'esito dell'arbitrato rituale su materia non devolubile in arbitrato quale pronuncia emessa da un giudice incompetente, deve ritenersi che sia applicabile la traslatio iudùici non solo nel caso in cui, come questa Corte aveva già avuto occasione di statuire (Cass., Sez. VI-III, 6/12/2012, n. 22002), sia il giudice ordinario a dichiarare la propria incompetenza in favore degli arbitri, ma anche nel caso inverso ovvero allorché sia l'arbitro a dichiarare la propria incompetenza (o, per stare al caso di specie, avrebbe dovuto essere l'arbitro a determinarsi in tal senso).
Erra, dunque, nuovamente il decidente d'appello che, pur dichiarando la nullità del lodo, abbia ritenuto di escludere la traslatio iudicii sull'errato presupposto che la decisione arbitrale non fosse viziata da incompetenza, ma da un difetto di potestas iudicandi.
4. La decisione impugnata va dunque conseguentemente cassata con rinvio al giudice a quo che si atterrà ai soprascritti principi di diritto.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa avanti alla Corte d'Appello di Trento che, in altra composizione, provvederà pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.