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5 ottobre 2021
La traslatio iudicii si applica anche quando è l’arbitro a dichiarare la propria incompetenza
In tema di lodo arbitrale, la Cassazione ricorda come stabilire se trattasi di una questione di competenza o di giurisdizione, precisando che la traslatio iudicii si applica sia quando l'incompetenza è dichiarata dal giudice ordinario sia quando è pronunciata dall'arbitro.
La Redazione
Una società impugna dinanzi la Corte di Cassazione la sentenza di secondo grado con cui era stata dichiarata la nullità del lodo arbitrale per difetto di potestas iudicandi in capo al decidente.
In sede di ricorso, la ricorrente censura il convincimento della Corte territoriale nella parte in cui ritiene che l'estraneità della controversia alla cognizione arbitrale integri un difetto di potestas iudicandi in capo all'arbitro e non, invece, un difetto di competenza. La stessa lamenta inoltre che tale ragionamento aveva portato la Corte d'Appello a non applicare l'art. 50 c.p.c..
Con l'ordinanza n. 26949 del 5 ottobre 2021, la Suprema Corte accoglie il ricorso ribadendo un consolidato principio giurisprudenziale secondo cui «l'attività degli arbitri rituali, anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5 gennaio 1994, n. 25 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario, sicchè lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quello sostitutiva degli arbitri rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di giurisdizione».
In merito alla traslatio iudicii, la Cassazione ricorda che essa è applicabile anche nel caso in cui sia l'arbitro a dichiarare la propria incompetenza.
Nel caso in esame, dunque, Corte d'Appello ha sbagliato nell'escludere la traslatio iudicii sull'errato presupposto che la decisione arbitrale non fosse viziata da incompetenza, bensì da un difetto di potestas iudicandi.
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